Il Ministro della Pubblica Amministrazione promette la stabilizzazione dell’elemento perequativo. I timori dei sindacati sembrano essere confermati: l’aumento di stipendio con il rinnovo di contratto non sarà uguale per tutti.
Il rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici sarà certamente un argomento molto discusso nella prossima settimana. Ricordiamo, infatti, che per il 9 dicembre i sindacati confederali hanno proclamato uno sciopero della Pubblica Amministrazione in modo da rivendicare aumenti più cospicui in vista della concertazione per il nuovo contratto.
Ai sindacati, infatti, non tornano le cifre indicate dal Ministero della Pubblica Amministrazione. Come confermato dalla relazione tecnica al disegno di legge di Bilancio, infatti, con le attuali risorse a disposizione il Governo conta di riconoscere un incremento medio di 107,00€ lordi. Aumento a regime, quindi solamente per l’anno 2021 (e per quelli successivi).
Tuttavia, i sindacati ritengono che le risorse a disposizione non siano sufficienti per riconoscere un tale aumento, anche perché una parte delle risorse andrà utilizzata - ad esempio - per confermare l’elemento perequativo per i redditi più bassi. Per questo motivo hanno scelto di scioperare, pretendendo maggiore chiarezza da parte dell’Amministrazione.
A tal proposito in queste ore è arrivata la risposta del Ministro della Funzione Pubblica, Fabiana Dadone, la quale ha pubblicato una lettera con cui ha provato a tendere la mano ai sindacati. Peccato, però, che il contenuto delle lettera potrebbe avere l’effetto opposto; vediamo perché.
Il Ministro della Pubblica Amministrazione conferma i timori dei sindacati
Il motivo dello sciopero del 9 dicembre lo abbiamo già approfondito più volte. Nel dettaglio, i sindacati ritengono che con le risorse a disposizione per il rinnovo del contratto - che grazie all’ultimo stanziamento contenuto dalla Legge di Bilancio 2021 ammontano a 3,8 miliardi di euro - potrà esserci un aumento di stipendio di circa 87,00€ medi e lordi. Di diverso avviso l’Amministrazione, la quale ritiene ci possa essere un aumento a tre cifre.
Secondo le parti sociali, però, questo non sarà possibile poiché bisogna considerare che i 3,8 miliardi non serviranno solo per l’incremento tabellare: bisognerà anche finanziare l’indennità di vacanza contrattuale scattata nel 2019, come pure l’elemento perequativo, e bisogna considerare i fondi da destinare al salario accessorio di militari e forze di Polizia.
Ed ecco che la lettera pubblicata dal Ministro della Funzione Pubblica, Fabiana Dadone, sembra confermare la tesi dei sindacati. Questa, infatti, si è impegnata a rendere strutturale in fase di rinnovo l’elemento perequativo, lo strumento introdotto nell’ultimo rinnovo (quello per il triennio 2016-2018) per evitare che i redditi più bassi non raggiungessero l’aumento di 85,00€ previsto dall’accordo preliminare. Per questo motivo è stato introdotto un elemento perequativo, finanziato però per il solo triennio di valenza del contratto, di circa 20 euro mensili.
Rinnovo del contratto statali: aumenti non uguali per tutti
Ebbene, con il rinnovo del contratto per il triennio 2019-2021 l’elemento perequativo potrebbe essere strutturale, in quanto - come spiegato dalla Dadone - sarà necessario “fare di più per le fasce più basse di reddito”.
Il problema è che alla promessa della stabilizzazione dell’elemento perequativo non seguirà l’aumento delle risorse a disposizione per il rinnovo del contratto. Come temuto dai sindacati, quindi, i 3,8 miliardi dovranno servire anche per stabilizzare l’elemento perequativo.
A cambiare, quindi, sarebbe la distribuzione degli aumenti: non ci potrà essere, quindi, il +4% per tutti, in quanto solamente per i redditi più bassi potrebbe essere raggiunta questa percentuale grazie alla conferma dell’elemento perequativo.
La proposta della Dadone, quindi, conferma i timori dei sindacati: niente aumento a tre cifre per tutti, saranno i redditi più bassi a godere di incrementi maggiori. Una proposta che immaginiamo non farà altro che alimentare i dissapori delle parti sociali, in quanto la lettera della Dadone conferma la posizione dei sindacati. Ed è per questo che - alle suddette condizioni - non sembrano esserci possibilità di revoca dello sciopero del 9 dicembre, giorno tra l’altro in cui si voterà per il MES.
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