Avviso di conclusione indagini preliminari, cosa significa

Ilena D’Errico

6 Ottobre 2024 - 00:20

Cosa comporta l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, cosa contiene e cosa succede dopo la sua notifica.

Avviso di conclusione indagini preliminari, cosa significa

L’avviso di conclusione delle indagini preliminari è un atto davvero fondamentale, che garantisce la possibilità di difesa dell’indagato e di conseguenza la validità dell’intero processo penale. Di norma, infatti, l’avviso di conclusione delle indagini preliminari è anche primo atto d’accusa formale ricevuto dal soggetto sospettato di aver commesso un reato.

Nella stragrande maggioranza dei casi, peraltro, è proprio con questo documento che si viene a conoscenza delle indagini avvenute a proprio carico. Questo perché la procura non è tenuta ad avvisare preventivamente il cittadino, che può venire a conoscenza dell’iscrizione nel registro degli indagati con anticipo soltanto presentando un’apposita richiesta (articolo 335 del Codice di procedura penale), presumibilmente dietro un qualche sospetto.

Le indagini preliminari restano comunque coperte dal segreto istruttorio, mentre l’avviso di conclusione mette a disposizione dell’indagato e del suo difensore tutti gli atti che hanno portato alla formulazione dell’accusa. In questo modo viene garantita fin dall’inizio la difesa, utile anche a ridurre i tempi processuali laddove superfluo. La chiusura delle indagini preliminari, infatti, è indice del convincimento del pubblico ministero, debitamente motivato ma assolutamente non concludente dal punto di vista della responsabilità penale.

Chi lo riceve

L’avviso di conclusione delle indagini preliminari viene notificato all’indagato e in alcuni casi anche alla (presunta) vittima del reato o comunque al suo avvocato. Per esempio, la persona offesa riceve questa comunicazione quando ha denunciato i reati di stalking e maltrattamenti.

Cosa c’è scritto

L’avviso di conclusione delle indagini preliminari comunica all’indagato, per l’appunto, che sono terminate le indagini a suo carico e indica anche tutte le informazioni necessarie alla comprensione del fatto contestato. In particolare, il documento enuncia:

  • una sintesi del fatto contestato;
  • le norme di legge presumibilmente violate;
  • la data e il luogo in cui si sarebbe verificato il reato.

Dall’avviso di conclusione delle indagini preliminari l’indagato apprende anche di poter prendere visione ed estrarre una copia del fascicolo depositato in cancelleria, contenente tutta la documentazione sulle indagini. Non si tratta dell’unica facoltà dell’indagato, che dalla notifica ha 20 giorni per esercitare il proprio diritto di difesa e in particolare può:

  • presentare memorie difensive;
  • produrre documenti da integrare;
  • depositare i documenti relativi alle investigazioni difensive;
  • chiedere al pubblico ministero il compimento di atti di indagine che avrebbe dovuto svolgere;
  • recarsi dal pubblico ministero per rilasciare delle dichiarazioni;
  • chiedere un interrogatorio (senza che la richiesta possa essere rifiutata dal pubblico ministero, che può invece delegarla alla Polizia giudiziaria) entro 30 giorni e ovviamente in presenza del proprio avvocato.

Cosa succede dopo?

A seguito delle eventuali richieste avanzate dall’indagato e soprattutto dal loro esito, il pubblico ministero può richiedere al giudice l’archiviazione del procedimento oppure disporre il rinvio a giudizio. L’avviso di conclusione delle indagini preliminari può infatti avere una soluzione rapida e portare all’archiviazione del procedimento, sempre subordinata alla valutazione del giudice, quando l’indagato riesce a dimostrare efficacemente al pubblico ministero la propria innocenza.

Altrimenti, l’indagato viene rinviato a giudizio e inizia così il processo penale. Anche in questo caso, nulla è detto. L’imputato avrà modo di sostenere la propria tesi e portare tutti gli elementi utili per dimostrare la propria posizione, contestando in tutto o in parte le accuse a suo carico. Anche la fine del processo, in realtà, non traccia un segno definitivo riguardo alla colpevolezza dell’imputato. Il nostro ordinamento prevede infatti tre gradi di giudizio (oltre alla revisione del processo, tuttavia destinata a casi davvero particolari e in subordine a determinati requisiti).

La condanna diventa irrevocabile soltanto quando confermata nei vari gradi oppure quando diventa definitiva perché sono trascorsi i termini utili. Soltanto a quel punto si può evidenziare con certezza, parlando sempre di verità processuale, la colpevolezza del soggetto condannato rispetto ai fatti contestati.

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