Invalsi per i docenti. La nuova decisione del Ministero dell’Istruzione solleva dubbi e domande. Il Ministro Bianchi: no a pagelle e voti, ma solo uno strumento per potenziare l’autonomia scolastica.
Invalsi anche per gli insegnati. Sarebbe questa una delle ultime decisioni prese dal Ministero dell’Istruzione. D’ora in poi non saranno solo gli studenti a sostenere questa prova ma anche il corpo docenti. L’intento del MIUR è quello di fornire uno strumento valido per migliorare l’offerta formativa delle scuole, evidenziando i punti di forza e quelli carenti. Si prevede inoltre l’arrivo in campo degli ispettori ministeriali.
Queste decisioni hanno destato non pochi dubbi e domande, alle quali prova a rispondere il Ministro Bianchi. L’idea è quella di potenziare l’analisi delle scuole e di dare un ruolo ai comitati di valutazione creati all’interno delle sedi scolastiche, aiutandole a essere più autonome.
Invalsi per gli insegnati: le ragioni del Ministero
Migliorare l’offerta formativa per gli alunni e rafforzare il sistema scolastico. Sono queste le ragioni che si trovano dietro la scelta di estendere le prove Invalsi ai docenti e ai dirigenti scolastici. La questione però risulta essere delicata quanto spinosa: sono molti gli studenti e gli insegnati che da sempre protestano contro queste prove. Eppure il “percorso della valutazione” è ormai avviato, alle scuole non resta che trovare una strada condivisa con il corpo docente.
All’interno dell’Atto di indirizzo per l’anno 2022 è previsto infatti un paragrafo dedicato alla “valorizzazione del sistema di valutazione”, nel quale si specifica che è necessario potenziare la valutazione delle scuole, dei dirigenti scolastici e del corpo insegnati, al fine anche di “sviluppare un’autonomia scolastica”.
Per tale motivo è importante che venga avviato un processo di revisione e rafforzamento del Sistema nazionale di valutazione. In questo modo sarà possibile individuare le carenze nelle attività scolastiche e potenziare l’offerta formativa. Per garantire la riuscita del progetto è prevista una maggiore attività degli ispettori ministeriali. Non solo. Accanto agli ispettori sarà fondamentale la presenza e il lavoro dei comitati di valutazione scolastica. Prendendo spunto dal modello australiano e neozelandese, i comitati sono degli organi interni alle scuole, composti dagli stessi docenti che valuteranno i propri colleghi, così da poter prendere in considerazione possibili aspetti che mutano dal Nord al Sud della penisola.
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Invalsi per gli insegnati, il Ministero: no a pagelle e voti
No a pagelle e voti. Non c’è alcun intento punitivo dietro alla decisione del Ministero dell’Istruzione di estendere ai docenti le Invalsi. Queste possono essere un valido strumento per poter sostenere la didattica in classe. È proprio di questo che ha parlato il Ministro Bianchi a un convegno sulla valutazione organizzato da FLC e CGIL, rassicurando il copro docenti: l’analisi del personale non avrà nulla a che vedere con l’aumento di stipendio o con la carriera dell’insegnante. Il Ministero ha però bisogno di dati, questo risulta essere evidente per Bianchi: i dati sono un valido supporto per le future decisioni da prendere nel campo dell’istruzione.
Saranno dunque i docenti, nominati in base a criteri ancora da stabilire, a valutare i colleghi in base a un sistema condiviso. Tramite questo sarà possibile individuare le disparità in modo da poter intervenire, avendo presente le situazioni differenti da cui ogni plesso scolastico parte.
Abbiamo la necessità di dare a tutti gli studenti del nostro Paese le stesse opportunità di crescita [...] Servono strumenti che ci diano la percezione complessiva di dove siano le disparità, le fragilità e le diverse condizioni.
Sono queste le parole conclusive del Ministro che ha ricordato quanto siano state utili queste provi. Infatti dalle Invalsi del 2020, sostenute dagli studenti, è emerso un forte divario tra Sud e Nord e dall’anno scorso è quindi partito il “Piano di intervento per la riduzione dei divari territoriali” che ha visto nascere progetti per facilitare l’apprendimento nelle Regioni con gli esiti più bassi.
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