Tassa di soggiorno, boccata d’ossigeno per le casse dei Comuni che incassano complessivamente oltre 500 milioni di euro
538 milioni di euro: il 2018 ha portato nelle casse dei Comuni italiani un vero e proprio tesoretto grazie all’imposta di soggiorno applicata a visitatori e turisti.
Nelle tasche delle amministrazioni locali sono entrati 29 milioni in più di quanto preventivato, con un incremento di 70 milioni rispetto al 2017. La somma è destinata a salire nel 2019, quando supererà quota 604 milioni di euro.
Una cifra record si è registrata, quest’anno, a Firenze: nelle casse del Comune toscano sono entrati 41 milioni di euro.
E’ quanto emerge dai dati dell’Osservatorio nazionale sulla tassa di soggiorno della società di consulenza turistica Jfc per l’anno 2018.
La tassa di soggiorno rimpingua le casse comunali
Nel 2018, 155 Comuni italiani hanno introdotto, ex novo, l’imposta di soggiorno, garantendosi così un’entrata aggiuntiva; una delle poche opzioni che fa gola ai Comuni, sulla quale poter agire in completa autonomia. Altre amministrazioni (circa il 16%) invece hanno optato per l’aumento delle tariffe. Tra queste ci sono Firenze, Genova, Riccione, Matera, Jesolo.
L’incremento tariffario ha subito in media un +29,7%. Queste manovre hanno garantito ai Comuni italiani un gettito pari a 538 milioni di euro che dovrebbe essere poi reinvestito a supporto dell’attività turistica.
Nel 2019, sono 51 i Comuni che hanno introdotto per la prima volta l’imposta. Si tratta di Sassari, Imperia, Nizza Monferrato, Manfredonia, Varallo, Terme Vigliatore, Lavagna, Bordighera, Martina Franca, mentre nei prossimi mesi si pagherà anche a Brescia, Pitigliano, Castrocaro Terme, Diano Marina, Palau, Alassio, Alba Adriatica, Arzachena, Tortoreto, Porto Venere.
46 Comuni hanno approvato o hanno iniziato ad applicare un aumento delle tariffe per il 2019. Secondo le stime di incasso, a fine anno si avrà un’entrata complessiva pari a 604 milioni.
Tassa di soggiorno, cle riticità sull’utilizzo dei proventi
L’osservatorio nazionale di Jfc evidenzia un forte elemento di criticità nell’uso dei proventi dell’imposta di soggiorno.
“Nonostante tutte le amministrazioni comunali affermino di voler utilizzare tali introiti a supporto dell’attività turistica, in realtà ciò accade in pochissimi casi, a meno che non si intenda per turismo anche l’asfaltatura delle strade o lo sfalcio dell’erba, lo smaltimento dei contenitori di fitofarmaci o il sostegno al comparto agricolo”,
spiega Massimo Feruzzi amministratore unico di Jft.
Inoltre, i Comuni continuano a fare accordi con piattaforme per lo sharing tourism come Airbnb. L’obiettivo è incassare il più possibile. Grazie a questi accordi, ad esempio, Firenze ha ottenuto entrate per ben 8 milioni e 803 mila euro.
Tuttavia, troppo spesso, queste piattaforme non forniscono dati all’Agenzia delle Entrate e non chiedono agli host la cedolare secca - che invece è un obbligo di legge. Airbnb così copre gli evasori totali o parziali, nonostante le promesse di regole più severe e multe elevate.
In Italia per l’imposta di soggiorno, i turisti a Roma pagano fino a sette euro a notte, da tre a cinque euro si versano a Napoli, Venezia o Firenze. Milano non supera i cinque euro, con una riduzione del 50 per cento durante la stagione estiva.
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