L’impennata delle materie prime ha diversi protagonisti: tra questi spicca l’uranio, combustibile delle centrali nucleari. Perché gli investitori scommettono sul metallo, il cui prezzo è in rialzo.
Nel rally delle materie prime si fa notare anche l’uranio.
La crisi energetica in corso sta ridisegnando le priorità e le esigenze delle potenze mondiali, sempre più affamate di elettricità, ma alle prese con risorse scarse e dai prezzi stellari (come gas e carbone).
In questo contesto, con la transizione verso le energie rinnovabili e green che spinge a scelte drastiche e ormai obbligate, il nucleare è tornato in primo piano. E, di conseguenza, i future dell’uranio sono balzati di oltre il 30% in un anno.
Cosa si nasconde dietro l’impennata dei prezzi del metallo impiegato per le centrali nucleari.
Il rimbalzo dell’uranio: +30% in un anno
Dopo anni di prezzi stagnanti, un aumento di oltre il 30% in un anno dell’uranio nucleare ha contribuito ad attirare gli investitori.
Financial Times riporta che fondi come Light Sky Macro di Ben Melkman con sede a New York, Anchorage Capital e Tribeca Investment Partners guardano con ottimismo al futuro del metallo, poiché una crisi energetica globale sta mettendo in evidenza il potenziale ruolo dell’energia nucleare nella transizione dai combustibili fossili.
Il prezzo dell’uranio grezzo, noto come yellowcake, è salito al livello più alto dal 2012 a $ 50 la libbra il mese scorso. Dall’inizio del 2021, quando toccava quota 30,71 dollari, fino al picco del 17 settembre, la risorsa ha registrato un balzo del 63%.
La mossa ha attirato nuovi investitori nel mercato per la prima volta da prima della crisi finanziaria, quando la corsa all’acquisto aveva portato il prezzo da $20 la libbra a un record di $136 la libbra (giugno 2007).
Dal livello massimo del 17 settembre, l’uranio è sceso e oggi scambia a $38,80 la libbra, mantenendo comunque un +31,75% rispetto a ottobre scorso (secondo i dati sui future delle commodity di tradingseconomics).
Crisi energetica e svolta green spingono l’uranio
C’è ottimismo sulle prospettive future di questo metallo e il motivo è tutto da ricondurre alla complessa situazione della crisi energetica in atto.
Gli investitori affermano che la più ampia transizione energetica sta evidenziando il ruolo chiave del nucleare, una fonte di energia vista come pulita. Non solo, l’opinione degli analisti è che il rapido aumento dei prezzi del gas naturale e del carbone ha esacerbato la crisi energetica in Europa e Cina e ha riportato l’uranio sotto i riflettori.
Inoltre, ha suggerito Ben Melkman del fondo Light Sky, un calo delle scorte di uranio durante la pandemia di coronavirus ha aggravato la contrazione dell’offerta, mentre si prevede che la domanda aumenterà nei prossimi decenni, promettendo una spinta ai prezzi.
A confermare il pressing sul nucleare come fonte energetica green alcuni Paesi dell’UE, capitanati dall’agguerrita Francia sul tema, hanno scritto alla Commissione UE per far riconoscere come pulita e quindi sostenibile l’energia delle centrali.
L’uranio, in questo contesto, potrebbe diventare la prossima materia prima costosa e sempre più desiderata.
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