Il mercato azionario USA continua a registrare rialzi fuori dalla norma, raggiungendo livelli storicamente preoccupanti. Cosa potrebbe rompere l’attuale equilibrio delle borse?
Le straordinarie performance registrate dal mercato azionario negli ultimi anni iniziano a indispettire il pubblico degli investitori.
Il mercato presenta valori attesi nei propri fondamentali così alti da giustificare l’impennata dei prezzi? Uno sguardo al alcuni dati.
Il mercato azionario costa troppo?
La risposta a questa domanda non appare scontata neanche agli esperti. Questo perché oggettivamente ci troviamo in un momento di sovrapprezzo del mercato: il P/E medio azionario globale è superiore del 5% rispetto alla media storica, un valore che di fatto esprime, seppur ancora con moderazione, una prima forma di anomalia tecnica.
Quando si fa riferimento al mercato statunitense, il valore è di gran lunga superiore, a differenza del mercato europeo che presenta un discount espresso dai multipli, in primis P/E del 10% rispetto alla media storica. In sostanza, l’anomalia resta concentrata nel mercato azionario statunitense, oggettivamente sovraprezzato.
Cosa ha spinto così in alto il mercato statunitense?
Ciò che ha spinto così in alto le quotazioni è un mix letale di variabili economiche, monetarie e fiscali.
Mentre l’impennata dei tassi d’interesse ha a primo impatto affossato le quotazioni dei titoli dell’S&P 500, l’affermarsi di uno scenario di soft landing, caratterizzato da un tasso di crescita del PIL positivo e un’inflazione in discesa, ha dato la possibilità ai banchieri centrali di ammaliare le borse con discorsi molto accomodanti riguardo alla politica monetaria. Difatti, non si è ancora visto neanche un accenno di ribasso dei tassi, ma il miraggio di questo avvenimento ha fatto letteralmente impazzire le borse.
Se aggiungiamo a questo una contemporanea espansione fiscale, che prosegue ormai da dopo lo scoppio della pandemia globale, e che probabilmente proseguirà con l’evoluzione dello scenario «elezioni USA», si crea proprio un contesto particolarmente prolifico per gli investitori aggressivi. L’azionario ha ricevuto di per sé anche una spinta mediatica, grazie all’introduzione dell’AI, che ha di fatto alimentato le aspettative fondamentali di molte società tecnologiche, comportando un ulteriore apprezzamento dei vari indici borsistici.
Cosa potrebbe rompere questo equilibrio?
Prima ancora di rispondere a questa domanda, potrebbe essere interessante domandarsi: perché porsi questa domanda? Sembra banale, ma se tutto va così bene, che senso ha domandarsi cosa potrebbe andare male? Perché certi scenari sono sempre stati la base per una catastrofe finanziaria. Ad esempio, il VIX, indice di volatilità del mercato azionario statunitense, ha raggiunto minimi preoccupanti, ed è molto vicino al livello dei 10 punti. In passato, raggiunto questo livello, si è solo assistito a un’impennata dello stesso a seguito di eventi traumatici per i mercati.
Guardando altri indicatori tecnici, si notano elementi estremi: basti pensare che la media a 200 periodi dell’indice S&P 500 resta a una distanza da massimo storico rispetto al prezzo. Anche sul mercato obbligazionario sembrano avvicinarsi livelli preoccupanti: lo spread fra i titoli obbligazionari investment grade rispetto a quelli governativi e high yield è minimo, zone in cui è più facile ipotizzare un aumento dello spread, o meglio, zone in cui in passato è accaduto.
Difatti non esistono motivi per cui questo equilibrio potrebbe rompersi, però ci troviamo oggettivamente in un momento in cui in passato l’equilibrio si è rotto.
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