Quota 100, ultime notizie: lo Stato deve integrare l’assegno di chi va in pensione (che continuerà a lavorare in nero).
Quota 100 proprio non piace ad Alberto Brambilla, Presidente di Itinerari Previdenziali e - fino a qualche mese fa - consigliere di Matteo Salvini in campo pensionistico.
Dopo il report pubblicato qualche giorno fa con cui sono stati posti dei dubbi sulla sostenibilità della riforma delle pensioni, oggi Brambilla attacca Quota 100 dicendo che questa oltre a favorire il lavoro in nero comporta dei costi ulteriori per lo Stato rispetto a quelli preventivati dal momento che in molti casi bisognerà integrare l’assegno di pensione perché inferiore al minimo di legge.
Brambilla ha parlato nuovamente di Quota 100 e della riforma delle pensioni in uno studio elaborato, insieme a Giovanni Gazzoli per il blog “Pensioni e Lavoro”: qui, partendo dai dati pubblicati dall’Inps sul numero di domande presentate per Quota 100, ha messo in risalto alcune incongruenze che non fanno ben sperare per il prosieguo della misura.
Quota 100: boom di richieste al Sud, ma i conti non tornano
Ad oggi sono poco più di 53.000 le domande di accesso a Quota 100 presentate all’Inps, di cui il 42% è stato presentato al Sud. Secondo Brambilla questo dato rivela una vera e propria incongruenza con quanto avviene solitamente in campo previdenziale, a dimostrazione che qualcosa non sta funzionando.
Le richieste di pensione con Quota 100 su base territoriale non sono in linea con quanto avviene solitamente in campo previdenziale: infatti, a differenza di quanto sta succedendo con Quota 100, per la pensione di anzianità il maggior numero di richieste è stato presentato al Nord (48,4%) seguito dal Centro con il 29%. Solamente il 21,2% delle richieste invece fa riferimento al Sud.
Ebbene, questi dati devono far riflettere poiché: “ci si aspetterebbe per Quota 100 percentuali in linea, visto che entrambe fanno riferimento all’anzianità”. Basti pensare che alla vigilia dell’introduzione di Quota 100 in molti avevano previsto che il maggior numero delle richieste sarebbe arrivato dal Nord Italia; a conti fatti, però, la situazione è ben diversa.
Quota 100 agevola il lavoro nero e non favorisce il ricambio generazionale
Questi dati devono far riflettere intanto perché - come sottolineato nel report - se questa distribuzione territoriale di Quota 100 verrà confermata difficilmente la pensione anticipata andrà a favorire il ricambio generazionale nel mondo del lavoro come previsto dal Governo.
Questo perché Quota 100 si inserisce in un ciclo economico negativo: ad esempio, al Sud Italia nonostante la mole di richieste ci saranno molte meno assunzioni rispetto alle uscite anticipate viste le difficoltà economiche che attraversano molte aziende meridionali. Anche nel Nord Italia, dove i dati sono inferiori alle attese, non ci sarà quel ricambio generazionale che si sperava.
Ma c’è un altro aspetto da considerare: molte delle richieste pervenute dal Sud Italia (sulle quali l’Inps non ha ancora espresso una valutazione definitiva) prevedono un assegno molto basso in caso di pensionamento, in alcuni casi persino inferiore al minimo previsto dalla legge. D’altronde che andare in pensione prima - visto il funzionamento del calcolo contributivo - comportasse una riduzione dell’assegno non è un segreto e probabilmente questo è uno dei motivi per cui molti lavoratori del Nord Italia hanno deciso di non accedere a questa misura.
A tal proposito Brambilla si chiede come faranno coloro che percepiscono un assegno molto basso a “sopravvivere”, considerando anche il divieto di cumulo pensione/reddito previsto da Quota 100. La soluzione, specialmente per i lavoratori autonomi, potrebbe essere quella di continuare a lavorare in nero, come si legge nello studio realizzato da Brambilla:
“Per via del divieto di cumulo di redditi imposto a chi usufruisce di Quota 100, molti della classe dei commercianti, artigiani, piccolissimi imprenditori, accederà alla prestazione anticipata ma è probabile che continui a lavorare intestando l’azienda alla moglie o al figlio. Dunque, un aumento del lavoro irregolare o sommerso”.
Lo Stato deve pagare per le pensioni sotto il minimo
Ma c’è un altro aspetto da considerare: per tutte quelle pensioni inferiori al minimo previsto dalla Legge spetterà allo Stato mettere mano agli assegni riconoscendo loro l’integrazione al minimo.
Come noto, infatti, quando la pensione è inferiore ad una certa soglia - 507,42€ per il 2018, 513,01€ per il 2019 - lo Stato deve riconoscere un’integrazione dell’assegno variabile a seconda del reddito.
Quanto sta succedendo nel Sud Italia, dove il numero delle richieste presentate è superiore alle aspettative, comporterà un onere extra (e probabilmente non previsto) per lo Stato. Si corre il rischio, infatti, di dover integrare al minimo la maggior parte delle pensioni, visto che molte delle domande presentate in Sud Italia per l’accesso alla pensione con Quota 100 appartengono a “categorie professionali con modesti importi delle pensioni a calcolo per via dei modesti contributi versati”.
Un onere aggiuntivo che probabilmente il Governo non aveva previsto e porterà ad un aumento dei costi di Quota 100, misura già particolarmente onerosa per i conti pubblici.
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