Referendum Jobs Act, cosa cambia? Pro, contro e quesito

Alessandro Cipolla

22 Gennaio 2025 - 11:17

Tra i quattro referendum abrogativi sul lavoro, gli italiani dovranno esprimersi anche su uno riguardante il Jobs Act: il quesito, pro e contro e cosa cambia se dovesse passare.

Referendum Jobs Act, cosa cambia? Pro, contro e quesito

Referendum Jobs Act, cosa può cambiare? Dopo la raccolta di ben 4 milioni di firme, la corte costituzionale ha dichiarato ammissibili tutti e quattro i quesiti sul lavoro promossi dalla Cgil.

I referendum 2025 così saranno in totale cinque e saranno votati dagli italiani in primavera: altre ai quattro riguardanti il lavoro ci sarà anche quello sulla cittadinanza promosso da +Europa. Bocciato invece il referendum sull’autonomia.

In particolare molta attenzione ha attirato il referendum che andrà a interessare una parte del Jobs Act, ovvero quello denominato “Contratto di lavoro a tutele crescenti- disciplina dei licenziamenti illegittimi”.

Non sono mancate le proteste per il fatto che la segretaria del Pd, Elly Schlein, abbia firmato tutti e quattro i referendum proposti dalla Cgil, una cosa che non è piaciuta a parte del suo partito visto che il Jobs Act è stato voluto da Matteo Renzi quando era presidente del Consiglio e a capo dei dem.

Vediamo allora nel dettaglio il quesito del referendum Jobs Act, dando uno sguardo ai pro e i contro della proposta referendaria e cosa potrebbe cambiare se dovesse passare.

Il quesito del referendum Jobs Act

Al momento il governo ancora non ha deciso la data dei referendum 2025 che, per legge, devono tenersi in una domenica compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno.

Il primo tra i referendum promossi dalla Cgil è quello rinominato Jobs Act, visto che ha lo scopo di andare ad abrogare una parte della riforma del lavoro voluta dall’allora governo Renzi.

Questo è il quesito del referendum Jobs Act.

Volete voi l’abrogazione del d.lgs. 4 marzo 2015, n. 23, recante “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” nella sua interezza?

Questo referendum ha come scopo l’abrogazione delle norme che impediscono il reintegro al lavoro in caso di licenziamenti illegittimi, ovvero uno dei decreti attuativi del Jobs Act.

Cosa può cambiare con il referendum Jobs Act

Il Jobs Act, che nel corso degli ultimi anni ha subito modifiche sia per l’intervento del legislatore - decreto Dignità del 2018 - sia a opera di pronunce della Corte Costituzionale, è ora oggetto di uno dei referendum promossi dalla Cgil.

L’obiettivo del referendum è quello di cancellare le norme sui licenziamenti del Jobs Act che consentono alle imprese di non reintegrare una lavoratrice o un lavoratore licenziata/o in modo illegittimo nel caso in cui sia stato assunto dopo il 2015.

Per essere valido però il referendum dovrà superare il quorum del 50% più uno dei votanti tra tutti gli eventi diritto; se questa soglia non dovesse essere raggiunta, allora il referendum non avrà validità a prescindere dall’esito.

Già nel 2017 fu promosso un referendum avente oggetto il Jobs Act, ma la Consulta dichiarò inammissibile il quesito volto a ripristinare la tutela reintegratoria per i licenziamenti illegittimi a causa del carattere propositivo del quesito e della mancanza di univocità e omogeneità.

I pro del Jobs Act

Secondo diversi analisti, il Jobs Act ha introdotto contratti a tutele crescenti facilitando l’assunzione di lavoratori, soprattutto per le imprese che prima potevano essere scoraggiate da rigidità contrattuali.

Inoltre rendere il mercato del lavoro più flessibile è stato considerato un passo verso un contesto economico più competitivo e adatto agli investimenti esteri.

Guardando i dati Istat e gli studi che hanno avuto a oggetto gli effetti del Jobs Act, nel triennio 2015-2017 si è assistito a un aumento del numero degli occupati, anche con riguardo all’occupazione giovanile.

Un aspetto positivo che è stato evidenziato è la tutela economica costituita dalla Naspi in caso di disoccupazione, che è ora estesa a tutti i lavoratori compresi gli atipici.

I contro del Jobs Act

Parallelamente, con l’introduzione del contratto a tutele crescenti e la flessibilizzazione del mercato di lavoro, con il Jobs Act si è verificato anche un aumento del numero dei licenziamenti.

Secondo Pagella Politica, al tempo stesso la riforma del lavoro del governo Renzi avrebbe generato un importante calo dei contratti a tempo indeterminato, sostituiti da contratti di apprendistato e a tempo determinato.

La forte decontribuzione - si legge - avrebbe quindi sì rilanciato l’occupazione, ma non in maniera strutturale, preferendo incentivi economici a breve termine rispetto a più duraturi investimenti in capitale umano”.

Non a caso, una volta ridotte le incentivazioni economiche, in Italia si è assistito un calo dei contratti a tempo indeterminato.

Secondo i critici i benefici sarebbero stati più per le aziende che per i lavoratori e, per il Movimento 5 Stelle, il Jobs Act sarebbe “ costato 23 miliardi ” senza risolvere - anzi in alcuni casi peggiorando - gli atavici problemi del mondo del lavoro in Italia.

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