TFR in busta paga: quale sarà la tassazione? Ecco a chi conviene e perché l’anticipo

Valentina Pennacchio

20 Ottobre 2014 - 13:00

TFR in busta paga: quale sarà la tassazione? Ecco a chi conviene richiedere l’anticipo e perché.

TFR in busta paga: quale sarà la tassazione? Ecco a chi conviene e perché l’anticipo

L’anticipo del TFR nella busta paga, previsto nella Legge di Stabilità 2015, continua a far discutere, soprattutto per quanto riguarda la tassazione prevista, aspetto non ancora del tutto chiaro.

Nella bozza della Legge di Stabilità si legge che il TFR in busta paga sarà

«assoggettato a tassazione ordinaria e non imponibile ai fini previdenziali».

Teoricamente dunque dovrebbe essere applicata la tassazione IRPEF ordinaria, il che non renderebbe così vantaggiosa la misura prevista, poiché la tassazione aumenta all’aumentare del reddito.

Attualmente l’aliquota prevista è compresa tra il 23 e il 26%, mentre sull’imponibile superiore a 15.000 euro scatta il 27%, che aumenta in base agli scaglioni di reddito e può arrivare fino al 43%.

Alla luce di ciò il TFR in busta paga conviene solo a chi ha un reddito compreso tra i 15.000 e i 20.000 euro all’anno, per gli altri si trasforma in un costo di lungo periodo.

Secondo le stime di alcuni consulenti del lavoro, riportate da Repubblica, l’anticipo del TFR in busta paga, esclusi coloro con il reddito suddetto, si tradurrà in un aumento di tasse. Un esempio: per redditi fino a 28.000 euro, si pagheranno almeno 100 euro in più di tasse, mentre coloro con reddito pari a 90.000 euro di reddito all’anno potrebbero pagare fino a 569 euro l’anno.

In sostanza per importi superiori a 15.000 euro l’anno il Governo ha stabilito che il maggiore importo, derivante da TFR, sarà tassato come parte integrante della retribuzione e quindi con l’IRPEF ordinaria.

C’è il timore inoltre che un maggior introito dovuto dall’anticipo del TFR in busta paga possa tradursi in minori agevolazioni in termini di mense, asili nido, tasse universitarie o Tasi.

Di seguito alcune stime (fonte La Repubblica).

Tuttavia dovrebbe esserci una clausola di salvaguardia per cui il reddito derivante dall’anticipo del TFR in busta paga possa essere escluso dal computo per l’erogazione del bonus da 80 euro (a cui da gennaio 2015 si aggiungerà il bonus bebè per le mamme, sempre pari a 80 euro).

Ricapitolando, il TFR in busta paga:

  • sarà una misura sperimentale, operativa tra il marzo del 2015 e il giugno del 2018;
  • sarà un’opzione volontaria, a scelta del dipendente (esclusi statali, lavoratori domestici, agricoli e dipendenti di aziende in crisi);
  • sarà vincolante dal momento della scelta a giugno 2018;
  • sarà un’opzione possibile anche per coloro che hanno già dato la propria adesione a fondi di previdenza integrativa.

TFR in busta paga: modalità di erogazione

Le modalità di erogazione del TFR in busta paga possono essere due:

  • l’azienda può versare il TFR maturato in busta paga, in cambio degli stessi benefici che spettano oggi ai datori che lo versano alle forme di previdenza complementare;
  • l’azienda può accedere al prestito bancario, su cui verrà emanato un Dpcm entro 30 giorni dal varo della Legge di Stabilità, in base alla convenzione Abi-Mef-Ministero del Lavoro. In questo caso il datore dovrà fare prima richiesta all’INPS della certificazione del TFR maturato dai dipendenti. La restituzione del prestito avverrà soltanto con il tasso di rivalutazione della quota TFR, quindi l’1,5% + lo 0,75% annuo dell’indice di inflazione.

Le aziende con meno di 50 dipendenti saranno supportate da un Fondo di garanzia INPS, finanziato con un contributo datoriale dello 0,2%, con una base di partenza pari a 100 milioni di euro.

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