Mosca ammette di essere a corto di armi ma la mobilitazione dell’industria russa minaccia anche l’Occidente.
Dopo quattro mesi di logorante conflitto, per la prima volta, appare chiaro che Mosca sia a corto di armi e munizioni. Lo dimostra una proposta di legge avanzata presso la Duma giovedì 30 giugno, ma un possibile stato di difficoltà delle forze belliche russe non è certezza di ritirata o ridimensionamento degli sforzi sulla linea del fronte, anzi.
L’intelligence Usa, al contrario, lancia l’allerta e sottolinea come questa non sia affatto una buona notizia. L’affanno delle truppe rende plausibile uno scenario in cui Putin scelga di adottare strade alternative (maggiormente invasive) pur di mantenere alto il livello di minaccia potenziale.
Il capo del Cremlino infatti nelle sue ultime uscite pubbliche ha continuato a mostrarsi sicuro della riuscita dell’impresa, ed è proprio questa ostentazione a suscitare forti perplessità; potrebbe non trattarsi di semplice propaganda quanto piuttosto del preludio di una mobilitazione più massiccia indirizzata anche a bersagli diversi da quelli appartenenti al territorio ucraino.
Russia, si pensa a mobilitazione industriale
I fatti che hanno evidenziato le difficoltà militari dei russi hanno avuto luogo proprio in Russia, presso la Duma.
Il Cremlino ha presentato una proposta di legge federale che prevede che delle «misure economiche speciali» siano destinate al «controterrorismo e ad altre operazioni» fuori dai confini russi. Nello stesso testo c’è poi un riferimento alla necessità di riparare più rapidamente armi e attrezzature militari utilizzate «nell’operazione militare speciale in corso nei territori delle repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk e in Ucraina».
Altro cruciale obiettivo sarebbe quello di accedere alle «risorse materiali» nelle riserve statali e attuare una mobilitazione industriale «temporanea». Qualora questa proposta venga approvata, il Cremlino avrebbe a tutti gli effetti l’autorità per «stabilire regolamenti speciali in materia di rapporti di lavoro per alcune organizzazioni, e per stabilimenti di produzione selezionati».
Questo segnerebbe l’avvio di un lavoro straordinario di riorganizzazione di interi settori industriali che, quindi, verrebbero riconvertiti allo sforzo bellico per aumentare la capacità produttiva del comparto militare e riorganizzare la logistica dei rifornimenti.
Sta «andando tutto secondo i piani»?
Queste richieste tradiscono le difficoltà russe già evidenziate dall’uso che attualmente le forze in campo fanno delle riserve a disposizione. Mosca infatti impiega missili d’ogni tipo pur di attaccare; recentemente ha persino utilizzato sistemi anti-nave su target terrestri, sparando quindi centinaia di colpi in pochi giorni verso caserme, siti civili e presunti magazzini di armi ucraini.
Questa dura offensiva si aggiunge a una volontà dimostrativa della propria supremazia, visto che i russi hanno esibito, di nuovo, uno dei loro treni blindati. Il mezzo in questione, lo Yenisei, ha una corazzatura sommaria e a bordo trasporta mitragliatrici e blindati. Il suo scopo è pattugliare, mantenere la sicurezza sulla rete fondamentale per la logistica e trasferire equipaggiamenti e per farlo viene accompagnato, o meglio anticipato, da un elicottero d’attacco mandato in avanscoperta.
In linea con questo solido atteggiamento di facciata ci sono infine le parole di Putin, secondo cui «tutto sta andando secondo i piani». Il presidente russo l’ha detto in occasione della sua visita in Turkmenistan.
Intelligence Usa: «Putin valuterà anche il nucleare»
È proprio questa strenua volontà di non demordere e, se possibile, ampliare anche la base di rifornimenti per via federale, a dar da pensare all’Occidente. Se di fronte alle avversità materiali la posta in gioco per Putin va aumentata anziché contenuta e ridimensionata, allora la guerra durerà ancora «per un periodo esteso» e potrebbe spostarsi in alti punti caldi.
Questa perlomeno è l’interpretazione data dall’intelligence nazionale Usa. A parlare è stata proprio la direttrice dei servizi segreti, Avril Haines, che in un intervento a una conferenza organizzata dal dipartimento del Commercio ha affermato di «percepire una frattura fra gli obiettivi militari a breve termine di Putin in questa regione e le sue capacità militari; una mancata corrispondenza fra le sue ambizioni e quello che i militari sono in grado di ottenere».
Questo intervento oggi è al centro del dibattito non tanto per la constatazione della realtà logistica russa, quanto per i risvolti che questa crisi potrebbe avere. Sempre dalle ricostruzioni di Washington, si evince come Mosca ci metterà anni a ricostruire le sue forze e che, nel frattempo, dice sempre Haines, «è possibile che le forze facciano affidamento su mezzi come i cyberattacchi, i ricatti energetici o le armi nucleari per cercare di gestire e proiettare potere e influenza a livello globale».
Queste avvertenze sconfinano il perimetro dell’Ucraina. Sebbene la priorità di Putin resti progredire nel Donbass, secondo quanto riferisce l’agenzia di stampa russa Ria Novosti il presidente russo ha anche aggiunto che: «l’obiettivo finale è la creazione di condizioni che garantiscano la sicurezza della Russia stessa».
Si delinea quindi un stato di tensione latente anche verso Helsinki e Stoccolma. Sulla TV di Stato Putin del resto ha asserito che sarà inevitabile che le relazioni di Mosca verso Svezia e Finlandia si inaspriranno a causa della loro adesione alla Nato: «Tra noi è andato tutto bene, ma ora potrebbero esserci delle tensioni. Di certo ci saranno: è inevitabile se c’è una minaccia per noi».
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