Cosa succede se al lavoratore viene erogato erroneamente lo stipendio? Si tratta di appropriazione indebita o indebito arricchimento? La decisione della Cassazione.
Cosa succede se un lavoratore percepisce lo stipendio erroneamente? Integra il delitto di appropriazione indebita oppure un indebito arricchimento rilevante solo sul piano civilistico?
La risposta arriva dalla sentenza n. 8459/2019 della Corte di Cassazione, in cui i giudici hanno smentito la decisione della Corte d’Appello che aveva condannato un lavoratore per appropriazione indebita dello stipendio.
Infatti, chi percepisce uno stipendio non dovuto non commette una fattispecie di reato - quindi sanzionabile dal punto di vista penale - ma solo un indebito arricchimento da cui deriva l’obbligo di restituire le somme erroneamente percepite.
Erronea percezione dello stipendio, è appropriazione indebita? Il caso di specie
La decisione della Corte di Cassazione prende le mosse da un ricorso che vede come protagonista un lavoratore che aveva indebitamente continuato a percepire lo stipendio nonostante si trovasse in stato di acquiescenza.
Precisamente, il lavoratore era stato condannato in primo grado per appropriazione indebita aggravata (ex articolo 646 del Codice Penale), decisione confermata anche in secondo grado di giudizio, con la sola esclusione della circostanza aggravante.
A questo punto l’imputato, in contestazione con la condanna per appropriazione indebita, aveva deciso di ricorrere alla Corte di Cassazione che, nella sentenza n. 8459 del 2019, ha annullato senza rinvio la pronuncia delle giurisdizioni inferiori poiché “il fatto non sussiste”: quindi l’erronea percezione dello stipendio non integra la fattispecie di reato di appropriazione indebita. Andiamo a vedere quali sono le motivazioni alla base della decisione.
Erronea percezione dello stipendio non è appropriazione indebita: ecco perché
Dunque, nel caso di specie, i giudici della Corte di Cassazione hanno stabilito che la percezione dello stipendio erroneamente erogato non integra il reato di appropriazione indebita in capo al lavoratore. Dunque, gli ermellini rilevano che in questo caso mancano gli elementi previsti dal Codice Penale per la configurazione del reato.
Difatti, quando l’appropriazione ha ad oggetto una somma di denaro, il reato si configura solo se l’agente viola la specifica destinazione di scopo ad esso impressa dal proprietario (nel caso di specie il datore di lavoro). Quindi la semplice violazione dell’obbligo di restituire le somme non integra il delitto previsto dall’articolo 646 del Codice Penale.
I giudici della Cassazione hanno stabilito che il comportamento del lavoratore non è rilevante dal punto di vista penale ma solo da quello civile. Infatti si tratta di indebito arricchimento ex articolo 2041 del Codice Civile, che recita:
Chi, senza una giusta causa, si è arricchito a danno di un’altra persona è tenuto, nei limiti dell’arricchimento, a indennizzare quest’ultima della correlativa diminuzione patrimoniale. Qualora l’arricchimento abbia per oggetto una cosa determinata, colui che l’ha ricevuta è tenuto a restituirla in natura, se sussiste al tempo della domanda.
Pertanto il lavoratore che ha percepito erroneamente lo stipendio è tenuto a restituire le somme indebitamente percepite ma senza subire sanzioni penali.
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