Il governo polacco fa sapere che la prospettiva di un ingresso nell’euro non è al momento in agenda. Se ne riparlerà fra 10 o 20 anni. Vediamo cosa ha tenuto finora la Polonia alla larga dall’euro.
Il governo polacco guidato dal partito Diritto e Giustizia ha di recente dichiarato che la Polonia non entrerà nell’euro prima di 10 o 20 anni. La ragione? La Polonia non è ancora pronta per competere, a parità di cambio irrevocabile, con la Germania per questo è auspicabile che il Paese mantenga ancora per molto le prerogative di flessibilità monetaria connesse alla gestione sovrana dello zloty.
Sebbene i Trattati UE prevedano che una volta fatto il proprio ingresso nell’Unione Europea ogni Paese si adoperi per entrare nell’euro (ad eccezione di coloro i quali hanno negoziato una clausola di opting-out - vedi Gran Bretagna e Danimarca), non esistono in merito tempistiche ben definite. La Polonia, infatti, è nell’UE dal 2004 (ovvero dall’allargamento a Est dell’UE, quando entrarono ben 10 Paesi) ma non ha l’euro. In questo senso, i Trattati UE possono poco se non esiste l’intenzione politica di adottare l’euro.
Il caso della Polonia è esemplificativo di un fatto che nel processo d’Integrazione europea le élite hanno spesso sottovalutato o semplicemente nascosto: adottare l’euro non è un passaggio ovvio per gli Stati membri dell’UE. Il passaggio all’euro nasconde delle insidie che la Polonia, una delle più floride economie dell’UE, ha avuto il merito di capire e evidenziare fin dal principio.
Polonia: adottare l’euro è ancora rischioso per l’economia. Ecco perché
Alcuni esponenti del governo polacco appartenenti alle fila del partito populista Diritto e Giustizia hanno di recente riferito ai media che la Polonia non adotterà l’euro prima di 10 o 20 anni. Per quale ragione? Il governo polacco è del parere che l’ingresso nell’euro costerebbe alla Polonia quel margine di competitività che oggi deriva al contempo dalla flessibilità dello zloty rispetto all’euro e dalla possibilità di individuare in maniera del tutto indipendente da Francoforte e Bruxelles gli obiettivi nazionali di politica economica.
Al momento le performance economiche polacche sono buone. Il PIL è cresciuto nel 2016 oltre il 3%. Il Paese attraversa una congiuntura positiva dovuta principalmente alle politiche anti-cicliche promosse dal governo (e sostenute dalla Banca centrale) durante la recessione europea. Ciò ha in definitiva scongiurato la spirale di deflazione e bassa crescita abbattutasi invece sui Paesi dell’eurozona.
Secondo Mateusz Morawiecki, vice Primo ministro polacco, l’economia polacca sta enormemente giovando della flessibilità del cambio e, almeno nel breve/medio periodo il governo non prevede l’adozione dell’euro.
Da un punto di vista strettamente giuridico, tuttavia, i Trattati UE “prevedono” che ciascun membro entri prima o poi nell’euro, anche se ad alcuni (Gran Bretagna e Danimarca) è stata concessa una clausola esentiva in tal senso - detta di opting-out. Per Giandomenico Majone, politologo, visto
“che l’unione monetaria è considerata parte integrante dell’acquis communautaire, i nuovi membri devono adottare l’euro una volta soddisfatti tutti i criteri di convergenza [i famosi parametri di Maastricht: debito pubblico sotto il 60%, tasso d’inflazione attestato intorno all’1.5%, tasso d’interesse al 2% e deficit pubblico contenuto entro il 3%].”
Come si spiega, alla luce di quanto dicono i Trattati UE, che la Polonia rimandi di 10 o 20 anni l’ingresso nell’euro nonostante rispetti da tempo (o si trovi comunque in linea con altri Paesi dell’eurozona) i c.d criteri di convergenza? La ragione ha a che fare col buon senso economico e politico. Adottare l’euro implica derubricare ad un ente straniero, la BCE, la gestione della politica monetaria e i principali indirizzi di politica economica. Un rischio che il governo polacco sembra non voler affatto correre. In più, l’atteggiamento dell’UE sull’argomento è piuttosto lasco, in quanto Bruxelles si limita a “sperare” che ciascun membro UE entri prima o poi nell’euro.
Una dichiarazione rilasciata al Financial Times nel 2010 dall’allora governatore della Banca centrale polacca Sławomir Skrzypek può aiutarci a capire perché la Polonia si ostini a tenersi alla larga dall’euro:
“Come Paese che non ha l’euro, la Polonia è stata capace di profittare della flessibilità dello zloty in una maniera che ha al contempo aiutato la crescita e ridotto il deficit senza importare inflazione. [...] Siamo stati in grado [si riferisce al periodo della crisi economica] di aggiustare il valore dello zloty in linea con le prerogative e le esigenze interne.”
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