Ci sarebbe un terzo audio del discorso di Berlusconi ai suoi deputati, mentre aumentano le voci di scissione per Forza Italia con una parte che potrebbe andare con Noi Moderati.
Tempi duri per Silvio Berlusconi ma il peggio, se possibile, deve ancora venire. Nelle scorse ore infatti sarebbero arrivate delle conferme sull’esistenza di un terzo audio dell’ormai celebre discorso dell’ex presidente del Consiglio ai suoi deputati.
Come se non bastassero le polemiche generate dai due ormai celeberrimi audio, che hanno creato un caso politico anche fuori dai confini nazionali, e la prospettiva della pubblicazione di un nuovo spezzone come “regalo” per la nascita del nuovo governo, sono in aumento anche le voci di una possibile scissione di Forza Italia.
Il futuro di conseguenza appare plumbeo e pieno di insidie per Silvio Berlusconi, con Forza Italia che stando a un recente sondaggio di Lab2101 sarebbe in netto calo nelle intenzioni di voto tutto a vantaggio degli alleati di centrodestra.
Berlusconi e il terzo audio
Nonostante le telefonate in diretta e le note ufficiali per cercare di raddrizzare il tiro, le parole pronunciate da Silvio Berlusconi durante l’incontro con i deputati forzisti stanno ancora provocando parecchi imbarazzi anche tra le fila del Ppe.
Antonio Tajani a Bruxelles starebbe cercando così di gettare acqua sul fuoco, nella speranza magari anche di salvaguardare la sua nomina a prossimo ministro degli Esteri che, prima della diffusione dei due audio, sembrava essere cosa fatta.
A diffondere i due audio è stata Donatella Di Nitto, capo della redazione politica dell’agenzia LaPresse; ospite del programma di La7 Tagadà, la giornalista naturalmente ha difeso la sua fonte: “Il governo Meloni ha creato due anime all’interno di Forza Italia. Una più vicina alla Lega di Salvini, rappresentata da Licia Ronzulli, e quella un po’ più governista rappresentata da Antonio Tajani. Stabilire chi delle due fazioni ha fatto uscire questo materiale significherebbe che io vi dica chi è stato. Quindi non è possibile”.
La rivelazione più importante però è arrivata in merito al possibile terzo audio, che stando alle indiscrezioni potrebbe essere diffuso dopo il giuramento del governo Meloni. “So che non esce oggi” ha spiegato Di Nitto, con LaPresse che sarebbe in possesso dell’intero discorso di Berlusconi ma “non c’è stato alcun tipo di montaggio”.
Forza Italia si spacca?
In balia dei marosi, Forza Italia sta provando a ricompattarsi per cercare di “passare la nottata” nella speranza che l’avvio del governo Meloni possa far dimenticare le opinabili parole pronunciate da Silvio Berlusconi in merito alla guerra in Ucraina e al suo rapporto con Vladimir Putin.
Nel frattempo c’è una lista dei ministri da dover compilare e Berlusconi non sembrerebbe essere più nella posizione di poter puntare i piedi; tradotto, niente Giustizia per Elisabetta Casellati e anche lo Sviluppo Economico sarebbe off-limits per gli azzurri.
Forza Italia comunque dovrebbe avere cinque ministeri, come la Lega, ma come evocato da Donatella Di Nitto nel partito ci sarebbero due anime, una guidata da Lucia Ronzulli e l’altra da Antonio Tajani, che sarebbero in aperto conflitto tra di loro.
Ecco allora l’indiscrezione clamorosa: in caso di una rottura definitiva tra Berlusconi e Meloni, la corrente che fa capo ad Antonio Tajani potrebbe far armi e bagagli e salutare Forza Italia.
Ma dove potrebbero andare questi “scissionisti”? Nel caso tutte le strade sembrerebbero portare a Civici d’Italia - Noi Moderati, la cosiddetta “quarta gamba” del centrodestra che ha appena formato una propria componente al Senato.
Se i numeri non dovessero bastare ci sarebbe l’ipotesi estrema: Giorgia Meloni potrebbe volgere lo sguardo verso il terzo polo, che a sua volta potrebbe separarsi con Italia Viva al governo e Azione all’opposizione.
Fantapolitica? Probabile, ma dopo aver visto nella scorsa legislatura susseguirsi tre governi con simposi fino a poco prima impensabili, vedi Renzi che si accorda con i 5 Stelle per poi lasciare subito dopo il Pd, la parola “impossibile” sembrerebbe essere stata depennata dal vocabolario della politica nostrana.
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