Assegno di inclusione, quanto dura davvero e quante volte si può rinnovare

Simone Micocci

17 Ottobre 2024 - 12:16

Sai dopo quanto scade l’Assegno di inclusione? E quante volte può essere rinnovato? Facciamo chiarezza.

Assegno di inclusione, quanto dura davvero e quante volte si può rinnovare

Nonostante si stia per concludere il primo anno dell’Assegno di inclusione, entrato in vigore a gennaio scorso in sostituzione del Reddito di cittadinanza, c’è ancora molta confusione tra i beneficiari riguardo alcuni aspetti fondamentali della normativa, come ad esempio sulla durata del beneficio.

Molti si chiedono quanto dura l’Assegno di inclusione, ossia quando la misura decade e i pagamenti vengono sospesi. Fermo restando che la prestazione è comunque vincolata al mantenimento dei requisiti previsti per tutto il periodo di fruizione, e che ci sono sanzioni che possono comportare la decadenza anticipata, per l’Assegno di inclusione è previsto un termine oltre cui in ogni caso si perde il diritto al beneficio, con la possibilità però di rinnovarlo.

Lo stesso valeva per il Reddito di cittadinanza, ma con una durata differente da quella dell’Assegno di inclusione. Fino allo scorso anno, infatti, il beneficio decadeva trascorsi 18 mesi, con la possibilità di rinnovo osservando un mese di sospensione. Rinnovo che poteva essere effettuato per infinite volte.

Più o meno lo stesso schema è stato mantenuto per l’Assegno di inclusione, per quanto però diventi più rigido. Come chiarito dall’Inps nella circolare n. 105 del 2023, infatti, la durata dell’Assegno di inclusione è ridotta dopo il primo rinnovo.

Quanto dura l’Assegno di inclusione?

Così come per il Reddito di cittadinanza, anche per l’Assegno di inclusione bisogna conteggiare 18 mensilità percepite, dopodiché la misura decade.

Di fatto, considerando che il primo pagamento per alcuni c’è stato già a gennaio 2024, la prima scadenza è di fatto in programma a giugno 2025, ultimo mese in cui queste famiglie riceveranno l’Assegno di inclusione (nel mezzo dovranno rinnovare l’Isee, probabilmente entro la fine di gennaio 2025 per scongiurare la sospensione). Luglio 2025 sarà invece l’ultimo mese per chi lo prende da febbraio 2024 e così via.

La decadenza non è però irrevocabile, in quanto vi è la possibilità di rinnovo. Basterà quindi presentare una nuova domanda, con Isee in corso di validità per tornare a beneficiare dell’Assegno di inclusione. La durata però non sarà più di 18 mesi, ma verrà ridotta a 12 mensilità.

Quando si può fare domanda di rinnovo dell’Assegno di inclusione

Il rinnovo è consentito previo l’osservazione di un periodo di “pausa”, pari a un mese.

Questo significa che tra due periodi in cui si percepisce dell’Assegno di inclusione ci sarà sempre almeno una mensilità non pagata. Per far sì che possa essere così è necessario avanzare la nuova domanda nel mese successivo a quello in cui l’Inps paga l’ultima ricarica.

Consideriamo ad esempio una famiglia che a giugno 2025 prende l’ultimo mese di Assegno di inclusione. Questa potrà chiedere il rinnovo a luglio e in caso di esito positivo i pagamenti riprenderanno da agosto 2025. A luglio, invece, non spetta alcunché.

Per quante volte si può rinnovare l’Assegno di inclusione

Leggendo tra i vari commenti sul web abbiamo notato una certa incertezza rispetto alla durata dell’Assegno di inclusione. In particolare, c’è chi ritiene che la misura possa essere “rinnovata una sola volta”.

Ma non è così e a chiarirlo è proprio l’Inps nella circolare n. 105 del 2023 dove si legge:

“Il beneficio economico dell’Adi, secondo quanto previsto all’articolo 3, comma 2, del decreto-legge n. 48/2023 è erogato mensilmente per un periodo continuativo non superiore a diciotto mesi e può essere rinnovato, previa sospensione di un mese, per periodi ulteriori di dodici mesi. Allo scadere dei periodi di rinnovo dei dodici mesi è sempre prevista la sospensione di un mese”.

Queste parole non lasciano spazio a diversa interpretazione: anche l’Assegno di inclusione come il Reddito di cittadinanza può essere rinnovato per infinite volte, con la sola differenza che in questo caso i periodi di fruizione successivi al primo hanno sempre una durata di 12 mesi. Ogni anno, quindi, l’Inps “risparmia” una mensilità visto l’obbligo di sospensione di almeno un mese tra un periodo all’altro.

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