Money.it ha intervistato Pierpaolo Bombardieri, nuovo segretario del sindacato UIL. Dall’importanza di ripartire dal lavoro e dalle politiche attive, al ruolo primario ricoperto da Navigator e Centri per l’Impiego.
Pierpaolo Bombardieri dal luglio del 2020 è il nuovo Segretario Generale della UIL, succedendo a Carmelo Barbagallo. Fin dal suo insediamento è stato chiaro il programma per il futuro: importanza ai giovani, necessità di definire una nuova organizzazione del lavoro e della stessa società, oltre alla riduzione delle disuguaglianze.
Bisognerà ripartire dal lavoro, un messaggio che la UIL ha ribadito durante lo sciopero che si è tenuto due settimane fa. Dell’importanza di questo aspetto e di come l’Italia dovrà ripartire ne abbiamo parlato con lo stesso segretario della UIL, il quale ringraziamo per la disponibilità dimostrata.
1) Segretario Bombardieri, lei è stato nominato Segretario nel luglio scorso, in un momento molto difficile per l’Italia che deve ripartire dopo i mesi di lockdown, nonostante l’incubo legato alla pandemia non sia ancora concluso. Allo stesso tempo però l’Italia potrà attingere alle risorse in arrivo con il Recovery Fund: una sfida che non possiamo assolutamente fallire. Secondo lei, su quali aspetti bisognerà investire maggiormente queste risorse?
Le risorse del Recovery Fund rappresentano indubbiamente un’opportunità per il nostro Paese che non possiamo permetterci di perdere.
Intanto, sarà importante l’approccio; noi pensiamo che occorra a monte stabilire un progetto per il Paese, una visione sistemica per evitare interventi disarticolati e privi di respiro. Chiediamo, dunque, al Governo di decidere quali sono gli asset strategici.
Certamente, sarà prioritario ripartire dal lavoro rilanciando l’occupazione stabile e di qualità, soprattutto per i più giovani. Investire in infrastrutture materiali ed immateriali; non solo grandi opere, ma compiuto diritto alla mobilità e pari opportunità di accesso alle reti digitali in tutto il territorio nazionale. Teniamo alta l’attenzione circa la sicurezza sul lavoro: poniamoci l’obiettivo “zero morti sul lavoro”. E’ evidente, ancora, che senza il Mezzogiorno non riparte il Paese.
E senza dimenticare l’importanza del rafforzamento del sistema sanitario e del diritto alla salute ed alle cure su cui il MES può offrire le necessarie coperture.
Non abbiamo proposto progetti singoli al Governo, ma abbiamo chiesto una decisiva attenzione attorno a temi prioritari per i cittadini e per i lavoratori, oggetto della nostra ultima e partecipata mobilitazione nelle 23 piazze del Paese. Abbiamo bisogno di una politica che non pensi solo alle prossime scadenze elettorali, ma che decida come programmare un modello di sviluppo di questo Paese e come ridisegnare un’Italia diversa.
2) Lei ha chiesto espressamente al Governo di ripartire dal lavoro. Ha già in mente alcune soluzioni, alla luce della situazione difficile in cui ci troviamo oggi dove molte persone hanno perso il lavoro a causa della pandemia e dove ci sono interi settori in crisi?
Al centro delle nostre rivendicazioni sindacali ci sono il lavoro stabile e di qualità, la riforma degli ammortizzatori sociali e del fisco per ridurre le tasse ai lavoratori e ai pensionati, il rinnovo dei contratti pubblici e privati.
Proponiamo da tempo la detassazione degli aumenti contrattuali per accrescere il potere d’acquisto dei lavoratori. E’ lecito iniziare a discutere di riduzione dell’orario di lavoro a parità di trattamento economico? E, magari, è lecito discutere di un nuovo modello organizzativo del lavoro? Noi pensiamo che i tempi siano maturi, anche guardando all’esperienza di taluni Paesi europei.
3) C’è una misura legata, seppur parzialmente, al lavoro che ancora oggi divide: il Reddito di Cittadinanza. Non stiamo qui a discutere dell’importanza che questo sostegno economico ha avuto in questi mesi in cui molte famiglie hanno vissuto una crisi economica senza precedenti; semmai vogliamo concentrarci sulla politica attiva ad esso collegata e sui risultati ottenuti. Secondo gli ultimi dati ANPAL circa 100.000 percettori del Reddito di Cittadinanza al momento lavorano, su circa 800.000 firmatari del Patto di Lavoro. Siamo poco sopra al 10%; un dato che molti criticano in quanto sarebbe dimostrazione del fallimento della misura. Lei cosa ne pensa a riguardo: nel futuro dell’Italia c’è ancora spazio per il Reddito di Cittadinanza e semmai come potrebbe essere migliorato?
Per la Uil ogni strumento messo in campo per sostenere cittadini e lavoratori è da valutare con positività. Il Reddito di Cittadinanza, pensato con un valido obiettivo, si è tradotto in modo meno efficace.
Si rendono necessari alcuni interventi rivedendo, ad esempio, i criteri di accesso e le soglie reddituali per aumentarne la tutela garantita dalla misura. Bisogna, altresì, prevedere dei meccanismi più stringenti che impediscono agli evasori fiscali di beneficiare del RDC. E sull’evasione potremmo aprire un trattato pensando ai 110 miliardi di evasione annua certificata, ma non sarebbe pertinente alla domanda.
Deve essere rafforzato un reale collegamento con le politiche attive del lavoro.; e in tal senso, la riforma degli ammortizzatori sociali, che chiediamo da tempo, potrebbe rappresentare un’occasione preziosa.
4) Ruolo centrale nella politica attiva collegata al Reddito di Cittadinanza è quello ricoperto dai Navigator, i quali pur essendo in assistenza tecnica alle Regioni (alle quali ricordiamo compete il compito di fare l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro) hanno svolto un lavoro molto importante nella presa in carico dei percettori del Reddito di Cittadinanza. Per questi, però, l’incarico è in scadenza ad aprile 2021; le chiedo e c’è spazio per queste figure anche nei prossimi anni oppure se si è trattato di un esperimento da non ripetere, tenendo conto che una loro mancata conferma sarebbe dimostrazione dell’ennesimo spreco di risorse da parte dello Stato.
Sono anni che chiediamo una compiuta ed efficace riforma del sistema delle politiche attive del lavoro. I Navigator rappresentano un’importante fonte di competenza che in quanto tale non andrebbe sprecata, ma vanno anzitutto messi nelle condizioni di poter lavorare al meglio. Condizione che ad oggi non si è verificata. Occorrono scelte politiche che cambino il Paese, e per questo ribadiamo con forza la necessità di una visione delle politiche attive del lavoro.
5) A tal proposito i servizi per il lavoro privati chiedono di essere presi maggiormente in considerazione nel processo che porta alla ricollocazione non solo dei dei percettori del Reddito di Cittadinanza ma di tutti i disoccupati.
Qui si apre l’eterno dibattito tra pubblico e privato: secondo lei è giusto proseguire con il percorso di potenziamento dei servizi pubblici oppure questo ruolo potrebbe essere meglio svolto dalle agenzie private?
I Centri per l’impiego dovrebbero rappresentare il perno di efficacia ed efficienza del sistema delle politiche attive del lavoro. Crediamo con convinzione nel valore dei servizi pubblici. Chiediamo però un nuovo paradigma, investimenti e scelte politiche chiare che dotino il Paese di un sistema di politiche attive del lavoro e di centri per l’impiego moderni.
6) Vorrei concludere con una domanda sul fronte delle pensioni: in questi giorni ha avuto inizio il confronto con il Governo riguardo al dopo Quota 100. I sindacati chiedono con forza di estendere a tutti la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi, il Governo nicchia e ripropone Quota 102 con penalizzazioni. Lei come crede andrà a finire?
Vedremo, non abbiamo la sfera di cristallo. Ma faremo sino in fondo la nostra sui tavoli istituzionali e nelle piazze.
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