Si farà il referendum sulla riforma del taglio dei parlamentari?

Alessandro Cipolla

03/01/2020

Nonostante siano state raccolte le firme di 64 senatori necessarie per indire un referendum, entro il 12 gennaio qualche firmatario potrebbe tirarsi indietro facendo saltare tutto. Il motivo? I soliti calcoli dei vari partiti.

Che l’Italia fosse il paese dei paradossi è una cosa risaputa da tempo, quando si parla poi della nostra politica questo fatto diventa ancora più conclamato. L’ultimo esempio a riguardo sta andando in scena da qualche mese.

La vicenda è quella del referendum confermativo sul taglio dei parlamentari, con le 64 firme di altrettanti senatori necessarie per indire la consultazione che sono state raccolte ma, da qui fino al 12 gennaio giorno della entrata in vigore della riforma voluta dai 5 Stelle, qualcuno dei firmatari potrebbe tirarsi indietro vanificando il tutto.

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Con il governo Conte bis che nonostante i proclami di voler andare avanti appare molto traballante, anche Salvini diceva lo stesso fino a qualche giorno prima del Papeete, il fatto è che tutti i partiti stanno cercando di capire quale sia per loro la strategia migliore.

Il dilemma è amletico: andare a votare subito evitando così la sforbiciata di 345 posti in Parlamento, oppure proseguire con questa legislatura fino a che possibile ma rischiando poi un “bagno di sangue” quando sarà effettiva la scure della riforma.

In mezzo c’è questo referendum, nobile strumento per dare la parola al popolo ridotto però dai nostri partiti a un mero mezzo per i loro giochetti di Palazzo, specie quando come in questo caso che di mezzo c’è la sopravvivenza politica di diversi deputati e senatori.

Referendum sul taglio dei parlamentari in dubbio

Se non dovessero esserci colpi di scena entro il 12 gennaio e se la Corte di Cassazione prima e quella Costituzionale poi dovessero dare il loro via libera, a primavera gli italiani saranno chiamati a esprimersi in merito a un referendum confermativo sulla riforma del taglio dei parlamentari.

Dopo tante polemiche e anche un cambio di governo, la misura fortemente voluta dal Movimento 5 Stelle è stata approvata in maniera definitiva dalla Camera lo scorso ottobre e prevede una sforbiciata di 230 deputati e 115 senatori.

La riforma dovrebbe entrare in vigore il prossimo 12 gennaio, ma vista la richiesta referendaria verrebbe congelata fino al voto. Le 64 firme dei senatori quindi sono dettate più dal prendere tempo che da motivazioni di fondo, visto che un referendum sul taglio dei parlamentari vedrebbe una schiacciante vittoria del Sì.

Se si dovesse tenere a primavera il referendum, il governo giallorosso inizierebbe a tremare perché vorrebbe dire che tra i partiti sia maturata la convinzione di andare subito alle urne con l’attuale legge elettorale, che permetterebbe di salvare così 345 posti in Parlamento.

Un dettaglio non da poco questo perché permetterebbe, soprattutto ai partiti di governo, di non vedere anche più che dimezzata la propria rappresentanza durante la prossima legislatura, anche se questo vorrebbe dire consegnare il Paese a Matteo Salvini.

Se invece prima del 12 gennaio qualche senatore firmatario dovesse sfilarsi vanificando il referendum, dopo questa data il taglio dei parlamentari diventerebbe effettivo andando a blindare di fatto il governo che così avrebbe un grosso motivo in più per andare avanti.

Più che discutere su cosa possa essere il meglio o il peggio per il nostro Paese, i vari partiti sembrerebbero essere concentrati a curare il proprio orticello, con la risposta a queste machiavelliche trame che arriverà soltanto il prossimo 12 gennaio.

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