Il BTP Italia ha fatto flop perché lo stigma da «oro alla patria» riluceva anche al buio

Mauro Bottarelli

23 Giugno 2022 - 10:13

I tre giorni di collocamento retail si sono conclusi con domanda poco superiore i 7 miliardi, la metà dell’emissione anti-Covid del maggio 2020. Più dell’inflazione, gli italiani temono un altro 2011

Il BTP Italia ha fatto flop perché lo stigma da «oro alla patria» riluceva anche al buio

Nessun miracolo. Nonostante una martellante campagna pubblicitaria e mediatica e promotori spronati a piazzare quel titolo come nemmeno Bud Fox in Wall Street con le sue mitologiche chiamate a freddo, il collocamento retail del BTP Italia si è rivelato il flop che le prime due giornate aveva fatto presagire. Ieri la raccolta si è fermata a 1,396 miliardi, portando il totale a 7,2 miliardi di euro. Praticamente, la metà dei 14 miliardi che incassò il BTP Italia del maggio 2020, quello destinato a finanziare la lotta contro la pandemia da Covid.

Eppure, le condizioni offerte sulla carta erano ottime. Addirittura da occasione di investimento storica, fra cedole e premi fedeltà per chi detenesse il bond fino a scadenza. Ovviamente, oggi gli istituzionali daranno una lezione di pragmatismo al parco buoi, facendo incetta del titolo e magari garantendo un meno umiliante paragone con i 22 miliardi totali raccolti due anni fa. Ma poco cambia. Anzi, paradossalmente, il segnale che arriverebbe dal mercato sarebbe ancora peggiore. Perché equivarrebbe a dire che il bond indicizzato all’inflazione e creato dal Tesoro per offrire uno scudo all’aumento dei prezzi ai comuni mortali, in realtà si è rivelato distress debt in divenire e da maneggiare solo in presenza di competenze specifiche ed esperienza consolidata. Insomma, nasceva come strumento difensivo del signor Rossi, rischia di rivelarsi feticcio quasi da hedge fund.

Brutto colpo. Non tanto e non solo per gli scarsi introiti. Bensì per il danno reputazionale. Certo, il medesimo signor Rossi che ha bellamente schivato l’offerta del secolo, quasi si trattasse dei mattoni spacciati per autoradio nei parcheggi degli autogrill, già da subito ha continuato la sua vita, preoccupandosi delle bollette e del pieno di benzina e non del destino del BTP Italia. Ma il mercato osserva. Prezza. E si regola di conseguenza. Quindi, la palla ora passa direttamente a Christine Lagarde e al suo discorso al Forum della Bce di Sintra, previsto per questo weekend e destinato a operare da intermezzo economico fra il Consiglio Europeo e il G7. Se, come spesso le accade, la numero uno dell’Eurotower dovesse sbagliare toni o aggettivi, il danno potrebbe diventare sostanziale. Perché al netto di quei 7,2 miliardi così deludenti, c’è la pratica scudo anti-spread da portare a casa. In fretta.

E le criticità sono tante. A partire da questa,

Andamento delle aspettative inflazionistiche tedesche a 10 anni Andamento delle aspettative inflazionistiche tedesche a 10 anni Fonte: Bloomberg

ovvero la certificazione che la Bundesbank non permetterà alcun tipo di rallentamento nel processo di normalizzazione dei tassi di interesse. E’ bastata infatti la conferma dei 25 punti base di aumento previsti a luglio per spedire le aspettative inflazionistiche tedesche di 72 punti base al di sotto del massimo storico di poche settimane fa. E non a caso, intervenendo al Parlamento Europeo, la stessa Christine Lagarde ha confermato come, se il trend dei prezzi non dovesse raffreddarsi, già a settembre si potrebbe pensare a un aumento più sostanzioso. Ovvero, mezzo punto. E un Paese come l’Italia che, a fronte dei tremori sul mercato delle commodities vede Saipem ridotta a una capitalizzazione da start-up e con gli investitori in fuga da un aumento di capitale già battezzato come problematico, difficilmente potrebbe affrontare un autunno pre-recessivo e con l’incognita gas con il costo del denaro (e del credito) in così rapido aumento.

Insomma, c’è il forte sospetto che il flop del BTP Italia sia ascrivibile non alla scarsa efficacia nel contrasto all’inflazione che l’investitore retail possa aver percepito, bensì al timore che lo stesso nutre per il futuro prossimo del Paese: nonostante bollette da salasso e prezzi che corrono molti più dei salari, si teme maggiormente l’ipotesi di un altro 2011. E detenere carta di debito pubblico viene percepito - senza necessità di un master alla Bocconi - come un pericolo potenziale, una sigaretta fumata accanto a un pozzo petrolifero. Perché è chiaro che, a meno di colpi di teatro da parte di Christine Lagarde e dei suoi tecnici, la mossa del concambio fra Bund e Btp, il QE mascherato e a saldi invariati che dovrebbe schermare il nostro spread, già oggi mostra molti limiti.

Quantomeno temporali. E il fiato corto tipico della misura transitoria. Sarà il MES? Sarà altro? Comunque sia, il BTP Italia ha fallito perché il suo stigma da oro alla patria riluceva anche al buio. E quando il signor Rossi percepisce certe vibrazioni, il mercato sta già tarando il sismografo su un grado superiore. Perché il 30 giugno si chiude il programma di acquisto APP con i suoi 20 miliardi al mese. E allora, a meno di conigli dal cilindro Bce, lo spread italiano si mostrerà senza trucco. E senza Botox.

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