Mentre l’inflazione Ue flirta col picco, l’Italia colloca tutto l’ammontare di decennali con un calo di rendimento garantito dal doom loop. Ma ratifica del MES e fiducia delle imprese remano contro
Simboli e segnali sono importanti. Soprattutto in un tempo in cui il mercato vive di social network e algoritmi, comunicazione e percezione. Vale quindi la pena sottolineare come ieri il Tesoro abbia interamente assegnato l’importo massimo offerto della terza tranche di BTP a 10 anni (01-05-2033), pari a 3 miliardi, a fronte di una richiesta di oltre 4,4 miliardi e con un conseguente rapporto di copertura dell’1,47.
Ma ciò che conta è la ciccia: ovvero, il rendimento in forte calo e che torna a scendere sotto il 4%. Per la precisione, al 3,96% contro il 4,24% nell’asta precedente. E tutti sanno che quella del 4% per il nostro decennale benchmark è una vera e propria linea Maginot. Cosa ha garantito questo risultato? Forse la bollinatura della Legge di bilancio, a sua volta segnale di formale allontanamento del rischio di esercizio provvisorio? O l’incontro fra Giorgia Meloni e Carlo Calenda, letto dagli investitori come garanzia di una ruota di scorta mercatista ed europeista in caso di bizze da parte di uno dei due alleati, magari in vista del primo redde rationem elettorale in Lombardia e Lazio a febbraio?
Forse. Sicuramente, a nessuno è sfuggito come questo risultato sia giunto subito dopo la scollinatura da parte del nostro sistema bancario e assicurativo del primo rimborso anticipato dei fondi TLTRO, avvenuto il 23 novembre. Stante la base volontaria, i soldi sono rimasti a bilancio, magari in attesa della seconda data utile in dicembre. E quindi sono divenuti disponibili per l’ennesimo esercizio di doom loop. lo stesso auspicato dal MEF attraverso rumors degli ultimi giorni: acquistare debito pubblico per operare da contrafforte al reinvestimento titoli Bce nel mantenimento di uno spread in linea di galleggiamento. [...]
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