Le piattaforme cripto non congelano fondi russi: l’alibi per un crackdown è in arrivo?

Mauro Bottarelli

2 Marzo 2022 - 11:00

Binance, Kraken e Coinbase Global respingono l’aut aut e i volumi esplodono. Mentre Kiev evita il default con un «war bond», Mosca schiera il Fondo sovrano per creare il suo Plunge Protection Team

Le piattaforme cripto non congelano fondi russi: l’alibi per un crackdown è in arrivo?

Semplice logica da domanda e offerta. Se le sanzioni spingono la gente verso le criptovalute, le crypto-exchanges si adeguano. E si permettono il lusso di rimandare al mittente le richieste del ministro ucraino per la Trasformazione digitale di bloccare tutti i conti facenti capo a cittadini russi. Risultato? Un comunicato stampa nel quale Binance, nel sottolineare come non congeleremo unilateralmente i fondi di migliaia di cittadini senza colpa, ricorda altresì che le criptovalute sono intese come mezzo per garantire grande indipendenza e libertà finanziaria in tutto il globo.

A stretto giro di posta il CeO di Kraken ha dichiarato che la sua azienda non bloccherà i fondi dei clienti russi senza un mandato legale che la obblighi, mentre un portavoce di Coinbase Global ha dichiarato alla Reuters che non instituiremo un bando in bianco sulle transazioni che fanno capo a indirizzi russi. E i numeri si fanno seri. Stando a calcoli di Saxo Bank, il controvalore di criptovalute in mano a cittadini russi oggi è pari a circa 200 miliardi di dollari. E questo grafico

Volume giornaliero di flusso fra rublo russo e Bitcoin su Binance Volume giornaliero di flusso fra rublo russo e Bitcoin su Binance Fonte: Kaiko

mostra come i flussi reali da rublo a Bitcoin abbiano appena toccato il massimo da nove mesi, tracciando inversamente la rotta a strapiombo della valuta russa dopo le sanzioni occidentali.

Detto fatto, l’amministrazione Trump ha chiesto a tutte le piattaforme cripto di monitorare le transazioni che fanno riferimento a soggetti di nazionalità russa. Per ora, ottenendo la medesima risposta e il medesimo risultato del ministro ucraino. Il tanto temuto giro di vite sul settore sta arrivando, oltretutto forte di un alibi inattaccabile come la guerra e la necessità di drenare i pozzi di finanziamento dell’aggressore russo? I sospetti al riguardo crescono. Anche se la stessa Kiev potrebbe ritrovarsi ad affrontare gli effetti collaterali di un possibile crackdown del comparto delle valute digitali. Sul finire della scorsa settimana, infatti, la Banca centrale ucraina ha creato un account ad hoc per donazioni in criptovalute e lanciato una campagna social di crowdfunding. Nell’arco di tre giorni erano già 17 i milioni di dollari arrivati da tutto il mondo, cifra già salita ieri mattina a 24,6 milioni.

E che un blitz contro le criptovalute a livello globale rischi di rivelarsi un boomerang lo mostra questo altro grafico,

Schema riassuntivo del risultato dell'emissione di «war bond» ucraino Schema riassuntivo del risultato dell’emissione di «war bond» ucraino Fonte: Ministero delle Finanze ucraino

il quale riporta il risultato dell’asta tenuta ieri dal ministero delle Finanze ucraina per il primo «bon di guerra» emesso da Kiev. In totale, 8,1 miliardi di grivnie ucraine, pari a 277 milioni di dollari. Con un piccolo intoppo di fondo che potrebbe rendere decisamente sconsigliato un’eccessiva regolamentazione di forme di finanziamento meno trasparenti: Bloomberg ha parlato di difficoltà nell’emissione, eufemismo per nascondere come i fondi internazionali si siano ben guardati dal palesarsi, nonostante un succulento 11% di rendimento. La ragione? Totale assenza di informazioni al mercato e, soprattutto, la quasi certezza di criticità legali sul settlement di quella carta.

La quale, almeno storicamente e in base alla sua denominazione, dovrebbe servire a sostenere lo sforzo bellico. Ovvero, l’acquisto di armi ma anche il sostegno alla popolazione. E invece? Invece la stessa Bloomberg ha reso candidamente nota l’immediata partita di giro consumatasi a Kiev poco dopo il termine dell’asta: 300 milioni di dollari, ovvero tutto l’ammontare raccolto più qualcosina uscito dalla casse centrale, sono tornati immediatamente in circolo sotto forma di interessi in scadenza ieri su un bond al 7.75% emesso dall’Ucraina nel 2015, come parte della ristrutturazione del debito da 15 miliardi seguita ai fatti di Maidan. Insomma, i nuovi creditori hanno gentilmente finanziato quelli vecchi ed evitato un bel default di guerra a Zelensky e soci. Non il massimo della pubblicità in trasparenza, in vista di nuovi ricorsi a emissioni belliche. Forse, quindi, meglio tenersi care le criptovalute.

In compenso, Mosca sta tentando l’impossibile per tornare a un minimo sindacale di normalità sul mercato. Questo grafico

Andamento dell'indice benchmark della Borsa russa tramite l'ETF Van Eck Andamento dell’indice benchmark della Borsa russa tramite l’ETF Van Eck Fonte: Bloomberg/Zerohedge

mostra come attraverso il proxy dell’ETF russo di VanEck (RSX) ancora in contrattazione, la Borsa di Mosca non solo ha perso il 60% in soli sette giorni ma dal blocco delle contrattazioni il calo è già stato del 38%. Insomma, un bagno di sangue dal quale difficilmente ci si può rialzare con cure meramente ortodosse. Ed ecco che quindi che la Russia ha deciso di prendere spunto dal playbook di Washington e Pechino e dar vita al suo Plunge Protection Team in seno al Fondo sovrano (un colosso da 175 miliardi di dollari), creando una facility dotata di 10 miliardi di dollari che intervenga a sostegno dei titoli più colpiti, come fece dopo il crollo Lehman l’allora ministro delle Finanze, Alexei Kudrin.

Nemmeno a dirlo, principali e immediati beneficiari saranno le banche. Per ora, non l’energia. Perché la sublime ipocrisia occidentale ha sì ampliato lo schema di estromissione da SWIFT a nuovi istituti ma esentando casualmente Gazprombank. Guerra finanziaria globale, ormai alle porte. Attenti all’effetto collaterale, però. Ovvero, de-dolarizzazione forzata e colossale shortage di commodities. E un eventuale bando regolatorio sulle criptovalute non potrebbe che accelerare ed esacerbare il processo. Qualcuno, preso dalla foga bellica e dalla necessità di macinare warfare, sta forse sottostimando i rischi dell’operazione da Frankenstein finanziario in atto?

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