I docenti italiani sono i più vecchi dell’area Ocse e quelli che guadagnano di meno, nonostante un impegno lavorativo analogo, se non maggiore. Ecco il quadro desolante tracciato dall’Anief.
Drammatico il connubio scuola e pensione. I docenti vanno in pensione sempre più tardi e, quando possono ritirarsi prima, sono costretti ad una decurtazione dell’assegno pensionistico fino al 25%.
I pensionati del comparto scuola con meno di 1.000 euro al mese sono il 41%. Ciò contribuisce a fare dell’Italia un paese sempre più a rischio povertà, dove
"il potere d’acquisto delle pensioni è in caduta libera: in 15 anni è diminuito del 33%”.
A dirlo è l’Anief, il sindacato per la scuola, che ha comunicato le proiezioni sui requisiti d’accesso alla pensione anticipata per i docenti:
- nel 2030, tra ben 15 anni, i docenti potranno andare in pensione solo dopo i 68 anni;
- per accedere all’assegno di quiescenza anticipato, i docenti dovranno aver versato circa 44 anni di contributi.
La scuola italiana vive di paradossi ed è sempre più vecchia. Nonostante siano tanti i giovani che vorrebbero inserirsi nell’insegnamento, non si punta alla flessibilità e a ringiovanire quello che ad oggi è il corpo insegnante più vecchio dell’area Ocse, anzi. L’età di pensionamento delle donne, che rappresentano l’81% dei docenti, è salita di 6 anni.
Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, si chiede:
«Perché un prof francese può invece andarsene senza decurtazioni a 62 anni? Perché in Polonia, Cipro, Belgio, Danimarca, Irlanda, Grecia, Spagna e Lussemburgo si può accedere tra i 55 e i 60 anni ad una pensione piena sulla base degli anni di servizio svolti?».
Corpo docente vecchio
L’ultimo rapporto Education at a glance ha rivelato che nel 2011 nel nostro Paese aveva un’età superiore a 50 anni:
- il 47,6% dei docenti della primaria;
- il 61% di quelli delle medie inferiori;
- il 62,5% di quelli delle superiori.
Solo lo 0,27% del corpo insegnanti è under 30, in controtendenza con l’Europa, dove le percentuali sono più alte:
- 3,6% in Germania;
- 6% in Austria e Islanda;
- 6,8% in Spagna.
Stessi orari, stipendi diversi
Un’altra differenza sostanziale tra i docenti italiani e quelli esteri sta nella retribuzione.
Secondo l’Anief i docenti in Italia hanno un orario settimanale piuttosto in linea con gli altri paesi europei. Ecco alcuni dati secondo l’Ocse:
- nella scuola primaria i docenti italiani svolgono 22 ore di insegnamento, contro le 19,6 della media europea;
- alle medie le ore sono 18 a settimana, contro le 16,3 in Europa;
- alle superiori l’impegno si equivale.
Pacifico spiega lo scarto, a livello retributivo, tra i docenti italiani e i colleghi all’estero:
"L’orario d’insegnamento annuale dei docenti italiani è in media rispetto ai colleghi degli altri Paesi. Il problema, semmai, sono le attività funzionali alla qualifica che non vengono conteggiate: come la preparazione delle lezioni, la programmazione delle attività, la correzione dei compiti e via dicendo. La vera differenza rispetto all’area Ocse non sta nell’impegno di ore profuse dai docenti per le loro attività lavorative, ma nel fatto che a fine carriera i docenti italiani prendono tra i 6.000 e i 9.000 euro in mero rispetto ai colleghi d’oltre confine”.
In Italia lo stipendio dei docenti è bloccato dal 2009 ed è cresciuto dal 2005 solo del 5% rispetto al 15-22% della media Ocse.
Uno stato che non coltiva cultura, collassa. E non è retorica.
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