Perché l’accordo sui dazi USA-Cina suscita preoccupazioni? Un’analisi degli effetti sugli scambi commerciali con altri Paesi
L’accordo sui dazi USA-Cina è stato appena siglato, suscitando l’euforia dei mercati internazionali. A pochi giorni dalla firma, però, si intensificano le analisi sulle conseguenze a lungo termine non solo negli scambi tra le due grandi potenze, ma anche nelle relazioni commerciali con gli altri Paesi mondiali.
L’ambizioso piano di acquisti cinese dagli Stati Uniti, infatti, potrebbe avere impatti non proprio positivi sulle economie degli altri Stati esportatori nella nazione asiatica.
Nonostante le rassicurazioni diffuse dai funzionari cinesi sul rispetto dei principi dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, restano perplessità sugli effetti dell’accordo sui dazi USA-Cina per alcuni mercati chiave nel rapporto import-export di Pechino.
Accordo dazi USA-Cina: quali effetti sugli scambi commerciali internazionali?
L’impegno della Cina di aumentare le importazioni dagli Stati Uniti a seguito di quanto stabilito dall’accordo commerciale potrebbe costare all’Unione Europea circa 11 miliardi di dollari l’anno prossimo.
A dichiararlo è stato uno studio dell’Istituto tedesco Kiel, il quale mette in guardia sul fatto che, con prezzi e costi commerciali mantenuti stabili, l’ingente quantità di acquisti cinesi dagli Stati Uniti ricadranno su Paesi terzi.
Non appena l’accordo sarà in vigore, quindi, le stime contano che probabilmente l’UE sarà costretta a cedere una quota di mercato acquisita nel grande partner commerciale asiatico.
Germania e Francia saranno particolarmente colpite e i maggiori effetti negativi per gli scambi del nostro continente si verificheranno per le merci quali aeromobili, veicoli, macchinari industriali e sanitari, prodotti farmaceutici e beni agricoli.
Tali preoccupazioni, che fanno seguito a quanto stabilito dall’accordo - ovvero importazioni cinesi per un valore di 200 miliardi di dollari - non riguardano soltanto l’Europa. Anche le esportazioni dall’Argentina, dal Brasile o dall’Australia potrebbero risentirne.
Uno dei beni centrali nell’intesa firmata tra Washington e Pechino, per esempio, è la soia. Il cereale, molto richiesto dalla nazione asiatica, attualmente viene acquistato in grandi quantità dal Brasile.
Stando ai parametri stabiliti dalla Fase 1, la quota degli Stati Uniti nelle importazioni cinesi passerà dal 10% del 2017 al 15% nel 2021, mentre quella dell’UE si ridurrà dal 16% al 15%. La parte delle importazioni dal resto del mondo crollerebbe dal 74% al 70%.
Altre tensioni commerciali nel dopo-accordo?
La guerra commerciale, quindi, rischia di non essere affatto finita. Anzi, l’allarme è che possa allargarsi ad altre aree del mondo che si sentono minacciate dai nuovi rapporti commerciali stabiliti dall’accordo dei dazi.
D’altronde, le perplessità sull’efficacia e sul reale funzionamento del patto sono diverse e riguardano differenti temi.
Se, infatti, da una parte stanno già emergendo dubbi sulla capacità cinese di acquistare i quantitativi di materie prime stabilite, dall’altra si sta invocando l’Organizzazione Mondiale del Commercio.
L’UE, per esempio, sta attualmente esaminando se l’accordo viola le norme dell’OMC e non ha escluso la battaglia legale per difendere i suoi commerci. Ci sarebbe, infatti, la violazione della non discriminazione nel libero scambio, con relativo danneggiamento di altri partner commerciali della stessa Cina.
Li Xingqian, funzionario del Ministero del Commercio cinese, ha voluto sottolineare che il rispetto del patto con gli USA non colpirà gli altri Paesi e gli acquisti avverranno sempre in un’ottica di competitività di mercato.
Sugli effetti dell’accordo USA-Cina, comunque, restano perplessità. Nonostante Pechino abbia rassicurato sulla domanda cinese in costante crescita, tutti gli altri Paesi mantengono alta l’attenzione.
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