Nel giorno della Festa della Mamma scade il Family Act, la legge delega che consente al governo di introdurre una serie di bonus e agevolazioni. Che però non ci saranno.
Ironia della sorte: il 12 maggio 2024, giorno della Festa della Mamma, scade la legge delega conosciuta come Family Act che il governo Draghi aveva approvato per dare al governo la possibilità di introdurre nuovi bonus in favore delle famiglie.
Una legge che il governo Meloni ha ereditato ma che di fatto ha scelto di non attuare facendo così scadere i termini. Addio quindi a una serie di bonus famiglia (ipotetici) che sarebbero potuti nascere grazie al Family Act.
Le ragioni di tale decisione sono diverse: come spiegato dalla ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità, Eugenia Roccella, semplicemente quel provvedimento è stato superato da alcune decisioni prese dal governo Meloni che di certo non si è risparmiata nel riconoscere aiuti alle famiglie.
Va poi detto che probabilmente il piano contenuto nel Family Act era troppo oneroso per la situazione attuale, specialmente alla luce di altre decisioni prese dal governo Meloni che ad esempio ha scelto di favorire il sostegno dei salari attraverso il taglio del cuneo fiscale.
Ma quali sono i bonus ipotetici a cui dovremo dire addio dal 12 maggio? Ecco una lista di cosa prevedeva il Family Act del governo Draghi, fermo restando che non è detto che le misure previste non possano essere approvate comunque in futuro.
Addio a questi bonus dal 12 maggio 2024
Il Family Act, che va detto venne approvato all’unanimità con la sola eccezione di Fratelli d’Italia (unico partito all’opposizione) che si astenne, prevedeva tra le tante misure l’Assegno unico universale.
Non è stato quindi un provvedimento inutile, in quanto almeno un primo pezzo è stato attuato con l’Assegno unico che oggi rappresenta uno dei sostegni più importanti per le famiglie, anche per merito della maggiorazione in favore dei minori di 1 o 3 anni introdotta proprio dal governo Meloni con la legge di Bilancio 2023.
Tra gli altri punti di interesse della misura, vanno segnalati:
- rafforzamento delle politiche di sostegno alle famiglie per le spese educative e scolastiche, e per le attività sportive e culturali;
- riforma dei i congedi parentali, con l’estensione a tutte le categorie professionali e congedi di paternità obbligatori e strutturali;
- introduzione di incentivi al lavoro femminile, dalle detrazioni per i servizi di cura alla promozione del lavoro flessibile;
- incentivare il protagonismo dei giovani under 35, promuovendo la loro autonomia finanziaria con un sostegno per le spese universitarie e per l’affitto della prima casa.
Ad esempio, tra i bonus che dovevano essere riconosciuti doveva esserci quello per le spese educativi dei figli che per la prima volta avrebbe dovuto comprendere anche i libri scolastici (che, ricordiamo, a oggi non possono essere neppure portati in detrazione). E ancora, un bonus per le gite scolastiche (che va detto è stato comunque introdotto dal governo Meloni, seppure per il momento riservato all’anno scolastico in corso) e uno rivolto agli studenti che affrontano cure per disturbi dell’apprendimento o comunque con altre patologie.
E ancora, nel Family Act si parlava della possibilità di riconoscere ulteriori forme di sostegno per le famiglie numerose, come pure un bonus affitti per le giovani coppie e per gli studenti.
Il tutto con una revisione delle misure di congedo riconosciute in favore di padri e madri. A partire da un incremento dei giorni riconosciuti con il congedo di paternità, oggi pari a 10 giorni obbligatori pagati al 100%, come pure del congedo parentale con la possibilità di fruirne almeno fino ai 14 anni di età del figlio (oggi il limite è di 12 anni) riconoscendo un’indennità pari al 50% dello stipendio percepito (anziché il 30%).
Cosa ha fatto il governo Meloni per le famiglie
Il ministro per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità, Eugenia Roccella, ha spiegato le ragioni per cui il governo Meloni ha scelto di non dare seguito alla legge delega conosciuta come Family Act.
Semplicemente non c’è accordo con i punti del programma, per quanto comunque il governo sia intenzionato ad andare avanti con il suo piano di sostegno alle famiglie. La delega, quindi, sarebbe ormai superata.
Secondo i calcoli effettuati dal ministero a cui fa capo Roccella, solo nel 2024 sono 2,5 miliardi gli investimenti fatti in favore delle famiglie, a fronte di 16 miliardi di euro complessivi. Un conto che, va detto, comprende anche il taglio del cuneo fiscale applicato in busta paga che garantisce un incremento fino a 100 euro al mese per chi ha un reddito che non supera i 35 mila euro l’anno.
Ma tolta questa misura che si rivolge più genericamente ai lavoratori, cosa ha fatto davvero il governo per sostenere le famiglie e incentivare la natalità (con il nostro Paese che con appena 379 mila nuove nascite segna un altro record negativo)? Effettivamente non si può negare un sostegno generalmente positivo, per quanto manchino alcuni dei bonus che avrebbe previsto il Family Act.
Nel dettaglio, i meriti al governo Meloni vanno dati per aver:
- introdotto la maggiorazione dell’Assegno unico che riconosce un 50% della quota base ai figli di età inferiore a 1 anno, oppure fino a 3 anni in presenza di almeno 3 figli;
- aumentato da 100 a 150 euro la maggiorazione forfettaria riconosciuta con l’Assegno unico alle famiglie con almeno 4 figli a carico;
- previsto il pagamento di una nuova social card, la Carta Dedicata a te, in favore delle famiglie con Isee fino a 15 mila euro, del valore di 460 euro circa l’anno da spendere per fare la spesa, benzina e acquistare abbonamenti ai mezzi pubblici di trasporto;
- incrementato la misura del bonus nido, salito da 3.000 a 3.500 euro, per i figli successivi al primo (purché nati a decorrere dal 2024);
- aumentato l’indennità riconosciuta per i primi due mesi di congedo parentale portandola dal 30% all’80%. Per il secondo mese si scende però al 60% a partire dal prossimo anno;
- previsto il bonus mamme, sostegno al reddito delle lavoratrici con almeno due figli che si traduce in un esonero contributivo pieno con risparmi fino a 3.000 euro l’anno.
È vero quindi che il governo ha preso una strada diversa da quella rimarcata dal Family Act, per quanto ci siano dei punti in comune (come nel caso del congedo parentale). Saranno gli elettori a valutare se la strategia adottata è migliore o peggiore.
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