Per il rinnovo del contratto collettivo nazionale dei bancari, i sindacati chiedono un adeguamento economico giustificandolo con dei dati.
Sono in corso le trattative per il rinnovo del contratto collettivo nazionale dei bancari. Il primo passo è stata la presentazione da parte dell’Associazione Bancaria Italiana della piattaforma sindacale approvata dal 99,5% dei lavoratori riuniti. Un passo fondamentale per entrare nel vivo della trattativa che vedrà una nuova tappa il prossimo 26 luglio con la sintesi delle posizioni dei vari rappresentanti di categoria. L’auspicio è che si arrivi ad un accordo in tempi rapidi.
Le 5 sigle, Fabi, First, Fisac, Uilca e Unisin si sono presentate unite in particolare su una richiesta: un aumento di stipendio da 435 euro al livello medio. Per giustificare questa richiesta hanno reso noto alcuni numeri del mondo bancario in Italia negli ultimi anni per far capire che ad oggi non esiste più una crisi di sistema che spinse al taglio anni fa. Per questo chiedono il giusto riconoscimento per quei lavoratori che si sono sacrificati negli anni scorsi.
Il passato difficile per il mondo bancario italiano è ormai alle spalle. Il periodo della crisi del 2012 oggi è un ricordo e il settore sta vivendo un momento diverso. Ecco alcuni numeri del settore che giustificano la richiesta d’aumento.
I numeri del settore bancario che giustificano la richiesta d’aumento
Prendendo in esame i precedenti rinnovi i numeri di allora paragonati con quelli di oggi sono molto diversi. Oggi la situazione è nettamente migliorata. Partiamo da ricavi: nel 2012 si attestavano per l’intero comparto su 74 miliardi. Cifra salita man mano nel corso degli anni sino ad arrivare agli 88 miliardi del 2022. Stiamo parlando di un +18%.
Anche gli utili sono in aumento. Dai 2,5 miliardi del 2012 si è passati addirittura ai 25 miliardi del 2022. I dividenti sono stati 12,5 miliardi lo scorso anno, 10 anni fa erano 1,5.
Con il passaggio ad una banca sempre più digitalizzata anche gli sportelli e i dipendenti sono diminuiti in 10 anni. Se nel 2012 le banche avevano 309mila dipendenti e 32mila filiali in tutta Italia, dopo 10 anni i dipendenti delle banche sono scesi a 264mila e le filiali bancarie a 21mila. Paradossalmente sono però cresciuti i costi operativi del 20%. Questo perché i risparmi sul personale e la rete sono stati destinati a nuove spese per consulenze, spese legali e altri costi.
Alla luce di questi numeri rosei per l’intero comparto, non esistono più giustificazioni ad un taglio dei costi da parte delle banche, comprese quelle sul personale. «È arrivata l’ora di ripagare anche i lavoratori dei sacrifici e degli sforzi che hanno consentito utili così elevati con il giusto riconoscimento economico» - ha affermato il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni.
Se i precedenti contratti si sono inseriti in un contesto di crisi dove le banche dovevano contenere fortemente le spese e i costi, oggi lo scenario è cambiato. «I bilanci ci dicono che la situazione del settore è solidissima, con ricavi e utili che cresceranno ulteriormente. A questo punto la trattativa sul contratto nazionale va impostata nel modo giusto e il rinnovo va raggiunto in tempi brevi» - ha detto Riccardo Colombani, segretario generale della First Cisl.
La richiesta dell’aumento a quanto pare ha ricevuto già una prima apertura da parte di Carlo Messina, ceo e consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, il gruppo bancario numero 1 in Italia.
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