La chiusura delle frontiere nel Regno Unito sta provocando una crisi della logistica e il governo ha deciso di allertare l’esercito per aiutare le consegne.
La “liberazione” della Gran Bretagna dall’Unione europea continua a provocare molti problemi che il paese non riesce a risolvere e per far fronte alla scarsezza di carburante il governo ha deciso di schierare anche l’esercito.
Le file alle stazioni di rifornimento di benzina stanno mostrando molte crepe nella logistica britannica dopo la chiusura delle frontiere decisa con la Brexit, a cui si aggiunge un aumento del prezzo del carburante. Neanche la decisione di Boris Johnson di concedere visti straordinari per entrare nel paese appare sufficiente ad affrontare una crisi che mostra le vere conseguenze della Brexit.
Gran Bretagna, Brexit e l’esercito in allerta
Questa volta il governo britannico mette in allerta l’esercito per affronta la crisi da scarsezza di carburante che non accenna a risolversi.
La soluzione pensata dall’esecutivo di Boris Johnson prevede un numero limitato di conducenti di autobotti militari messo in allerta e dispiegato se necessario per stabilizzare ulteriormente la catena di approvvigionamento di carburante, secondo quanto comunicato dal dipartimento dell’Energia.
Dall’esecutivo si sono affrettati a sottolineare la “temporaneità” della misura, definita “sensata e precauzionale” dal sottosegretario all’Energia, Kwas Kwarteng, il quale ha anche cercato di rassicurare sulle solide forniture di carburante nel Regno Unito. Tuttavia, Kwarteng si è detto “consapevole” dei problemi della catena di approvvigionamento alle stazioni di rifornimento, annunciando misure per sostenerle in via prioritaria.
La crisi da carburante nel paese
Nel frattempo, il perdurare della crisi nel paese sta spingendo i prezzi del carburante ai massimi da otto anni, con un litro di benzina arrivato ieri a 1,3659 rispetto a 1,3587 di venerdì scorso e le code di automobilisti in attesa di rifornirsi alle stazioni non sembrano terminare. Inoltre, le aziende sono state esortate a lasciare i dipendenti in smartworking.
La mancanza di rifornimenti adeguati era iniziata a causa delle normative decise da Londra dopo l’entrata in vigore della Brexit che prevedevano una forte limitazione al numero di lavoratori stranieri in entrata nel Regno Unito.
Queste norme hanno provocato la mancanza di almeno 100 mila autotrasportatori impiegati nel trasporto del carburante e di scorte alimentari per la grande distribuzione.
Come conseguenza, sono aumentati tempi e costi dei trasporti, in particolare per le merci che provengono dall’estero, mettendo in ginocchio tutto il settore della logistica.
A questo punto, Johnson ha deciso di assegnare cinquemila visti straordinari per gli autisti europei disposti a tornare nel Regno Unito. Si tratta, però, di visti validi solo per tre mesi, in quanto Londra non ha intenzione di tornare indietro sulla sua decisione di chiudere le frontiere.
La misura non è stata accolta con favore dalle associazioni di categoria e un sindacato di camionisti dei Paesi Bassi spiegava che le limitazioni imposte rendono inutile la misura: “a queste condizioni gli autisti europei con cui dialoghiamo non hanno alcuna intenzione di accettare un permesso a breve scadenza per aiutare il Regno Unito a tirarsi fuori dalla crisi in cui si è infilata da sola”.
Storicamente, l’economia della Gran Bretagna si fondava sulla liberalizzazione dei trasporti e del commercio che eliminava l’ostacolo marittimo, mentre l’ampia manodopera straniera teneva in piedi la struttura economico-sociale.
La scelta fatta con la Brexit, però, ha sconfessato la natura stessa del paese, soprattutto perché realizzata senza un piano alternativo subito attuabile.
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