L’area fra Louisiana e Texas ospita i produttori di circa il 20% dell’etilene al mondo. E i futures di polipropilene, polietilene ad alta densità e PVC venerdì hanno già toccato il record assoluto
C’è da sperare che l’uragano Ida abbia pietà. Prima di tutto, ovviamente, per gli abitanti della Louisiana, visto che già oggi si parla di vaste aree dello Stato che resteranno inabitabili per mesi e mesi, se dovesse colpire con la furia preventivata dai meteorologi e già dimostrata nel passaggio su Cuba.
In seconda battuta, per questo:
Fonte: Bloomberg
l’area statunitense del Golfo, infatti, ospita i produttori di circa il 20% dell’etilene al mondo. Tradotto, i prezzi della plastica già saliti alle stelle dopo le gelate di febbraio, rischiano di volare in orbita. Nemmeno a dirlo, i polimeri prodotti negli impianti - fra gli altri - di Exxon Mobile e Dow Inc. servono praticamente a tutto ciò che rappresenta un bene finito, dalle bottigliette di shampoo fino ai tubi dell’acqua. E i numeri parlano chiaro: venerdì i contratti per polipropilene, polietilene ad alta densità e PVC hanno toccato massimi record.
Parlando con Bloomberg, Jeremy Pafford, capo del mercato nord-americano per l’azienda di elaborazione dati ICIS, ha chiaramente detto che se l’impatto dell’uragano sulla produzione dovesse portare a un blocco superiore alle tre settimane, il prezzo del polipropilene potrebbe salire fino al 45% in più del livello attuale e arrivare a 4.000 dollari per tonnellate metrica. Di più, interruzioni di lungo termine potrebbero dar vita ad aumenti dei prezzi realmente stratosferici, un qualcosa che le supply chains e soprattutto i consumatori non potrebbero permettersi.
Con la stragrande maggioranza della capacity statunitense di resina plastica stoccata in Texas e Louisiana, il rischio potenziale è quello di carenze di materiali di fondamentale importanza che possano durare per mesi. Per Muhamad Fadhil, vice presidente della Argus Media, azienda di consulting che traccia le dinamiche dei prezzi sul mercato, un impatto sulla produzione simile a quello delle gelate di febbraio potrebbe mandare all’aria programmazioni, tassi di operatività e output. Un qualcosa che, oltretutto, andrebbe a innestarsi in un periodo particolarmente critico dell’anno come il quarto trimestre, quando la domanda globale di beni petrolchimici aumenta enormemente a causa delle festività e della richiesta crescente di prodotti finiti.
Insomma, da un lato domanda in aumento e offerta in drastico calo da interruzione delle produzioni. Dall’altro, quanto mostrato da questo grafico:
Fonte: Bloomberg
stando a dati dell’autorità di vigilanza dei porti di Los Angeles e Long Beach, i principali hub marittimi commerciali statunitensi, venerdì erano 44 i container in attesa al largo dei terminal contro il record precedente di 40 registrato lo scorso febbraio. Detto fatto, il tempo di attesa medio è salito da 6,2 giorni di solo metà agosto a 7,6 giorni di 36 ore fa. Praticamente, la tempesta perfetta. Anzi, l’uragano perfetto. Il tutto a fronte di tariffe dei noleggi che continuano a salire e aggiornare sempre nuovi record,
Fonte: Bloomberg
mentre la congestione comincia a montare anche nei porti della East Coast. Il rischio è quello di un Natale con gli scaffali mezzi vuoti. O i prezzi alla stelle.
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