La Casa Bianca si intromette nella moderazione dei contenuti di Twitter. Cresce il peso della politica nella gestione delle piattaforme social.
Nella fitta agenda dell’amministratore Biden trova spazio anche la lotta gli «account anti-vaxxer», un sistema secondo il quale il governo degli States stava e starebbe facendo pressione sul direttivo di Twitter per escludere dalla piattaforma gli utenti che promuovono la «disinformazione» sul COVID-19.
La richiesta esplicita è quella di procedere alla rimozione di questi profili, anche quando le informazioni fornita dagli scettici non sono scorrette quanto più critiche nei confronti della linea dell’establishment.
Questa rivelazione è però solo la prima di una serie di indiscrezioni che portano alla luce numerose controversie nell’interrelazione tra governo federale e piattaforme come quella di Twitter. I cosidetti Twitter Files infatti rivelano come e quanto le agenzie governative si siano intromesse nella moderazione dei contenuti e, in particolare, come questa pratica si sia consolidata nel corso degli anni.
Come detto, in questo specifico contesto il problema si pone sulla sottile linea di confine tra «sopprimere» la presunta «disinformazione» sul COVID-19 e «censurare informazioni che erano vere ma scomode» per i responsabili politici.
leggi anche
Donald Trump chiede la sovversione della Costituzione, si dichiara legittimo presidente degli Stati Uniti
I primi sospetti
I primi ad accorgersene sono stati i giornalisti, in particolare il giornalista di Free Press David Zweig. È proprio lui a scrivere che la campagna di coercizione sarebbe iniziata durante la pandemia con l’amministrazione Trump per poi venir intensificata sotto Biden, la cui amministrazione ha scelto di concentrarsi sulla rimozione degli «account anti-vaxxer».
A sostegno di queste tesi il reporter ha portato alcune prove. Ad esempio, nel giugno 2021, ore dopo che Biden si era pubblicamente «infuriato» dicendo che le società di social media stavano «uccidendo persone» consentendo la propagazione di presunta disinformazione sui vaccini, numerosi profili di «scettici» erano stati banditi da Twitter. In particolare viene citato il caso dell’ex giornalista del New York Times (e noto dubbioso sui vaccini) Alex Berenson. Berenson infatti rispose alle restrizioni imposte al suo account facendo causa a Twitter e si attivò per costringere la piattaforma al rilascio di una serie di comunicazioni interne. Proprio queste ultime mostrarono come la Casa Bianca aveva fatto pressioni sulla società per sopprimere proprio il suo profilo.
Le parole di Berenson, a onor di cronaca, era state queste:
«[Il vaccino] non ferma l’infezione. O la trasmissione. Va inteso - nella migliore delle ipotesi - come una terapia con una finestra di efficacia limitata e un terribile profilo di effetti collaterali che deve essere dosata per ANTICIPARE la malattia».
L’inutile replica di Twitter
Non più tardi di questo mese da questi fatti, Lauren Culbertson, responsabile delle politiche pubbliche statunitensi di Twitter, rilasciò un riepilogo degli incontri con la Casa Bianca in cui si descrivevano nel dettaglio i movimenti della presunta «pressure campaign».
C’è stato però un altro passo falso. Tra coloro che Twitter soppresse c’era anche il dottor Martin Kulldorff, un epidemiologo della Harvard Medical School. Kulldorff aveva twittato nel marzo 2021 che sia i bambini che gli adulti che erano stati precedentemente infettati da COVID non avevano bisogno del vaccino. Ciò era stato contrassegnato dal sito come «fuorviante», anche se era in linea con le politiche sui vaccini di «numerosi altri Paesi».
Quell’incidente è stato quindi la ciliegina sulla torta e, sempre Zweig, ha così indagato e scoperto innumerevoli casi di tweet etichettati come ’fuorvianti’ o completamente rimossi (a volte provocando anche la sospensione dell’account) semplicemente perché «differivano dalle opinioni dell’establishment».
© RIPRODUZIONE RISERVATA