L’insicurezza economica è una bomba già esplosa nel mondo e gli ultimi eventi politici che stanno sconvolgendo diversi Paesi lo dimostrano. Un’analisi illustra i pericoli del nostro tempo.
Stanno accadendo fatti politici destabilizzanti e violenti in queste settimane in diverse parti del mondo. Dallo shock elettorale francese alle proteste di massa in Kenya fino al colpo di Stato boliviano, questi eventi sono solo apparentemente lontani gli uni dagli altri.
Ad accomunarli, in realtà, c’è il crescente disagio economico ormai non più nascosto, che le popolazioni stanno esternando in Paesi poveri come in quelli sviluppati e sulla carta “ricchi”. La suggestione è di un interessante articolo di Alan Crawford su Bloomberg. Nel fotografare il contesto mondiale in questo fine giugno così concitato in tutte le latitudini del globo, l’esperto non ha potuto nascondere che la bomba dell’insicurezza economica sembra essere davvero esplosa.
Il punto è che dietro ogni avvenimento politico, come può essere lo scioglimento del Parlamento francese o il golpe militare fallito in Bolivia, si cela un intreccio di frustrazioni e fallimenti economici. I quali, a loro volta, sono frutto spesso di politiche populiste e nazionaliste, divergenze tra classi sociali sempre più profonde, povertà salariale, tassazioni inique.
In sintesi: l’insicurezza economica dei cittadini, figlia anche di diritti negati e di ingiustizie sociali oggi giunte ai massimi livelli, si sta trasformando in instabilità politica diffusa. Il pericolo è di un’economia mondiale frammentata, debole, di facile sfogo in violenza ed estremismi.
Perché il mondo è vittima dell’incertezza economica?
Alan Crawford ha preso in rassegna gli ultimi eventi di politica internazionale per lanciare un allarme economico mondiale.
Il fallimento dell’insurrezione in Bolivia ha riportato in primo piano il fatto che la nazione andina è una delle più instabili del Sud America, con un record di colpi di stato nel corso dei suoi 200 anni di storia. Il tentativo di ieri si è concluso poche ore dopo l’assalto delle truppe al palazzo presidenziale. Tuttavia, quello che resta è una carenza di carburante, una valuta forte e crisi finanziaria incombente.
Nel frattempo, in Kenya, il presidente William Ruto ha fatto marcia indietro ieri sul progetto di aumentare 2,3 miliardi di dollari in nuove tasse, dopo che il disegno di legge proposto ha scatenato le proteste della popolazione, già alle prese con l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari e l’elevata disoccupazione giovanile.
Due soli esempi, secondo il giornalista, che aiutano a capire quanto...“nonostante tutti i discorsi di populismo, guerre culturali e crescente sentimento anti-immigrazione, l’economia è ancora alla radice di ogni successo o fallimento politico”.
L’analisi ricorda anche come la vittoria zoppa di Modi in India sia frutto anche di disuguaglianze alle stelle dimenticate dalla politica, con la retorica del presidente concentrata piuttosto sull’esaltazione etnica degli indù.
Non solo. Dai gilet gialli alle proteste contro le pensioni, il presidente Emmanuel Macron probabilmente non si troverebbe nella sua attuale situazione elettorale se avesse avuto più successo nell’aiutare gli elettori francesi in difficoltà a sentirsi più sicuri economicamente, ha notato Crawford.
Nel Regno Unito, i conservatori del primo ministro Rishi Sunak si avviano verso una sonora sconfitta alle elezioni del 4 luglio, raccogliendo anche i cocci dei danni provocati dalla Brexit che non sono stati affrontati adeguatamente.
In sostanza, “in un anno di elezioni, è già chiaro che l’economia continua a governare le scelte degli elettori”, ha concluso Crawford. Quell’economia, mi permetto di aggiungere, che deve oggi saper leggere e affrontare disuguaglianze e mancanza di diritti in un contesto in cui le sfide ecologiche, tecnologiche, geopolitiche, demografiche rischiano di essere tutte perdenti.
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