C’è molta curiosità riguardo al guadagno percepito da sacerdoti, suore, frati e vescovi. Ecco tutto ciò che c’è da sapere riguardo a quello che non si può definire come un vero e proprio stipendio.
Conoscere con esattezza quanto guadagna un prete, un vescovo, o una suora, è curiosità di molti, specialmente perché c’è chi si chiede chi paga i religiosi e se in qualche modo pesano sulle loro tasche.
Il sistema di calcolo dello “stipendio” di preti, vescovi e suore, può risultare piuttosto complicato in quanto il guadagno dipende dal ruolo, nonché dal livello gerarchico.
Ad esempio, nel caso dei sacerdoti viene assicurata una remunerazione - chiamata “Sostentamento clero” - utile ad assicurare i mezzi economici necessari per condurre una vita dignitosa e per lo svolgimento della propria missione. Remunerazione che aumenta progressivamente con il prosieguo della carriera, anche in base ai vari incarichi ricoperti.
Non va quindi inteso come un vero e proprio “stipendio”, per quanto comunque venga tassato al pari di qualsiasi altra retribuzione da lavoro dipendente percepita in Italia, quanto più di un sostegno appena sufficiente per garantire l’autosufficienza economica.
Non spetta invece alcunché per frati e suore, salvo ovviamente che questi svolgano un vero e proprio incarico lavorativo.
Ma scendiamo nel dettaglio analizzando qual è la retribuzione, aggiornata al 2024, riconosciuta ai religiosi, oltre a rispondere a una delle maggiori curiosità del cittadino ossia se i costi necessari al pagamento di sacerdoti, frati e suore è a carico o meno allo Stato italiano.
Quanto guadagnano preti e vescovi
La remunerazione riconosciuta ai sacerdoti varia a seconda del livello di anzianità e del ruolo che si svolgono. Nel dettaglio, per i sacerdoti che usufruiscono del sostentamento del clero, la remunerazione definita dalla Conferenza Episcopale Italiana è pari a 13,12 euro lordi (valore aggiornato al 2024) per ogni punto assegnato.
A tal proposito:
- si parte da 80 punti per il sacerdote appena ordinato, per il quale quindi quest’anno spettano 1.049,60 euro lordi;
- fino ad arrivare ai 138 punti, 1.810,56 euro lordi mensili, del vescovo in prossimità della pensione.
L’assegnazione dei punti può dipendere da una serie di fattori: ad esempio dalla distanza tra le parrocchie per coloro che operano in Comunità pastorali, come pure dalla presenza di situazioni di particolare onerosità. Ad esempio, per chi opera in zone disagiate, come pure per chi ha incarichi a livello diocesano e per i vicari parrocchiali insegnanti di religione presso le scuole pubbliche.
Va detto che il Sostentamento del clero rappresenta solamente un’integrazione. I valori suddetti, infatti, costituiscono la soglia di reddito che deve essere garantita al sacerdote.
Al raggiungimento di questa soglia contribuiscono in primis eventuali redditi percepiti dal sacerdote per eventuali altri incarichi ricoperti, ad esempio se allo stesso tempo sono insegnanti, oppure se lavorano negli ospedali o nelle caserme. L’Istituto centrale per il sostentamento del clero interviene solo laddove il compenso percepito risulti più basso della soglia di reddito annualmente ridefinita in base al costo della vita, riconoscendo un’integrazione laddove necessario.
Spetta invece alle parrocchie assicurare a ogni sacerdote l’alloggio e a contribuire a sostenere i costi per alcuni servizi (come ad esempio per le utenze di luce, acqua e gas) attraverso un riconoscimento di un rimborso spese di circa 100 euro mensili. Tale somma non spetta però a coloro che hanno un reddito superiore al tetto Cei (che come visto sopra va da 1.049,60 a 1.810,56 euro in base ai punti assegnati).
Hanno diritto invece un assegno integrativo di circa 1.400 euro lordi i sacerdoti che per età o salute non svolgono un ministero attivo e per questo sono inseriti nel sistema di previdenza integrativa.
Le regole fiscali
Come anticipato, per il Sostentamento clero si applicano le imposte come per qualsiasi altro lavoro dipendente svolto in Italia. Per lo stesso motivo nel caso dei sacerdoti che di percepiscono meno di 15 mila euro l’anno, è riconosciuto anche il trattamento integrativo (ex bonus Renzi) di 100 euro mensili.
Lo stipendio di suore e frati
Le suore, come anche i frati a differenza dei preti, non percepiscono lo stipendio ed è per questo che tendono a svolgere attività esterne lavorando come infermiere o insegnanti.
In tal senso per le suore è previsto uno stipendio adeguato alla professione svolta e derivante dai contratti collettivi di lavoro, proprio allo stesso modo di un semplice cittadino che lavori.
Per i frati come abbiamo detto il discorso è simile, anche loro non hanno un sostentamento garantito. Essi infatti che siano carmelitani, domenicani, francescani o gesuiti, vivono secondo la regola della castità, povertà e obbedienza e in comunità.
Chi paga?
Come visto sopra, i sacerdoti possono svolgere un incarico lavorativo percependo a tutti gli effetti una retribuzione. In tal caso a farsene carico è il datore di lavoro: ad esempio, gli insegnanti di religione sono pagati dallo Stato italiano, così come i cappellani militari presenti nelle nostre caserme.
Laddove il compenso percepito dovesse risultare inferiore alla soglia minima di sostegno definita annualmente, allora interverrà l’Istituto centrale per il sostentamento del clero (Icsc): un organo della Cei (Conferenza Episcopale Italiana) il cui compito è appunto quello di gestire le remunerazioni di preti, parroci, cardinali, vescovi.
Lo stesso ovviamente si occupa di coloro che non svolgono alcun incarico oltre a quello sacerdotale.
Nel dettaglio, il pagamento avviene nella seguente modalità:
- la Cei ogni anno fissa le soglie di reddito che ogni singolo ecclesiastico deve percepire;
- i sacerdoti sono tenuti a comunicare all’istituto di riferimento le proprie entrate, le attività svolte e l’anzianità di servizio;
- a questo punto il reddito viene stabilito in base a quanto dichiarato dal sacerdote;
- l’istituto centrale verifica la situazione reddituale e delibera quanto dovuto a ognuno sulla base delle informazioni ottenute.
Ma chi finanzia l’Istituto centrale sostentamento clero? Solitamente questo provvede a finanziare il sostentamento tramite le libere donazioni per i sacerdoti e laddove non dovessero bastare ricorre alle risorse derivanti dall’8X1000.
La pensione
La pensione per preti e suore funziona come per gli altri cittadini italiani.
Nel caso dei sacerdoti, ad esempio, non è la Cei a pagare la pensione, ma l’Inps. Questo perché durante la carriera ecclesiastica il sacerdote versa i contributi nel Fondo del Clero gestito dall’Istituto previdenziale italiano, sulla base della misura del sostegno percepito.
Alle suore, che sono quelle meno tutelate perché non hanno uno stipendio dalla Chiesa e quindi potrebbero non raggiungere i requisiti per assicurarsi la pensione, può essere erogata, qualora ne soddisfino le condizioni, anche l’Assegno sociale.
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