Poco più della metà delle aventi diritto sta godendo del bonus mamme in busta paga. Non tutto è perduto e si possono recuperare anche i mesi pregressi.
C’è un bonus che arriva fino a 3.000 euro che, però, il 40% degli aventi diritto non ha richiesto. Si tratta di un flop o di cattiva informazione? Il bonus mamme in busta paga spetta a circa 800.000 lavoratrici del settore pubblico e privato, ma a richiederlo sono state solo 485.000 donne.
Il bonus, che è sicuramente una delle misure più importanti che il Governo Meloni ha introdotto, arriva fino a 3.000 euro lordi l’anno, che si traducono in 1.700 euro netti, e spetta alle lavoratrici dipendenti sia del settore pubblico che di quello privato, che hanno almeno 2 figli.
La platea delle beneficiarie è molto ampia, ma come fa sapere l’Inps a fine maggio solo il 60% delle aventi diritto ne ha goduto. Cosa e successo e come si può agire per non perdere il beneficio?
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La sovrapposizione di due bonus da 3.000 euro
Il bonus mamme in busta paga, che prevede la decontribuzione totale per le lavoratrici con due o più figli della contribuzione IVS a loro carico (9,19% della retribuzione imponibile ai fini contributivi), era stato introdotto per fare in modo che la natalità non fosse disincentivata dal lavoro.
Però di bonus mamme, alla fine, ne sono stati varati due praticamente uguali, ma con scadenze diverse:
- per le mamme con almeno 3 figli il beneficio dura fino al 31 dicembre 2026;
- per le mamme con soltanto due figli l’agevolazione finisce il 31 dicembre 2024 (con possibilità di essere prorogato dalla prossima Legge di Bilancio).
Va sottolineato che i 3.000 euro di bonus sono da considerare un tetto limite che si raggiunge solo con reddito di 27.500 euro lordi l’anno: il bonus di importo pieno, quindi, è riconosciuto solo alle lavoratrici che hanno questo reddito o superiore (per le quali il contributo mensile avrà sempre la stessa cifra). Per tutte le altre, inevitabilmente, il beneficio avrà un importo più basso.
Il problema principale del bonus e che (forse per una cattiva campagna informativa) non tutte le donne hanno capito come si fa ad averlo. La maggior parte delle lavoratrici ha scoperto che per averlo bisognava richiederlo esplicitamente al datore di lavoro. Nessun automatismo nel riconoscimento.
Proprio per questo il 40% delle aventi diritto non ha fatto nulla per richiedere il bonus al proprio datore di lavoro.
Bonus 3.000 euro, c’è confusione sui requisiti
Come abbiamo anticipato, forse molte donne non hanno richiesto esplicitamente il bonus al proprio datore di lavoro. Non esiste un tetto massimo di reddito per averne diritto (mentre il tetto massimo c’è all’incentivo, come abbiamo detto: 3.000 euro l’anno di decontribuzione). Richiedere il bonus, quindi, è possibile anche per donne che guadagnano molto che, probabilmente hanno confuso il bonus mamme con il taglio al cuneo fiscale pensando di non averne diritto.
Proprio per questo si ritiene che alla misura non sia stata data la giusta importanza e non ci sia stata un’adeguata campagna informativa con il rischio che parte delle risorse stanziate possano avanzare e che molte delle aventi diritto rimangano escluse dall’agevolazione per la scarsa pubblicità.
C’è ancora tempo per richiedere il bonus
Non tutto è perduto per chi non ha ancora presentato richiesta del bonus al proprio datore di lavoro. Non c’è una scadenza limite e le mensilità pregresse possono essere fruite anche richiedendo il beneficio ora o nei prossimi mesi. La lavoratrice dipendente che ha due o tre figli, quindi, può presentare al proprio datore di lavoro una sorta di autocertificazione in cui esprime la propria intenzione nel fruire il bonus indicando il numero dei figli e il loro codice fiscale. Questo è tutto quello che occorre per vedersi riconoscere il beneficio in busta paga.
In alternativa la richiesta si può inoltrare anche sul portale dell’Inps sempre indicando il numero dei figli e il loro codice fiscale.
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