I costi per fare il referendum sul taglio dei parlamentari dovrebbero essere superiori ai risparmi, anche in una intera legislatura, derivanti dalla sforbiciata: la crisi sanitaria ha fatto lievitare le spese, ma grazie all’election day lo Stato risparmierà parecchi soldi.
Quanto costerà fare il referendum sul taglio dei parlamentari? Domanda più che legittima visto che, una delle principali motivazioni portata avanti dal fronte del Sì, è quella dei risparmi per lo Stato derivanti dalla sforbiciata.
Nel dettaglio gli italiani saranno chiamati a dare o meno il loro disco verde definitivo alla riforma che prevede una sforbiciata, a partire dalla prossima legislatura, di 230 deputati e 115 senatori per un totale di 345 parlamentari in meno.
Il taglio secondo il Movimento 5 Stelle, grande artefice della riforma approvata definitivamente a ottobre 2019, porterebbe a risparmiare 100 milioni l’anno che arriverebbero a 500 milioni considerando un’intera legislatura.
Per Carlo Cottarelli invece il vero risparmio non sarebbe di 100 milioni l’anno ma di 82 milioni (53 milioni alla Camera e di 29 milioni al Senato), che poi diventerebbero 57 milioni (285 a legislatura) in quanto andrebbe considerato lo stipendio netto e non quello lordo.
Il costo del referendum
Il paradosso sarebbe però che il costo per fare il referendum, in questo particolare momento, dovrebbe essere superiore anche alla stima dei risparmi fatta dai 5 Stelle nell’arco di una intera legislatura.
Bisogna però specificare che il referendum è stato richiesto da 71 senatori, solo due di un Movimento che ne avrebbe fatto volentieri a meno, provenienti da quasi tutti i partiti e in larga maggioranza da Forza Italia.
Inizialmente erano state raggiunte le 64 firme di senatori necessarie per chiedere la consultazione, poi alcuni dem e forzisti si sono tirati indietro ma alla fine il papello è stato sottoscritto da 71 senatori, grazie all’intervento diretto della Lega che in precedenza si era limitata al ruolo di grande manovratrice.
Il referendum costituzionale del dicembre 2016, che costò Palazzo Chigi all’allora premier Matteo Renzi, si è stimato che abbia avuto un costo complessivo di circa 300 milioni per essere realizzato.
Per questo sul taglio dei parlamentari, inizialmente calendarizzato per il 29 marzo, si è parlato invece pre-Covid di una spesa pari a 350 milioni viste alcune voci di spesa aumentate rispetto al 2016.
Spese raddoppiate con il Covid
L’emergenza coronavirus ha però reso necessario uno slittamento del referendum, che adesso si terrà il 20 e 21 settembre insieme alle elezioni regionali e al primo turno delle amministrative.
L’accorpamento in una sorta di election day ha portato a un netto risparmio per lo Stato, che però sarà vanificato dalla necessità di tornare alla doppia giornata di voto (lunedì 21 si voterà dalle 07:00 alle 15:00 mentre domenica 20 fino alle ore 23:00) il tutto per evitare assembramenti ai seggi.
In più per garantire la tutela sanitaria ai seggi, saranno distribuite 15,1 milioni di mascherine e 315.000 litri di gel igienizzante. Una spesa extra non di poco conto che così si aggiunge a quella derivante dal far votare anche nella giornata di lunedì.
A prescindere dai risparmi portati dall’election day, i costi per fare questo referendum dovrebbero così essere superiori dalla stima fatta dai 5 Stelle dei 500 milioni risparmiati in una intera legislatura con il taglio.
Sempre legittimando la volontà dei 71 senatori di chiedere il parere agli italiani, non bisogna dimenticare che ai tempi il sentore fu che il referendum sia stato richiesto più per tatticismo politico, si veniva a creare così una possibile finestra elettorale in caso di crisi di governo, che per una piena contrarietà verso una riforma approvata a larghissima maggioranza dal Parlamento.
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