Vitt: cos’è la sindrome trombocitopenia indotta da vaccino e cosa sappiamo del legame con AstraZeneca, Pfizer e J&J

Alessandro Gregori

15 Aprile 2021 - 13:23

Alcuni studi e ricerche provano a fare luce sulle trombosi che hanno colpito alcuni soggetti immunizzati con i sieri contro il coronavirus. Due le ipotesi allo studio, mentre l’Ema prenderà una decisione sul preparato di Jahnsenn entro la prossima settimana

Vitt: cos’è la sindrome trombocitopenia indotta da vaccino e cosa sappiamo del legame con AstraZeneca, Pfizer e J&J

Si chiama Vitt, ovvero trombocitopenia trombotica immunitaria indotta da vaccino, la sindrome che colpisce chi assume alcuni vaccini contro il coronavirus e che finora ha visto casi per i sieri di AstraZeneca, Johnson & Johnson e Pfizer-BioNTech. Oggi sappiamo qualcosa in più sulla questione. E le informazioni potrebbero essere decisive.

Vitt: cos’è la sindrome trombocitopenia indotta da vaccino

Ieri abbiamo parlato del legame tra vaccini e trombosi e delle ricerche che in questi mesi lo stanno investigando. Cosa sappiamo precisamente? Ad oggi è possibile soltanto osservare che questa rara sindrome è più frequente nelle donne di età compresa tra i 20 e i 55 anni, come la dentista di 26 anniricoverata al Policlinico di Milano.

Si tratta di un quadro clinico caratterizzato dalla diminuzione delle piastrine e dalla trombosi venosa che si può presentare anche nel cervello (e per questo all’inizio veniva definita come trombosi venosa cerebrale). I due studi pubblicati sul New England Journal of Medicine hanno analizzato un totale di undici casi, in prevalenza donne.

I sintomi che compaiono con un intervallo che va dai cinque ai venti giorni dalla somministrazione della prima dose del vaccino sono difficoltà respiratoria, dolore al petto, mal di testa, vertigini, vista offuscata e comparsa spontanea di lividi. Una caratteristica di questa malattia è la presenza di coaguli di sangue (ovvero i trombi) e le piastrine - che sono responsabili della coagulazione del sangue - vicine allo zero.

Cosa sappiamo del legame tra Vitt, AstraZeneca e J&J

L’Agenzia Europea del Farmaco (Ema) ha suggerito un legame tra i casi di trombosi atipica e la vaccinazione con AstraZeneca, ma le ricerche finora disponibili hanno investigato anche quello, possibile, con il siero di Johnson & Johnson e il preparato di Pfizer. In un articolo su Nature Sabine Eichinger, ematologa dell’università di Vienna, ha scritto che i problemi di coagulazione che si sospetta possano essere causati dai vaccini anti Covid che utilizzano un vettore virale assomigliano a quelli causati, sempre in rarissimi casi, dal farmaco anticoagulante eparina.

Nei casi osservati, ha scritto Eichinger, si verifica una combinazione di trombi, che si formano in luoghi atipici come il cervello e l’addome invece che nelle gambe, e di deficienza di piastrine, ovvero la parte del sangue che dovrebbe in teoria favorire la coagulazione. Questo fenomeno è simile alla cosiddetta trombocitopenia indotta dall’eparina, una reazione rarissima al farmaco.

«Su cosa potrebbe scatenare la reazione però ci sono solo ipotesi. Forse è qualcosa nel vettore, forse uno degli eccipienti del vaccino, forse qualcosa nel processo di produzione», sostiene l’articolo su Nature. Per fare luce sul problema l’Ema ha chiesto ad AstraZeneca diversi test di laboratorio ma sta anche supportando due distinti gruppi di ricerca indipendenti con base in Olanda, incaricati di far luce su possibili correlazioni tra vaccino e problemi di coagulazione, che dovrebbero dare i primi risultati entro un paio di mesi.

Il caso della sindrome indotta dall’eparina e le due ipotesi di correlazione

Il virologo Francesco Broccolo dell’Università di Milano Bicocca ha detto ieri all’agenzia di stampa Ansa che ci sono due fronti aperti nelle indagini sulla sindrome e sulle sue cause. La prima riguarda l’adenovirus, ossia il virus reso inoffensivo utilizzato nel vaccino AstraZeneca e in altri vaccini come navette per portare nelle cellule frammenti del materiale genetico del virus SarsCoV2; questi ultimi stimoleranno le cellule a produrre anticorpi. Utilizzano navette simili anche i vaccini Johnson&Johnson, Sputnik, Reithera e Cansino. Ci si domanda in particolare se giochi un ruolo la sequenza genetica chiamata SP (ossia peptide segnale) utilizzata per far esprimere meglio il materiale genetico del virus Sars-CoV-2 e stimolare così una maggiore risposta immunitaria.

La seconda ipotesi, ovvero quella di cui si parla negli articoli comparsi sul l New England Journal of Medicine, parte dall’osservazione di un’alta presenza di anticorpi contro un complesso eparina e fattore piastrinico 4 (PF4) una proteina che in condizioni normali si lega all’eparina, fluidificando il sangue. «Tutti e 16 i casi descritti - rileva Broccolo con l’Ansa - hanno un quadro clinico i cui sintomi somigliano alla condizione chiamata trombocitopenia indotta dall’eparina (HIT), nella quale anziché fluidificare il sangue, l’eparina causa coaguli, sebbene nessuno di questi pazienti fosse stato trattato con eparina. Quindi si va sempre più delineando la pista della trombocitopenia trombotica immunitaria indotta dal vaccino (Vitt) nella quale si rilevano gli anticorpi anti PF4/eparina come nella HIT».

Questa ipotesi è considerata attualmente più gettonata perché riguarda le modalità di produzione della proteina Spike. E questo spiegherebbe perché il problema riguarda sia i vaccini che utilizzano il virus-navetta, come AstraZeneca, sia i vaccini a RNA messaggero (mRna) come Pfizer.

Trombosi e vaccini: alla ricerca del nesso di causalità

A questo punto è bene sottolineare che in questo momento si parla soltanto di ipotesi di studio che le ricerche dovranno confermare. E non è possibile ad oggi dire quanto tempo dovrà essere impiegato per riuscirci. Ma la pista potrebbe portare a risolvere la problematica in tempi brevi. «Il fatto che le donne giovani siano le più colpite suggerisce un meccanismo di autoimmunità», ha detto oggi a Repubblica Andrea Cossarizza, immunologo dell’Università di Modena e Reggio Emilia.

«I problemi di autoimmunità sono infatti concentrati fra le donne di 20-50 anni. Raramente questi disturbi colpiscono al di sopra dei 60 anni. Se questa ipotesi sarà confermata, è ragionevole pensare che chi non ha avuto problemi con la prima dose non dovrebbe averne con il richiamo. Ma i punti da studiare e chiarire restano ancora molti». E se la trombosi dei vaccinati è molto simile a quella eparinica, allora la spiegazione potrebbe essere che «si scatena una reazione immunitaria che porta alla formazione di anticorpi contro Pf4», dice ancora il professore.

«Qualche componente del vaccino svolge un ruolo simile all’eparina, sempre con la formazione di anticorpi anti Pf4, ma per ora non sappiamo quale sia la molecola responsabile». E la cura? Si possono usare immunoglobuline e cortisonici ed è necessario evitare proprio l’eparina. Intanto ieri L’Ema ha fatto sapere in una nota che sta indagando su tutti i casi segnalati per J&J e e deciderà se è necessaria un’azione normativa.

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