L’allarme Covid in Cina preoccupa anche l’Italia, ma cosa sta succedendo veramente e quali possono essere le conseguenze? Lo spiega a Money.it il biologo molecolare Aureliano Stingi.
La situazione in Cina preoccupa l’Italia. Il timore di nuove ondate di Covid ha portato il ministro della Salute, Orazio Schillaci, a disporre l’obbligo di tamponi antigienici per tutti i passeggeri provenienti dalla Cina e in transito in Italia.
L’obiettivo è sequenziare il virus e capire se in Cina circolano altre varianti o nuovi virus che potrebbero essere più pericolosi. Ma, come spiega il biologo molecolare Aureliano Stingi a Money.it, si tratta di misure che servono principalmente a scopo di monitoraggio: in caso di positività di questi passeggeri, le regole da adottare devono essere le stesse previste per i positivi in Italia.
Al momento è difficile capire cosa sta davvero succedendo in Cina, con i nuovi contagi alle stelle e un alto numero di morti. Ciò che intanto ci si chiede è come reagiranno l’Europa e l’Italia di fronte a questa recrudescenza del Sars-Cov-2 in Cina e cosa potrà succedere nei prossimi mesi.
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Covid, cosa sta succedendo in Cina
Cosa sta succedendo davvero in Cina è difficile saperlo. I dati comunicati dalle autorità di Pechino sono quasi pari a zero e per ora - sottolinea Stingi - possiamo solo farci un’idea guardando le immagini che arrivano dalla Cina, facendo sempre “molta attenzione alla propaganda e alla contro-propaganda”.
Anche le stime fatte a livello internazionale sul numero di casi e decessi sono difficilmente attendibili, perché spesso vengono fatte basandosi su un virus diverso o su un diverso grado di immunità, riferendosi a dati europei. Peraltro non c’è nessuna certezza che la variante circolante oggi in Cina sia Omicron, anche se studiando l’evoluzione delle altre varianti in giro per il mondo e nei paesi confinanti sarà presto possibile ipotizzare quale sottovariante sia prevalente.
Covid, perché è tornato l’allarme in Cina
Quali sono le motivazioni che hanno riportato la Cina nel caos sul fronte della lotta alla pandemia? Le ragioni sono diverse, come spiega Stingi. C’è, per esempio, il fatto che parliamo di un Paese densamente popoloso, con zone in cui le misure igieniche non sono proprio eccellenti (pensiamo, per esempio, ai mercati in cui vengono venduti animali selvatici).
Le occasioni di contagio sono molte e il sistema sanitario non è all’altezza. Poi, il motivo principale è che la popolazione fragile in Cina è poco vaccinata e, quando lo è, ha solo una o due dosi, peraltro di un preparato “che è meno efficace di quelli a mRna”. Invece l’Europa continua a somministrare dosi e lo fa con vaccini aggiornati.
Poi ci sono due grandi problematiche. Innanzitutto il fatto che in tantissimi, in Cina, non hanno mai contratto il virus finora. Succede ora per la prima volta, senza infezioni pregresse né vaccini. Non a caso il biologo molecolare sottolinea come la situazione della Cina non sia paragonabile a quella di altri Paesi che utilizzano gli stessi vaccini.
Per esempio pensiamo al Perù, dove c’è una popolazione più giovane, è un Paese meno densamente popolato e che peraltro ha già avuto molti contagi (quindi la popolazione è entrata in contatto con il virus del Covid). Infine, un altro elemento decisivo per spiegare quello che sta succedendo in Cina oggi è la politica zero Covid.
Sicuramente, sottolinea Stingi, è il sistema migliore per proteggere i cittadini dal virus, ma “poi bisogna vedere se è fattibile: adesso, dopo tre anni, non era più perseguibile e se ne pagano le conseguenze”. Pensiamo al fatto che in Europa stiamo vedendo in questi mesi una recrudescenza di molti virus respiratori: “Immaginiamo lì, dopo la politica zero Covid, cosa potrà succedere. Ci può essere un’ondata pazzesca di influenza e di altri virus che non hanno circolato per 2-3 anni”. Inoltre la strategia zero Covid è stata abbandonata in maniera radicale, non gradualmente come avvenuto in Italia e in Europa dopo il lockdown.
Tamponi in aeroporto e quarantena: servono davvero?
In Italia ci sarà l’obbligo di effettuare tamponi per chi arriva dalla Cina. Una misura che “a livello di salute pubblica non ha alcun senso”, spiega Stingi. Ma che invece serve per il monitoraggio: “Faccio un esempio estremo, se arriva dalla Cina un Sars-Cov-3 così lo so subito e sono informato sulle varianti o altri virus, è utile”.
Lo stesso discorso vale per altre misure, anche in più drastiche, come l’ipotesi di una quarantena per chi arriva dalla Cina. Restrizioni che possono avere senso in un primissimo momento, fino a che non ti assicuri che non esistano virus o varianti nuove. Ma se, per esempio, scopri che il virus che circola in Cina è Omicron 5 allora “non servono regole più dure”. Un positivo proveniente dalla Cina deve essere trattato, secondo Stingi, esattamente come un positivo in Italia.
Rischio nuove varianti Covid più pericolose in Cina?
Una delle ipotesi di cui si parla in questi giorni è che l’alta circolazione del virus in Cina possa causare la nascita di una nuova variante, più pericolosa di quelle attuali. È possibile che questo accada, conferma Stingi, ma bisogna capire quanto sia realmente probabile. Il ragionamento da cui partire è che se il virus non ha ostacoli - come non dovrebbe averne Omicron in Cina - non ha un vero motivo di evolversi in qualcosa di diverso.
È vero che ogni volta che si replica una persona ha nuove occasioni di accumulare mutazioni, “ma in questo momento non c’è un vero contrasto” alla sua diffusione. Per ora, quindi, il rischio potrebbe non essere altissimo, ma di certo non può essere escluso.
Covid in Cina, qual è il vero rischio per l’Italia?
L’ondata di casi in Cina rappresenta un rischio reale per l’Italia e l’Ue? Di certo qualche pericolo c’è ma, come sottolinea Stingi, al momento non c’è una grandissima preoccupazione neanche tra i virologi: “Più andiamo avanti, più siamo vaccinati e immunizzati e più la probabilità di una nuova variante killer è bassa”.
Difficile, quindi, che si pensi di tornare a regole più stringenti per fronteggiare il Covid, a meno che non arrivi un virus nuovo, che il nostro sistema immunitario non ha mai incontrato. Altrimenti non sembra esserci molto di cui preoccuparsi, perché a livello di singoli “siamo pronti a fronteggiare” anche altre varianti, come è successo per esempio con Omicron, che era completamente differente da Delta.
Ora, quindi, non ci sono elementi per ritenere che l’Italia e l’Ue possano tornare indietro sulle restrizioni anti-Covid. La Cina, ora, sta solamente “dimostrando che o fai le cose fatte molto bene con i lockdown totali, oppure le formule ibride non servono: tanto vale prepararsi con vaccini, farmaci e la protezione di chi è più a rischio”.
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