L’ad di Piazza Affari, Raffaele Jerusalmi, parla dell’anno che sta per finire e delle incognite per il futuro
Il 2019 non è stato un anno dei record soltanto per Wall Street. Anche per Piazza Affari, infatti, i 12 mesi quasi passati sono stati molto proficui e hanno registrato dei massimi che saranno ricordati negli anni a venire. È il parere dell’ad della borsa di Milano, Raffaele Jerusalmi, che in un’intervista al Sole 24 Ore però avverte sull’incognita Brexit, resa ancora più oscura dal passaggio di Piazza Affari al gruppo London Stock Exchange (Lseg).
2019 anno record per Piazza Affari
Con 41 nuovi ingressi, il listino italiano delle società quotate si è allungato a un record massimo di 375 titoli. 241 di essi sono nel mercato principale, mentre 133 sull’Aim Italia (il mercato alternativo del capitale).
Le 35 IPO, invece, rappresentano il miglior risultato dopo il 2000. L’AIM Italia si è già contraddistinto, quest’anno, per il primato delle IPO in Europa, che si è dimostrata il primo hub finanziario europeo per numero di quotazioni fra i mercati non regolamentati (secondo solo a quello del Regno Unito.
Piazza Affari si è rivelata prima in Europa anche nella performance degli indici. Il Ftse Mib, dal primo gennaio 2019, ha registrato un aumento del 30,42%, contro il +27,46% del Cac 40 parigino. La capitalizzazione di mercato, oggi, ammonta a 646 miliardi e si attesta al 36,5% del Pil. Rispetto all’anno scorso è aumentata del 20%.
Piazza Affari, Jerusalmi mette in guardia su incognita Brexit
Ma ogni record fa parte del passato, e per il futuro c’è il nodo Brexit. L’ad di Piazza Affari, Jerusalmi, osserva che “nel breve non succederà niente”, perché “i regolatori hanno già preso accordi per un periodo che arriva a fine 2020”. Per l’anno successivo, tuttavia, “è impossibile anche fare scenari, perché lo scenario è fatto da tanti microdettagli che devono ancora essere discussi”.
I dettagli cui fa riferimento Jerusalmi dipendono dal fatto che “il regime di equivalenza oggi garantito da una normativa omogenea a livello europeo” forse “non potrà conciliarsi con la normativa di un Paese che diventa extra-europeo”.
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