Prime conseguenze delle parole di Mario Draghi sul Presidente Erdogan: la Turchia sospende i contratti con le aziende italiane, prime avvisaglie di una ritorsione economica.
È “guerra” tra Italia e Turchia: le parole pronunciate da Mario Draghi durante la conferenza stampa dello scorso giovedì - “con questi dittatori bisogna essere franchi, ma comunque è importante una cooperazione”- non sono piaciute al presidente turco Erdogan, il quale sembra pretenda delle scuse ufficiali.
Il commercio tra Italia e Turchia vale più di 10 miliardi l’anno, ed è per questo che Draghi ha sottolineato l’importanza di una cooperazione. Tuttavia, il trattamento riservato alla Von der Leyen, lasciata senza sedia, non è piaciuto al Presidente del Consiglio il quale non ha esitato a farlo notare alla prima occasione pubblica. Parole di solidarietà per la Presidente della Commissione Europea che tuttavia hanno fatto scoppiare la guerra diplomatica: da Ankara, infatti, sono arrivate le prime ritorsioni contro l’Italia con conseguenze per la nostra economia.
Cosa sta succedendo? Facciamo chiarezza.
La Turchia dichiara “guerra” all’Italia: ecco le prime ritorsioni
Non è un segreto che ad Ankara non abbiano preso bene le parole di Mario Draghi su Erdogan. Il Governo turco pretende le scuse ufficiali e al momento non sembra essere disposto ad accontentarsi di un chiarimento attraverso i canali diplomatici.
Scuse che Mario Draghi non sembra disposto a dare ed è per questo che dalla Turchia hanno scelto di dichiarare “guerra” alla nostra economia, boicottando alcuni contratti con le aziende italiane. Come riportato da Repubblica, infatti, le autorità turche hanno cominciato a lanciare segnali minacciosi: nessun atto ufficiale, ma una pressione nell’ombra comunque destinata a pesare sulla nostra economia.
La prima a pagare per lo scontro tra Erdogan e Mario Draghi è stata Leonardo, la holding tecnologica di controllo statale. È stata sospesa l’acquisizione da parte della Turchia di dieci elicotteri di addestramento AW169, un’operazione da oltre 70 milioni di euro; un affare che doveva essere il primo fra tanti (con un guadagno per il lungo periodo di oltre 150 milioni per Leonardo) e che ormai sembrava chiuso, come confermato a fine marzo dal Presidente delle Industrie della Difesa, il turco Ismail Demir.
Dopo le parole di Draghi, però, in Turchia hanno scelto di “congelare” l’affare: una chiara ritorsione che potrebbe essere la prima di tante altre.
Avvisi simili, con la sospensione di altri affari tra aziende italiane e turche, sono stati recapitati ad altre compagnie nazionali. Sempre Repubblica spiega che certamente si tratta di due società private più di Ansaldo Energia, proprietaria del 40% di un gruppo che da oltre un anno sta negoziando con le autorità turche per la gestione di oltre 100 milioni di debiti accumulati dalla centrale elettrica di Gebze (nella zona industriale di Istanbul).
Insomma, una pressione come per voler dire “Noi vi serviamo”. D’altronde lo scorso anno tra Italia e Turchia vi sono stati affari per oltre 17 miliardi di euro, basti pensare alla Ferrero che lì ha una delle produzioni più importanti di nocciole.
La Turchia dichiara “guerra” alla nostra economia: cosa farà l’Italia
Per il momento le ritorsioni della Turchia non preoccupano. Da Palazzo Chigi, infatti, riferiscono che la diplomazia è all’opera e che non serviranno scuse ufficiali per far rientrare la crisi.
Ma dalla Turchia le intenzioni sembrano diverse, basti pensare che nelle ultime ore diversi ministri turchi si sono scagliati contro l’Italia; ad esempio, Mustafa Varank, Ministro dell’Industria, ha dichiarato di “non accettare lezioni di democrazia da chi ha inventato il fascismo”. Poi ha parlato di immigrazione, facendo notare che “l’Italia lascia morire i richiedenti asilo”.
Insomma, nonostante il Governo minimizzi ci sono chiari segnali di tensione; vedremo se Draghi confermerà quanto detto in conferenza stampa, ossia se sarà “franco” nei confronti di Erdogan, non cedendo alla richiesta di scuse formali, ma se comunque verrà fatto il possibile vista “l’importanza di collaborare”.
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