I no green pass hanno realizzato un’autodichiarazione alternativa alla certificazione verde: ma è davvero legittima? Va chiarito fin da subito: non mette al riparo da sanzioni.
C’è un modello di autodichiarazione - di cui di seguito vi riportiamo il Fac-Simile - che gira nei gruppi Whatsapp e Telegram frequentati da no vax e no green pass: un documento che secondo coloro che lo firmano ha una valenza alternativa a quella della certificazione verde e che dunque dovrebbe essere sufficiente per accedere ai servizi in cui questa è richiesta.
Secondo chi sostiene l’idea del no green pass, infatti, l’obbligo della certificazione verde lede i diritti dei cittadini. Questa, infatti, avrebbe carattere discriminatorio, in contrasto con quanto stabilito da regolamento e statuto dell’Unione Europea.
Ed è per questo che dalla collaborazione tra i no green pass è nato un modello di autodichiarazione che questi hanno cominciato a presentare per accedere a bar e ristoranti, per utilizzare mezzi di trasporto senza limitazioni e per lavorare in quei luoghi in cui il green pass è obbligatoriamente necessario (si pensi, ad esempio, ai lavoratori della scuola). Ma davvero questa autodichiarazione è un “lascia passare”? La realtà è ben diversa e quanto sta succedendo in questi giorni lo dimostra.
No green pass: la “battaglia” tra controllori e controllati
Per capire il modus operandi dei no green pass, suggerito all’interno dei vari gruppi Telegram frequentati dagli attivisti, basti guardare a quanto successo all’ingresso dell’Istituto Superiore Erasmo da Rotterdam, a Nichelino (Torino), dove una collaboratrice scolastica sprovvista di certificazione ha deciso di presentarsi regolarmente al lavoro, in barba ai nuovi obblighi imposti dalla legge italiana, presentando appunto il modello di autodichiarazione suddetto nel quale si legge che:
Vista la risoluzione 2361/2021 del Consiglio d’Europa, visto il regolamento e statuto dell’Unione Europea, a fronte del Regolamento del Parlamento Europeo che vieta la discriminazione fra coloro che hanno ricevuto una o più dosi del vaccino, coloro che non hanno potuto riceverlo e coloro che hanno scelto di non essere vaccinati, con il presente documento, ai sensi e per gli effetti dei regolamenti (e giù una lunga serie di commi, ndr), autocertifico il diritto di ingresso in ogni ambiente previsto dalla certificazione verde; il diritto di utilizzo dei trasporti e il diritto di frequenza di tutte le scuole nelle stesse identiche modalità.
Un modello di autodichiarazione che ovviamente non è riconosciuto dalla nuova legge sul green pass, la quale stabilisce che possano lavorare nelle scuole solamente coloro provvisti della certificazione, ossia i vaccinati, chi risulta negativo al test Covid effettuato nelle 48 ore prima o i guariti da massimo 6 mesi. Nessuna autodichiarazione può, per legge, sostituire quest’obbligo, salvo i casi in cui si tratti di persone che per certificati motivi di salute sono esonerate dall’obbligo del green pass.
Per questo motivo, il professore delegato dalla dirigente scolastica dell’Istituto non ha potuto fare entrare la collaboratrice scolastica, la quale a sua volta ha reagito come suggerito appunto nei gruppi no green pass: denunciando il “controllore” per abuso d’ufficio.
D’altronde, il professore non poteva fare altrimenti: non è nei suoi doveri, infatti, verificare se una tale autodichiarazione fonda effettivamente su basi solide. Ad oggi è a tutti gli effetti un’autodichiarazione non valida, in quanto appunto non riconosciuta dalla legge italiana: è inutile quindi utilizzarla per accedere laddove è richiesto il green pass in quanto l’esito sarebbe sempre lo stesso, ossia innescare una “battaglia” tra controllori e controllati dove ognuno prova a far valere le proprie ragioni.
Autodichiarazione no green pass: cosa rischia chi la utilizza?
Dal momento che oggi l’autodichiarazione no green pass non è riconosciuta dalla legge italiana, chi la utilizza si espone alle stesse sanzioni previste dalla legge per chi è senza certificazione nei luoghi dove questa è obbligatoria.
Ossia, una sanzione che a seconda dei casi va dai 400 ai 1.000 euro. Per chi è senza green pass a lavoro, dove questo è richiesto (come nella scuola), scatta invece la sospensione del servizio (e dello stipendio).
Presentando una tale autodichiarazione si vuole far passare il principio secondo cui il green pass contrasti con quanto stabilito dalla normativa comunitaria nella parte in cui viene stabilito che gli Stati membri non possano “discriminare” coloro che non risultano vaccinati. Vi abbiamo già parlato del motivo per cui il green pass non lede i principi costituzionali: ci limitiamo ad aggiungere che la certificazione verde non richiede necessariamente il vaccino in quanto vi è comunque la possibilità di riceverla semplicemente sottoponendosi a tampone.
Ma non siamo noi in questa sede a dover dire se effettivamente quanto sostenuto dai no green pass è legittimo o meno. Secondo la legge italiana no, tant’è che in presenza di una tale autodichiarazione scatta comunque la sanzione; ma non è detto che qualora il contenzioso dovesse arrivare in tribunale non ci possa essere un giudice che riconosca le proprie ragioni.
Ma è bene conoscere fin da subito cosa si rischia: l’autodichiarazione non mette a riparo da sanzioni, alle quali ovviamente si può fare ricorso in tribunale. Con tutti i rischi - e i costi - che ne derivano.
Sarà il giudice incaricato poi a valutare se effettivamente il green pass è lecito o meno e se aver presentato una certa autodichiarazione (che vi riportiamo di seguito per onor di cronaca) è sufficiente per poter accedere a un determinato servizio.
Attenzione però: ricordiamo che il Tribunale di Roma ha già chiarito che non spetta al giudice ordinario valutare la legittimità di una tale certificazione. Rispondendo a un’associazione di utenti e consumatori - denominata Diritto e Mercato - che ha presentato ricorso contro il green pass, infatti, questi hanno risposto dicendo che:
Ogni valutazione sul decreto e sull’eventuale e generica lesione di diritti non attiene a un giudice civile. E questo perché si tradurrebbe in una valutazione di legittimità costituzionale che, semmai, può essere sollevata alla Corte costituzionale da un magistrato nel corso di un giudizio pendente. In altri termini, il giudice del Tribunale civile chiude la strada a chi intenda mettere in discussione il Green Pass.
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