Risarcimento per lite temeraria: cos’è e come si calcola il danno

Isabella Policarpio

22 Febbraio 2019 - 13:19

Quando un soggetto agisce o resiste in giudizio in malafede o colpa grave, il giudice può disporre il risarcimento danni per lite temeraria, su richiesta della controparte. Come avviene la liquidazione.

Risarcimento per lite temeraria: cos’è e come si calcola il danno

Il risarcimento per lite temeraria è la compensazione economica del danno subito da chi ha preso parte ad un giudizio proposto da un soggetto in malafede o colpa grave, che quindi aveva la consapevolezza di essere dalla parte del torto.

Nella stessa sede di giudizio, la controparte può chiedere al giudice il risarcimento del danno causato dalla lite temeraria, che può essere sia di tipo economico che psicofisico. In questa sede, il richiedente deve provare l’ammontare del danno e, quando non è possibile, chiedere al giudice un risarcimento in via equitativa.

Tutte le disposizioni in materia di lite temeraria e del relativo risarcimento sono disciplinate dall’articolo 96 del Codice di procedura civile, che sancisce la responsabilità aggravata per aver messo in moto la macchina giudiziaria immotivatamente.

Cos’è la lite temeraria?

Nel lessico giuridico, la lite temeraria è l’azione legale esperita in malafede o la resistenza con colpa grave, ovvero il giudizio iniziato o perpetrato nonostante la consapevolezza di essere dalla parte del torto o di non avere un giustificato motivo.

Si tratta di una condotta illecita, sanzionata dall’articolo 96 del Codice di procedura civile italiano come un’ipotesi di responsabilità aggravata. Infatti quando il giudice rileva gli estremi della lite temeraria, condanna il colpevole al risarcimento del danno nei confronti della parte lesa che è stata coinvolta in un giudizio senza alcuna giustificazione.

Nel caso di lite temeraria, il giudice deve accertare l’inesistenza del diritto che ha causato l’inizio del giudizio nei confronti di una persona innocente e valutare discrezionalmente la gravità del fatto.

Risarcimento danni per lite temeraria: la liquidazione del danno

Ai sensi dell’articolo 96 del Codice di procedura civile, se, al termine del giudizio, risulta che la parte soccombente abbia agito o resistito con mala fede o colpa grave (quindi consapevole di stare dalla parte del torto), il giudice può procedere alla condanna al pagamento delle spese giudiziarie e al risarcimento danni, sempre che la controparte ne faccia richiesta.

Lo stesso vale quando il giudice accerta l’inesistenza del diritto che ha causato:

  • un provvedimento cautelare;
  • la trascrizione della domanda giudiziale;
  • l’iscrizione di un’ipoteca giudiziale;
  • un’esecuzione forzata.

La parte che ha subito il danno ingiusto deve fare richiesta per il risarcimento alla fine del medesimo giudizio nel quale è stata scoperta la lite temeraria. Il giudice sarà chiamato a valutare e liquidare il danno in maniera precisa. Quando la decisione è adeguatamente motivata, la sentenza che pronuncia la lite temeraria non può essere impugnata dal soccombente.

Precisiamo che la domanda per il risarcimento per lite temeraria può essere fatta in sede di Corte di Cassazione solamente quando i danni subiti sono collegati a questa fase di giudizio.

La parte che chiede il risarcimento deve provare le ragioni e l’ammontare del danno, a meno che tali elementi non siano deducibili nel giudizio in corso. Quando risulta eccessivamente gravoso provare il preciso ammontare del danno, il giudice può anche procedere ad una liquidazione in via equitativa, cioè in base alla sua discrezionalità.

Come si calcola il danno?

Nel liquidare il danno da lite temeraria il giudice deve tener conto di diversi elementi:

  • la gravità dell’abuso;
  • la durata della lite;
  • gli eventuali danni psico-fisici della controparte.

Come abbiamo già anticipato, quando non è possibile provare il preciso ammontare del danno da lite temeraria, il giudice può procedere con un risarcimento in via equitativa, cioè mediante il suo personale apprezzamento. In tale circostanza, il giudice deve avvalersi delle nozioni di comune esperienza che tengono conto sia del pregiudizio strettamente economico che del danno morale per aver preso parte ad un giudizio ingiustificatamente.

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