Turchia dopo le sanzioni russe: stop al gasdotto Turkish Stream

Rosy Merola

7 Dicembre 2015 - 13:36

La crisi tra Russia e Turchia non si attenua. Dopo le sanzioni economiche di Mosca, Ankara congela il progetto del gasdotto Turkish Stream.

Turchia dopo le sanzioni russe: stop al gasdotto Turkish Stream

La Turchia ha intenzione di rivolgersi ad altri fornitori di energia diversi dalla Russia. A sostenerlo, nel corso di un programma televisivo, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, indicando il Qatar e l’Azerbaijian come possibili esportatori di risorse energetiche. Inoltre, il leader turco ha comunicato che Ankara ha deciso di congelare il progetto del gasdotto Turkish Stream, che avrebbe dovuto rifornire la Turchia (e gli altri paesi europei) mediante il gas proveniente dalla Russia, bypassando l’Ucraina. Una decisione che riflette i forti contrasti che – dopo l’abbattimento del jet russo da parte dell’aeronautica turca – sono in atto tra Mosca ed Ankara.

Leggi qui: Jet russo abbattuto, alta tensione tra Mosca e Ankara

Così, dopo la decisione russa di procedere con l’applicazione di sanzioni economiche a danno della Turchia – nonostante le rassicurazioni da parte di Mosca in merito al rispetto degli impegni contrattuali legati alle forniture energetiche –, Ankara ha deciso di correre ai ripari, firmando un accordo con il Qatar Petroleum per l’approvvigionamento di gas liquefatto. Inoltre, a Baku, Erdogan si è soffermato sia sulle forniture, che sulla possibilità di realizzare un altro gasdotto, il Tanap, che – qualora entrasse in funzione nel 2018 – permetterebbe di incrementare di 6 milioni di m3 le annuali importazioni di gas dall’Azerbaijian. Questo consentirebbe, inoltre, di raddoppiare anche il volume di m3 di gas importati dall’Iran, pari ad un flusso di circa 20 milioni all’anno.

Al momento, la Russia è il principale fornitore di energia della Turchia, a cui offre il 55% del suo fabbisogno di gas e il 30% di petrolio. Ankara, infatti, importa il 90,5% del suo petrolio e il 98,5% del suo gas naturale. Secondo gli analisti di JPMorgan, nel caso in cui si verificasse un ulteriore deterioramento dei rapporti tra le due nazioni, la Turchia potrebbe avere delle difficoltà per quanto concerne le sue importazioni energetiche.

Tuttavia, per la Russia chiuderle i rubinetti non sarebbe una decisione così facile da prendere, visto che il volume delle vendite ad Ankara oscillano intorno al 17% del totale delle esportazioni di Gazprom (una delle più grandi società del mondo dell’energia, la cui quota di maggioranza è controllata dalla Russia). Il secondo cliente dopo la Germania. Un lusso che il paese di Vladimir Putin non si può permettere, soprattutto dopo aver bloccato le forniture nei confronti dell’Ucraina.

La crisi tra Russia eTurchia congela il gasdotto Turkish Stream – Fino a qualche giorno fa, sembrava che la decisione di fermare il progetto che avrebbe dovuto rifornire la Turchia di gas proveniente dalla Russia, fosse da imputare a Vladimir Putin. Erdogan ha smentito ciò, puntualizzando che lo stop è partito da Ankara, dato che le loro richieste non erano state soddisfatte. Rimane in piedi, invece, la costruzione a Mersin, nel sud della Turchia, del consorzio pubblico Rosatom, la prima centrale nucleare del Paese, un progetto da 19 miliardi di euro, per il quale Mosca ha già erogato 2,8 miliardi.

Siglato un anno fa – il 7 dicembre 2014 ad Ankara – l’accordo sul gasdotto Turkish Stream puntava a realizzare una alternativa valida al progetto South Stream, anche quest’ultimo sfumato. Una nuova alleanza sul piano energetico che doveva tracciare un percorso nuovo rispetto a quello tradizionale, il quale avrebbe consentito di evitare il passaggio attraverso l’Ucraina.

Infatti, tramite 4 canali posti nel Mar Nero – unendo la costa russa e il porto bulgaro di Varna – il gas dalla Russia avrebbe raggiunto l’Europa attraverso la Turchia. Il titolare dell’appalto sarebbe stata la Gazprom e la prima linea del Turkish Stream (che, oltre alla Turchia, avrebbe dovuto raggiungere anche l’Europa meridionale attraverso la Grecia), doveva essere operativa dal dicembre del 2016, con una capacità complessiva annua di 63 miliardi di metri cubi di gas.

Adesso che il Turkish Stream sembra essere sfumato, inevitabile pensare ai possibili scenari geopolitici e finanziari che si potrebbero configurare per il resto dell’Europa e non solo.

(Foto: dailystorm.it)

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