L’esito del referendum e delle regionali ha scatenato una sorta di psicosi tra molti parlamentari: dai forzisti ai renziani fino anche ai 5 Stelle, in tanti alle prossime elezioni resteranno fuori dal Parlamento.
L’esito del referendum e delle elezioni regionali ha determinato una certezza: questa legislatura appare destinata ad arrivare in fondo, anche se non sarà facile per questo governo durare fino al 2023.
La vittoria del Sì ha confermato la riforma del taglio dei parlamentari, che a partire dalla prossime legislatura saranno 345 in meno. Questo vuol dire che al momento non c’è da noi una legge elettorale con cui si potrebbe votare.
La strada più semplice sarebbe quella del ridisegnare gli attuali collegi del Rosatellum, il sistema di voto in vigore, ma il governo ha già calendarizzato una nuova legge elettorale che però non avrà vita facile nel suo iter parlamentare.
In entrambi i casi ci vorrà del tempo per avere una legge elettorale applicabile al futuro Parlamento snellito di 345 parlamentari. A luglio 2021 poi si entrerà nel semestre bianco dove non sarà possibile sciogliere le Camere.
Tutto fermo di conseguenza fino a febbraio 2022 quando si dovrà eleggere il nuovo Presidente della Repubblica: solo a quel punto si potrà tornare a votare, ma la via più probabile sarà quella di arrivare a fine legislatura.
I “disperati” del referendum
Per i vari peones in fondo c’è così una buona notizia: sarà quasi impossibile veder terminare questa legislatura prima del 2022 inoltrato. Altro tempo da passare nella bambagia romana, ma il futuro per molti non è ugualmente dei migliori.
Alle prossime elezioni verranno eletti circa un terzo dei parlamentari in meno. Già questo è un campanello d’allarme sufficiente per quei deputati e senatori non di prima fascia e che non hanno la certezza di essere ricandidati in posizioni blindate.
Le regionali però hanno aggiunto ulteriori motivi di preoccupazione per diversi esponenti politici. Se i parlamentari di Fratelli d’Italia e della Lega di certo non temono il voto, così come molti del PD tranne quelli di fede renziana, per tutti gli altri sarà molto dura se non impossibile assicurarsi un altro giro in Parlamento.
Il Movimento 5 Stelle al momento ha la più alta rappresentanza parlamentare, ma il 32,6% preso nel 2018 appare essere al momento un miraggio: il rischio concreto è di scendere presto anche sotto la doppia cifra.
La sforbiciata di conseguenza colpirà i pentastellati doppiamente: un terzo dei posti in meno e due terzi dei voti persi. Considerando anche l’incognita di una proroga ai due mandati, pochi degli attuali grillini li rivedremo ancora in Aula.
Per Forza Italia e Italia Viva il problema è anche un altro. Se dovesse passare il Brescellum, la nuova legge elettorale voluta dal PD, la soglia di sbarramento dovrebbe essere innalzata al 5% il tutto in un contesto puramente proporzionale.
Anche qui degli attuali deputati e senatori forzisti e renziani se ne potrebbero salvare in pochi, tanto che per Forza Italia si parla di una implosione a breve e per Italia Viva di un possibile ritorno nel PD.
Tempi duri anche per tutte quelle rappresentanze minori, da La Sinistra ad Azione e +Europa fino ai centristi vari, che potrebbero scomparire in Parlamento a causa della doppia tagliola referendum-nuova legge elettorale.
In questo scenario, facile pensare che molti di questi parlamentari in bilico cercheranno in tutti i modi di far arrivare l’attuale legislatura alla sua scadenza naturale, per poi magari riposizionarsi con qualche cavallo considerato maggiormente vincente.
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