Busta paga 2023, così la riforma fiscale cambia gli stipendi

Alessandro Nuzzo

16/03/2023

Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera alla ristrutturazione del sistema fiscale entro i prossimi 2 anni. Ecco cosa potrebbe cambiare in busta paga.

Busta paga 2023, così la riforma fiscale cambia gli stipendi

È arrivato il via libera da parte del Consiglio dei ministri al disegno di legge delega per la riforma del fisco. Il provvedimento, suddiviso in 5 parti e 20 articoli, punta a ridisegnare l’intero sistema, dai tributi ai procedimenti e sanzioni, fino ai testi unici e codici. Una riforma che Giorgia Meloni ha definito epocale e rivoluzionaria attesa da 50 anni con importanti novità a favore di cittadini, famiglie e imprese.

Diversi i punti importanti che la riforma punta a modificare: dalla riduzione delle aliquote Irpef con l’obiettivo di arrivare ad una flat tax per tutti, al taglio dell’Ires per proseguire con l’istituzione del concordato preventivo biennale e il rafforzamento dell’adempimento collaborativo per combattere l’evasione fiscale. L’obiettivo resta quello di ridurre la pressione fiscale su cittadini, famiglie e imprese.

Quello di oggi è soltanto il primo tassello di un iter che si prospetta ancora molto lungo. Dopo il via libera in Cdm il disegno di legge deve superare altri due passaggi, il primo alla conferenza unificata perché il decreto interviene anche sui tributi regionali e locali, il secondo dal Capo dello Stato che dovrà autorizzare la presentazione del disegno di legge alle Camere.

Fatto ciò inizierà l’iter parlamentare con la discussione sia in Senato che alla Camera. Il Governo punta ad ottenere la totale approvazione dal Parlamento prima della pausa estiva a ridosso di Ferragosto. Una volta diventata legge con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale si passerà alla fase due, quella dell’attuazione. In tal senso il Governo si è dato 24 mesi di tempo per pubblicare tutti i decreti come ad esempio quello contenente le nuove aliquote Irpef. Proprio la revisione delle aliquote Irpef è uno dei tasselli principali che andrà a modificare anche le buste paga dei lavoratori italiani. Vediamo cosa potrebbe cambiare.

Stipendi più alti con la riforma fiscale?

L’obiettivo del Governo è quello di ridurre la pressione fiscale anche per dare stimolo ad una ripresa economica e sociale in arrivo grazie anche ai fondi del Pnrr. Uno dei punti più importanti resta la revisione dell’Irpef che punta ad un sistema ad imposta unica. Nella bozza del decreto c’è scritto che si dovrebbe partire con la riduzione delle aliquote che da 4 passeranno a 3.

Allo studio ci sono due opzioni: la prima prevede l’accorpamento delle aliquote centrali al 27% lasciando la più bassa al 23% per redditi fino a 15.000 euro. La seconda opzione prevede l’innalzamento della fascia al 23% da 15 a 28mila euro per salire poi al 33% per i redditi fino a 50mila euro e mantenere quella al 43% per redditi superiori. L’obiettivo però è arrivare ad una flat tax per tutti entro i 5 anni.

Per finanziare la revisione dell’Irpef servono secondo le stime del ministero dell’Economia tra i 5 e i 10 miliardi. Soldi che il governo prenderebbe dal taglio delle detrazioni legato al reddito: più si guadagna meno detrazioni ci saranno. L’obiettivo è continuare a tutelare gli stipendi medio-bassi.

Questo potrebbe portare negli anni ad una riduzione della pressione fiscale in busta paga per i lavoratori dipendenti e quindi stipendi più alti.

Le altre novità contenute nella riforma

Tra le altre novità contenute nella riforma troviamo anche il taglio dell’Ires, l’imposta sui redditi delle società, che dall’attuale 24% potrebbe essere ridotta al 15% ma a condizione che le imprese impieghino una parte o tutto il reddito in investimenti e nuove assunzioni.

Si punta poi anche ad inserire un’aliquota zero per l’Iva sui beni di prima necessità come pane, pasta e latte. Svolta anche nella lotta all’evasione fiscale cercando di incentivare l’adempimento spontaneo. Si segnala l’istituzione del concordato preventivo biennale: si paga quanto pattuito in cambio dello stop ad accertamenti e sanzioni per 2 anni.

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