In una settimana poco mossa per i listini azionari italiani, vediamo come si sono mosse le mani forti negli ultimi giorni, andando a vedere come è cambiata la loro esposizione corta a Piazza Affari rispetto alla scorsa ottava
Nell’ultima settimana di giugno si è assistito ad una sostanziale immobilità dei corsi azionari, con gli operatori hanno atteso i colloqui tra Usa e Cina sul fronte commerciale.
Questo comportamento si nota anche dalle Posizioni nette corte pubblicate da Consob, in cui emerge una situazione poco mossa relativamente alle operazioni short degli istituzionali.
Banco BPM torna la più shortata dalle mani forti
Confrontando gli ultimi dati disponibili, al 28 giugno con quelli del 21 giugno scorsi, salta subito all’occhio come Banco BPM sia passata al primo posto tra le società più vendute di Piazza Affari da parte degli istituzionali.
Elaborazione Ufficio Studi di Money.it su dati Consob al 28 giugno 2019
I fondi hanno incrementato l’esposizione ribassista dello 0,88% del capitale sociale dell’istituto di credito: una dinamica contraria a quella che si evince guardando alle variazione delle altre aziende più vendute, che hanno beneficiato di una flessione degli short.
In particolare, Prysmian e Banca Generali (quest’ultima uscita dal FTSE Mib lo scorso 24 giugno), hanno visto decrescere la quota di short da parte dei fondi dello 0,51% e dello 0,53% dei rispettivi capitali sociali.
Il quadro generale a Piazza Affari
Elaborazione Ufficio Studi di Money.it su dati Consob al 28 giugno 2019
In generale, il podio delle aziende più vendute non è cambiato: restano infatti Banco BPM, UBI Banca e Azimut a dominare la classifica. Su tali quotate pesano rispettivamente il 6,55%, il 6,03% e il 5,92% di capitale detenuto dalle mani forti.
Spuntano tre new entry nella classifica. Nello specifico si tratta di Biesse, IGD e Mondo TV, che esordiscono con lo 0,53%, lo 0,51% e lo 0,5% del capitale sociale in mano a istituzionali in ottica speculativa.
Più fortunata Sogefi: l’azienda guidata da Laurent Hebenstreit vede diminuire al di sotto dello 0,5% la quota di capitale messa all’angolo dai fondi.
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