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Amazon: il business dei resi e rimborsi vale milioni di dollari

Marco Ciotola

24 Luglio 2019 - 21:59

Un 24enne della Florida ha truffato Amazon per più di 230mila dollari, una coppia dell’Indiana per oltre un milione di dollari. Ma per la compagnia sono spiccioli

Amazon: il business dei resi e rimborsi vale milioni di dollari

Il fatto che al momento praticamente nessuna perdita economica, anche di entità massiccia, sarebbe in grado di pesare sulle casse di una delle società più potenti della storia, non vuol dire che Amazon sia esente dal registrare quotidianamente perdite derivanti da truffe, in prevalenza dal cosiddetto business dei ’resi e rimborsi’.

Non è la prima volta che si sente parlare di raggiri quantificabili in centinaia di migliaia di dollari da parte di utenti o gruppi di utenti che, dopo aver segnalato danni inesistenti a oggetti acquistati, incassano il rimborso e intascano il margine di guadagno che ne deriva.

Il più delle volte sono dispositivi elettronici, in quanto articoli di valore economico elevato. Può trattarsi di un singolo utente che ci prende la mano dopo aver sperimentato la relativa semplicità delle operazioni, o di vere e proprie associazioni a delinquere, che coinvolgono più persone e più indirizzi di consegna, con guadagni che possono superare il milione di dollari.

Amazon: le truffe dei resi e rimborsi

La politica di Amazon per quel che riguarda le segnalazioni di problemi con i prodotti ordinati è molto aperta. La compagnia è pronta a mostrare il più delle volte il cosiddetto ’spirito conciliativo’, accogliendo le richieste se verosimili e formulate correttamente.

In più, in un’ottica di fidelizzazione dei clienti mostratasi di incredibile successo, anche i rimborsi trovano facilmente spazio in casi simili, e non è raro che l’utente finisca per tenersi il prodotto che ha segnalato essere danneggiato, ottenerne uno nuovo e anche il rimborso.

Di un simile scenario, inutile specificarlo, c’è chi prova ad approfittarne dando vita a un vero e proprio business; è così che un 24enne della Florida ha sottratto ad Amazon un totale di 230mila dollari in appena 4 mesi.

Il suo schema d’azione era incredibilmente semplice: acquistava articoli tech cambiando ogni volta account Amazon e mail collegata, affidandosi ad amici per segnalare diversi indirizzi di consegna fisici.

In questo modo ha fatto più di 800 richieste di rimborso accolte con successo, e motivate con l’arrivo a destinazione di dispositivi rotti o danneggiati; talvolta ne segnalava persino il mancato arrivo, circostanza che gli ha più volte garantito di avere due articoli a titolo praticamente gratuito più un rimborso di natura economica.

Una coppia dell’Indiana ha invece truffato la compagnia di Jeff Bezos per 1,2 milioni di dollari nel corso del 2018, utilizzando più o meno le stesse modalità anche se in maniera più massiccia: la richiesta di sostituzione e rimborso ha riguardato 3.000 articoli tech.

Le contromosse della compagnia?

Situazioni del genere hanno cominciato a rimbalzare anche sulla stampa internazionale già dal lontano 2015. E Amazon? Non fa nulla a riguardo?

La compagnia sta di sicuro rinforzando il suo staff e intensificando i controlli, ma va precisato che perdite simili sono praticamente irrilevanti per la multimiliardaria compagnia di Jeff Bezos, e non possono in nessun modo condizionarne gli affari o l’andamento in Borsa.

A tal proposito Michael Benza, professore di diritto penale alla Case Western Reserve University, ha spiegato in un’intervista rilasciata a Vice il meccanismo che rende frodi simili oggetto di scarsa attenzione da parte della compagnia, almeno finché i resi non cominciano a moltiplicarsi:

“Le cifre legate alle truffe sono molto elevate, eppure si tratta di numeri irrilevanti per Amazon, assolutamente non in grado di condizionarne l’andamento in Borsa”.

Ma - aggiunge Benza - il fatto che le contromosse della compagnia non sembrano così diffuse - o almeno così note - non vuol dire che la stessa non abbia già in seno le capacità di reagire a simili illeciti:

“Se tanti clienti dovessero fare questo scherzetto, l’azienda comincerebbe a notare le uscite anomale, e credo che in casi simili avrebbe tutte le possibilità per mandare un messaggio chiaro ai cyber-criminali”.

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