Approvata la mozione nel Lazio per riconoscere la vulvodinia come malattia cronica e invalidante. Ma che cos’è? Ecco i sintomi e cause di una malattia che affligge circa il 15% delle donne in Italia
Dolore cronico e lancinante, bruciore e dispareunia. Sono solo alcuni dei sintomi della vulvodinia, una patologia caratterizzata da un dolore vulvare cronico che affligge circa il 15% delle donne, e che a oggi rimane una malattia “invisibile”.
A oggi per ottenere una corretta diagnosi di vulvodinia servono di fatto in media tra i 5-8 anni, se non si ha la fortuna d’incontrare un esperto/un’esperta specializzata in tale patologia.
Il tempo di attesa per la corretta diagnosi è spesso vissuto dalle pazienti come un vero calvario fisico, psicologico ed emotivo, causati spesso anche da quei medici che dovrebbero aiutarle e che invece, non essendo aggiornati, giungono alla conclusione che il dolore sia normale o che sia “solo nella loro testa”. Al dolore fisico si aggiunge quindi la stanchezza mentale per non essere state credute.
Infatti nonostante la vulvodinia sia stata finalmente riconosciuta come patologia a livello mondiale dall’OMS (l’Organizzazione Mondiale della Sanità) nel 2020, in Italia ciò non è ancora accaduto. Questa patologia è a oggi marginalizzata se non esclusa dal Sistema Sanitario Nazionale. È per questo che è fondamentale l’approvazione della mozione nel Lazio per riconoscere la vulvodinia come malattia cronica e invalidante. Ma che cos’è la vulvodinia? Quali sono i sintomi e le cause?
Che cos’è la Vulvodinia?
La vulvodinia è una patologia vulvare, caratterizzata principalmente da un dolore cronico a carico della vulva, dolore che può essere percepito come bruciore, scossa elettrica, punture di spilli. Per poter parlare di vulvodinia il dolore deve presentarsi da almeno 3 mesi. Questo dolore cronico solitamente è associato anche alla dispareunia, ossia dolore durante i rapporti sessuali, oltre che l’arrossamento dei tessuti.
Come spiegato in un articolo firmato dalla ginecologa Cristina Critelli, esperta in materia, la vulvodinia può essere spontanea o provocata. Nel primo caso il dolore può essere percepito dalla paziente “indipendentemente da uno stimolo preciso nell’area vulvare”, nel secondo il dolore è causato da uno stimolo diretto nell’area vulvare.
Pur colpendo circa il 15% delle donne, la patologia a oggi risulta ancora invisibile e non riconosciuta da molti ginecologi e ostetrici. Infatti in passato è stata classificata come psicosomatica o, addirittura psicogena, invalidando di fatto il dolore percepito dalla paziente. Per tale motivo è importante sensibilizzare a una formazione costante e innovativa sull’argomento, dato che si tratta di una patologia con evidenti studi scientifici e che può essere curata: si può guarire dalla vulvodinia.
Vulvodinia: quali possono essere le cause?
A oggi gli studi sulle cause della vulvodinia sono ancora in corso. Gli esperti ancora non possono determinare con certezza a cosa sia dovuta l’insorgenza della patologia. Molto probabilmente esistono più fattori scatenanti di questa reazione infiammatoria della vulva e dei nervi pelvici, che possono essere sia biologici e meccanici come un’ipertono del pavimento pelvico, oltre che psicologici. Alla vulvodinia spesso sono associate altre sindromi da dolore, come la sindrome del colon irritabile, la vescica dolorosa, la fibromialgia e l’emicrania.
Vulvodinia: quali sono sintomi
I sintomi della vulvodinia possono essere diversi e vari, consultando un’esperta nel settore i sintomi individuati sono i seguenti:
- bruciore d’intensità variabile nella zona vulvare
- dispareunia, dolore durante i rapporti, avvertito in diverse altezze, o al semplice sfioramento.
- bruciore postminzionale, dopo aver urinato.
- cistiti recidivanti
- ipertono della muscolatura pelvica. La condizione di dolore vulvare si associa spesso a una contrattura o ipertono dei muscoli del pavimento pelvico, che può essere presente da prima dell’insorgenza della vulvodinia, o essere causato dalla stessa patologia.
Vulvodinia: perché è giusto riconoscerla come malattia invalidante?
Per poter giungere a una diagnosi precocemente, per poter accedere alle cure, spesso costose, è fondamentale che la vulvodinia sia riconosciuta come patologia invalidante a livello nazionale.
Per questo è un grande passo in avanti l’approvazione all’unanimità della Regione Lazio della mozione per far riconoscere la vulvodinia, la neuropatia del pudendo e fibriomialgia come malattie croniche e invalidanti.
La mozione, proposta da Marta Bonafoni, impegna la giunta regionale e il presidente a “garantire assistenza adeguata”, e inserire queste patologie “nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA)”. Una delle richieste più importanti è quella di sgravare le pazienti delle spese sanitarie, spesso insostenibili e di avviare un percorso di formazioni e aggiornamento sulle patologie del personale sanitario. A questa però si deve affiancare campagne d’informazione, in modo che le donne possano avere gli strumenti per chieder aiuto.
Un primo passo importante per l’Italia, ma la strada è ancora in salita, come spiegato dal GAV - Gruppo Ascolto Vulvodinia. Infatti troppo spesso il dolore legato alla sfera intima della donna viene normalizzato, ma è giunto il momento di riconoscere che il dolore non è normale. Solo un dialogo aperto sulla sessualità e la salute femminile può smantellare la credenza che il dolore nella donna sia “normale” e “naturale”.
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