Reati tributari: soglie di punibilità, accertamento e costi extracontabili

Valentina Pennacchio

1 Novembre 2013 - 12:00

I reati tributari si commettono quando dalla mancata presentazione della dichiarazione dei redditi o dall’infedeltà della stessa derivi un’imposta evasa maggiore a certe soglie di punibilità. Quali sono le soglie di punibilità? Come si procede all’accertamento e come si calcolano i costi extracontabili?

Reati tributari: soglie di punibilità, accertamento e costi extracontabili

Negli ultimi tempi la lotta all’evasione fiscale è diventata la priorità assoluta dell’Amministrazione finanziaria. In quest’ottica sono stati messi a punto tanti strumenti: il Redditometro, il Riccometro, lo Spesometro.

Ma quando si parla di reato tributario? I reati tributari si commettono quando dalla mancata presentazione della dichiarazione dei redditi o dall’infedeltà della stessa derivi un’imposta evasa maggiore a certe soglie di punibilità.

Al fine di configurare i reati tributari devono quindi sussistere contemporaneamente 3 condizioni:

  • il dolo;
  • la presentazione di una dichiarazione infedele o l’omissione della stessa;
  • il superamento delle soglie di punibilità.

Nei casi previsti dall’art. 39 del DPR n. 600/1973, «Redditi determinati in base alle scritture contabili», nell’ambito dei redditi di impresa, l’Agenzia delle Entrate può rettificare quanto dichiarato dal contribuente mediante un accertamento che può essere:

  • analitico;
  • analitico - induttivo;
  • induttivo puro.

Quali sono le soglie di punibilità?

In caso di omessa dichiarazione viene punito con una reclusione da 1 a 3 anni chiunque, al fine di evadere l’IVA e le imposte sui redditi, non rispetti l’obbligo della dichiarazione annuale, relativa a dette imposte, e quando l’imposta evasa è maggiore, rispetto a ogni singola imposta, a 30.000 euro.

Non si considera omessa la dichiarazione presentata entro 90 giorni dalla scadenza originaria del termine previsto o non redatta il base al modello prescritto.

In caso di dichiarazione infedele viene punito con una reclusione da 1 a 3 anni chiunque, al fine di evadere l’IVA e le imposte sui redditi, indichi nella dichiarazione dei redditi elementi attivi per un importo inferiore a quello reale o elementi passivi fittizi quando, congiuntamente:

  • l’imposta evasa è superiore, in riferimento ad ogni singola imposta, a 50.000 euro;
  • l’importo totale degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche tramite l’indicazione di passività fittizie, è maggiore del 10% rispetto all’importo complessivo degli elementi attivi dichiarati o comunque superiore a 2 milioni di euro.

Accertamento analitico

Nell’accertamento analitico l’Agenzia delle Entrate stabilisce un maggior reddito imponibile in presenza di una regolare tenuta della contabilità, in base alle informazioni raccolte. Questo tipo di accertamento è quello che si riferisce all’art. 39, comma 1, lettere a, b, c e primo periodo della lettera d, ovvero nei casi di:

  • incongruenza tra i dati desumibili dalla dichiarazione dei redditi e quelli del bilancio, del conto dei profitti, delle perdite e dell’eventuale prospetto;
  • applicazione sbagliata delle disposizioni contenute nel DPR 917/1986;
  • incongruenza tra i dati desumibili dalla dichiarazione dei redditi e quelli raccolti dall’Agenzia delle Entrate (tramite questionari, esibizione di documenti, indagini presso terzi);
  • discordanze nei dati desumibili dalla dichiarazione dei redditi che derivano da irregolarità nella veridicità, esattezza e completezza delle registrazioni contabili (verificata da fatture o documenti raccolti d’ufficio).

Accertamento analitico - induttivo

In base al secondo periodo della lettera d, dell’art. 39, comma 1, del DPR 600/1973, l’Agenzia delle Entrate può desumere la presenza di attività non dichiarate o l’inesistenza di passività dichiarate basandosi anche solo su presunzioni semplici, purchè siano gravi, precise e concordanti.

Accertamento induttivo

In base a questo tipo di accertamento, disciplinato dal comma 2 dell’art. 39 del DPR 600/1973, l’Agenzia può prescindere, totalmente o parzialmente, dalle scritture contabili e dalle risultanze di bilancio, basandosi anche su presunzioni che non abbiano i caratteri suddetti (ovvero che siano gravi, precise e concordanti) quando:

  • il reddito d’impresa non è stato dichiarato;
  • il contribuente non ha tenuto o ha sottratto all’ispezione le scritture contabili obbligatorie, oppure quando queste non siano disponibili per cause di forza maggiore,
  • le scritture contabili sono inattendibili a causa di irregolarità gravi, numerose e ripetute;
  • il contribuente non considera l’invito dell’Agenzia circa il deposito di documenti o la richiesta di informazioni rilevanti ai fini dell’accertamento,
  • il contribuente omette la compilazione degli studi di settore, specifica cause di esclusione/inapplicabilità inesistenti o compila in maniera infedele il modello per cui deriva una differenza maggiore del 15%, o pari o superiore a 50.000 euro, tra ricavi o compensi stimati dagli studi (sulla base dei dati corretti) e quelli desumibili dalla dichiarazione.

Come riconoscere i costi extracontabili?

Abbiamo visto come negli ultimi due accertamenti l’Agenzia prescinde dalle risultanze contabili, totalmente o parzialmente, attribuendo dei maggiori ricavi in base a delle presunzioni. Il problema è che se l’Agenzia attribuisse solo maggiori ricavi violerebbe il principio di giusta capacità contributiva (art. 53 della Costituzione).

Oggetto di tassazione sono infatti i redditi prodotti non i ricavi e per determinarli è necessario prendere in considerazione i relativi costi. Il nostro ordinamento (DPR 917/1986, art. 83) prevede che il reddito venga determinato in base al principio di derivazione dalle risultanze del Conto Economico, tuttavia l’art. 109, comma 4, lettera b, del DPR 917/1986 stabilisce che:

«le spese e gli oneri specificamente afferenti i ricavi e gli altri proventi, che pur non risultando imputati al conto economico concorrono a formare il reddito, sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui risultano da elementi certi e precisi».

Questa disposizione può essere applicata nei casi di accertamento analitico, ma per quanto concerne quello induttivo dobbiamo fare delle precisazioni, perchè il contribuente, prescindendo l’Agenzia totalmente o parzialmente dai dati contabili, potrebbe non riuscire a dimostrare il sostenimento dei costi con la conseguente tassazione di un reddito non veritiero. A tal proposito, la Corte di Cassazione ha stabilito che detti costi possono essere determinati induttivamente. I giudici affermano altresì che l’Agenzia deve conoscere con certezza i costi percentualizzati quando accerta in modo induttivo i ricavi.

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