L’accettazione dell’eredità può avvenire anche in modo tacito: ecco in quali casi e come funziona.
Al contrario della rinuncia, l’accettazione dell’eredità può avvenire anche in modo tacito. I chiamati all’eredità, infatti, non devono necessariamente compiere una dichiarazione formale per comunicare la volontà di accettare, la quale si desume da comportamenti che la giurisprudenza considera inequivocabili. I chiamati all’eredità che intendono accettare non devono preoccuparsene troppo, mentre la questione è molto rilevante per chi è ancora indeciso sul da farsi.
L’accettazione, infatti, non è revocabile e pregiudica la possibilità di rinunciare. Allo stesso tempo, l’accettazione che avviene in modo tacito non permette di avvalersi del beneficio d’inventario, in quanto esiste una specifica procedura da rispettare per compiere questo secondo tipo di accettazione. Di conseguenza, in seguito all’accettazione tacita gli eredi subentrano nel patrimonio del defunto in modo proporzionale alla propria quota e devono rispondere anche di eventuali debiti ereditari. Non solo, mancando il beneficio d’inventario, anche il patrimonio dell’erede può essere attaccato dai creditori del defunto, che possono procedere con il pignoramento dei beni. È quindi fondamentale sapere in quali casi avviene l’accettazione tacita dell’eredità.
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Come funziona l’accettazione tacita dell’eredità
L’accettazione tacita dell’eredità si verifica molto semplicemente quando un chiamato all’eredità compie degli atti che spettano agli eredi. Di conseguenza, è anche possibile che l’erede accetti in modo involontario e nonostante ciò perda la possibilità di modificare la sua decisione. Può non essere semplice intuire le conseguenze di un evento simile, anche perché l’erede che non vuole entrare in possesso dei beni ereditari può cederli ai coeredi senza problemi.
L’accettazione tacita dell’eredità, infatti, non è un grosso problema per quanto riguarda i crediti e i beni ereditari, in altre parole nessuno può essere costretto a tenere dei beni o riscuotere dei crediti non voluti. In questo senso, ad avere natura problematica sono i debiti che derivano dall’eredità, non solo quelli del defunto ma anche ciò che concerne altri pagamenti come l’imposta di successione.
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L’erede che ha accettato in maniera tacite e inconsapevole presumibilmente non farà ulteriore utilizzo dei beni ereditari, ma, nonostante ciò, può essere obbligato a pagare ciò a cui è tenuto in quanto erede. I coeredi, ad esempio, possono citare in giudizio l’erede per ottenere il pagamento di una parte dell’imposta di successione, così come i creditori del defunto possono esercitare un’azione creditizia, sempre opponendo l’accettazione tacita.
In sintesi, avvenendo l’accettazione tacita l’erede può continuare a disinteressarsi del patrimonio ereditario ma è comunque obbligato rispetto alle posizioni debitorie. Si tratta di una conseguenza piuttosto pericolosa, perché l’accettazione tacita confonde il patrimonio del defunto con quello dell’erede. Quest’ultimo può quindi essere oggetto di pignoramento.
In quali casi avviene l’accettazione tacita
La regola generale è che configurino accettazione tacita quegli atti che possono essere compiuti soltanto dagli eredi e sono pertanto incompatibili con la volontà di rinuncia. È quindi necessario che i comportamenti posti in essere dall’erede non abbiano altro fine possibile (ad esempio conservativo) e appunto che l’erede non avesse altro diritto per compierli.
La legge individua con più precisione alcuni comportamenti che configurano accettazione tacita, mentre altri esempi sono riportati dalle numerose sentenze di Cassazione. Ecco, quindi, quali sono i comportamenti che rappresentano l’accettazione tacita dell’eredità:
- Possesso dei beni ereditari senza eseguire l’inventario entro 3 mesi dall’apertura della successione;
- donazione, vendita o cessione dei diritti ereditari (tra cui i contratti preliminari e la procura a vendere) in favore dei coeredi o di terzi;
- rinuncia dei diritti di successione svolta dietro corrispettivo o a favore di solo alcuni dei chiamati;
- pagamento dei debiti ereditari con i soldi del defunto;
- prelievo dei soldi del defunto;
- riscossione di un assegno intestato al defunto;
- richiesta di voltura catastale o di una concessione edilizia.
Si tratta di comportamenti che possono essere messi in atto soltanto dagli eredi e proprio in quanto tali, perciò incompatibili con la rinuncia. Al contrario, ci sono atti a fine informativo o conservativo che non pregiudicano la possibilità di rinunciare o accettare con beneficio d’inventario. Per fare un esempio, il pagamento dei debiti del defunto con il denaro personale dell’erede non costituisce accettazione, perché può avere diversi scopi. È altrettanto comprensibile la necessità del chiamato all’eredità di informarsi circa il testamento e la consistenza del patrimonio ereditario, quindi anche atti in tal senso non comportano accettazione.
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