Addio alla flat tax incrementale, bocciata dalla Ragioneria perché troppo costosa. Cosa resta? L’aumento della soglia di accesso da 65mila a 85mila euro per le partite Iva. Le ultime novità.
Novità sulle tasse per le partite Iva: la flat tax ci sarà, ma a metà. Cambia il parametro del limite della soglia di ricavi e compensi, ma salta la flat tax incrementale.
La flat tax incrementale è valida solo sull’aumento dei redditi dichiarati; quindi, l’aliquota del 15% verrebbe applicata solo all’aumento del reddito. La Ragioneria di Stato, però, ha bocciato la misura, giudicandola troppo costosa. Già 600 milioni di euro, infatti, verranno usati per alzare la soglia da 65mila a 85mila euro.
Il principio su cui si basa la flat tax è che le imposte da pagare non vengono calcolate sul reddito imponibile in maniera progressiva, ma in modo fisso, a differenza di quanto previsto dal sistema di tassazione a scaglioni Irpef. In pratica, quindi, al reddito imponibile si applica un’aliquota unica, attualmente del 15%. Questa imposta viene definita «sostitutiva» delle imposte sui redditi, delle addizionali comunali e regionali e dell’Irap.
Addio alla flat tax incrementale: le novità per le partite Iva
Sono giorni concitati, in cui le notizie e le smentite si susseguono in un ritmo serrato. D’altronde la legge di Bilancio va approvata entro il 31 dicembre. Il governo punta ad avviare l’iter alla Camera il 25 novembre. E alla fine la tanto contestata flat tax incrementale sembra non superare i primi ostacoli, legati alla sostenibilità economica della misura.
In un primo momento la tassa piatta incrementale doveva essere applicata a tutti, anche ai dipendenti, poi solo alle partite Iva fuori dal regime forfettario. Qualche novità per le partite Iva però c’è: sembra confermato l’innalzamento della soglia per applicare la flat tax al 15% da 65mila a 85mila euro.
La determinazione del reddito di chi applica la flat tax viene calcolato in modo forfettario, stabilito applicando ai ricavi o compensi un coefficiente di redditività variabile in funzione dell’attività svolta. I costi e le spese effettivamente sostenuti non sono deducibili.
I problemi della flat tax incrementale
A mettere in luce i problemi strutturali della flat tax incrementale è stato Carlo Cottarelli durante l’intervista rilasciata a Money.it: il primo è che nella proposta di FdI questa misura vale solo per un anno, quindi l’intervento dura molto poco. Un periodo di tempo troppo breve per capire se effettivamente un intervento del genere possa funzionare oppure no, quali aggiustamenti poter apportare, quali modifiche necessarie. Troppo poco, quindi, tanto che il senatore Cottarelli ha definito «una presa in giro» un intervento del genere.
L’altro problema è che due persone con lo stesso reddito in un anno, e con la stessa fonte di reddito (cioè redditi da lavoro) pagherebbero due tassazioni diverse. Facciamo un esempio pratico: l’anno precedente un lavoratore ha dichiarato 27mila euro, e l’anno successivo ne ha dichiarati 32mila. Con la flat tax incrementale ad essere soggetti alla nuova aliquota sarebbero solo i 5mila euro aggiuntivi, per un totale di 750 euro. Un altro lavoratore, invece, l’anno precedente ha dichiarato 50mila euro, e l’anno dopo 55mila.
Con la flat tax incrementale le tasse da pagare sarebbero sempre di 750 euro, nonostante la differenza i 20mila euro annui di fatturato tra questi due ipotetici lavoratori. Due lavoratori diversi con fatturati molto distanti andrebbero a pagare lo stesso importo di tasse. Da un lato è evidente come l’approccio sia, semplificando, «più si fattura e meno si pagano tasse», dall’altro lato soccombe la progressività, e il principio stabilito dalla Costituzione secondo cui ognuno deve contribuire secondo le proprie possibilità economiche impallidisce (a dir poco).
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