Dubbi sul piano operativo di evacuazione e poche certezze sull’eventuale data di eruzione: monitorare il Vesuvio e proteggere i campani è un’ardua impresa.
Nel lontano 2015 Giuseppe De Natale, il direttore dell’Osservatorio Vesuviano, aveva confermato all’Linkiesta che il Vesuvio, insieme ai Campi Flegrei ed Ischia, è il vulcano più monitorato al mondo.
L’istituzione scientifica che si inserisce all’interno dell’Istituto nazionale di geofisica tiene sotto controllo la situazione del vulcano però non si può ancora rispondere con certezza ai tanti interrogativi temporali sull’eventuale prossima eruzione del Vesuvio.
Nonostante gli occhi degli esperti siano tutti puntati sul massiccio campano il piano di evacuazione da mettere in atto in quel caso sarebbe estremamente complicato.
Questo monitoraggio serrato ci aiuta piuttosto ad elaborare delle ipotesi e capire statisticamente cosa dovremmo aspettarci. I tempi di preavviso in caso di eruzione possono essere anche molto lunghi (mesi o anni) perché non esiste un tempo predefinito nel caso di una conformazione complessa come quella di un vulcano.
A raccontarlo ci ha provato anche Duilio Giammaria, direttore di Rai Documentari, con l’opera italo-francese “Sotto il vulcano”. Il documentario scientifico rivela infatti molti aspetti antropologici che non dobbiamo trascurare quando ci poniamo queste due grandi domande: cosa può succedere in caso di eruzione e soprattutto quali problemi dovranno essere affrontati?
Le prospettive degli esperti e i paragoni storici
Guardando al passato si traccia una linea ipotetica di previsione futura. Ad oggi le ipotesi più accreditate vedrebbero la formazione di una colonna eruttiva alta 10 o 20 chilometri sopra la bocca del vulcano con una caduta di bombe vulcaniche e blocchi intorno al cratere e di particelle di dimensioni minori (ceneri e lapilli) per diverse decine di chilometri.
La proiezione qui riportata è quella della Protezione Civile. La stessa nelle sue disposizioni pratiche farebbe riferimento all’assetto di mobilitazione di risorse umane delineato nell’ultimo piano di emergenza stilato ad hoc per il vulcano, quello elaborato tra il 2013 e il 2014.
Come dobbiamo immaginarci quest’evento però? I tecnici lo chiamano scenario “sub-pliniano” e gli attribuiscono un grado di probabilità di poco superiore al 70%. Il nome attribuito indica che questa sarebbe un’eruzione esplosiva minore di quella descritta e passata alla storia grazie agli scritti dell’autore latino Plinio ma comunque intensa e catastrofica. L’eruzione di tipo “pliniano” infatti distrusse Pompei nel 79 dopo Cristo ed è paragonabile solo all’eruzione del 1631.
A scanso di equivoci però è bene ricordare che gli scenari possibili sono molteplici e sono connessi a tre tipi di eruzioni diverse: pliniana, con Indice di esplosività vulcanica pari a 5 (1% di probabilità), sub-pliniana, con Vei pari a 4 e stromboliana violenta, con Vei pari a 3.
La normativa e il piano di evacuazione
Lo storico delle normative che verrebbero applicate in caso di emergenza si incardina su due date tecniche importanti ovvero quella del 2013 in cui è stata vietata la costruzione di nuove abitazioni in un’area circoscritta come zona rossa e quella del 1995.
Quest’ultimo è un riferimento importante perché stabilisce l’inizio dell’elaborazione di vari piani nazionali di intervento. Quello stilato nel 2014 ha portato al cosiddetto ampliamento della zona di rischio (da 18 a 25 Comuni) che prevede un programma di sgombero della zona in 27 ore complessive.
Nel momento in cui l’eruzione si dovesse verificare inoltre il compito di avvisare la popolazione a livello ufficiale spetterebbe al primo ministro in persona così come la decisione su quando dichiarare un’eventuale evacuazione. Il piano in questione prevede l’intervento immediato in una lista di comuni considerati “zona rossa” andando poi a scalare verso l’area non direttamente interessata dall’esplosione. C’è però anche una zona gialla, che comprende ben 63 comuni: «esterna alla zona rossa, è esposta a una significativa ricaduta di cenere vulcanica e di materiali piroclastici che potrebbero causare il collasso dei tetti».
Tutte queste persone sarebbero a questo punto dirottate in altre località italiane che rappresentano dei gemellaggi storici informati da tempo del piano. Alcune mete possibili sono, per citarne alcune, il Trentino Alto Adige e la Sicilia.
La più grande critica mossa alle carte attuali è però in loro poco aggiornamento e soprattutto la misura titanica che dovrebbe essere applicata per veder realizzato il piano. La strategia è oggi ritenuta poco realista anche solo se rapportata all’intera popolazione della città di Napoli.
© RIPRODUZIONE RISERVATA