Buste paga, taglio tasse 2023: chi guadagna di più e tabelle importi

Simone Micocci

8 Marzo 2023 - 07:30

Buste paga, taglio dei contributi e nuove aliquote Irpef aumentano lo stipendio netto (a parità di lordo). Di seguito le tabelle con tutti gli aumenti.

Buste paga, taglio tasse 2023: chi guadagna di più e tabelle importi

Si fa strada un nuovo taglio delle tasse in busta paga che si andrà ad aggiungere a quelli già esistenti contribuendo così ad aumentare lo stipendio netto a parità di lordo.

Nel dettaglio, sono due le voci che vengono “attaccate” con il taglio al cuneo fiscale, ossia la differenza che c’è tra l’importo lordo versato dal datore di lavoro e il netto effettivamente percepito dal dipendente: i contributi previdenziali e l’imposta sul reddito (Irpef).

Se per i primi è già intervenuta la legge di Bilancio 2023 confermando e potenziando lo sgravio contributivo per chi guadagna meno di 2.692 euro lordi, per quanto riguarda le imposte è in programma una riforma fiscale che andrà a favorire i lavoratori inquadrati in una certa fascia di reddito. Il tutto con l’obiettivo di aumentare gli stipendi senza pesare troppo sui datori di lavoro, anzi: nel prossimo futuro il governo Meloni ha intenzione di ridurre persino il cuneo fiscale lato azienda, tagliando una parte dei contributi che questa versa per la copertura previdenziale e assicurativa del dipendente.

Per il momento, però, concentriamoci su quali sono le misure che tagliano le tasse sulle buste paga già nel 2023, sia in vigore che in programma, facendo luce su quali sono i vantaggi sullo stipendio.

Tabelle sgravio contributivo in busta paga

La prima misura è quella introdotta dalla legge di Bilancio 2023 e che per la maggior parte dei lavoratori interessati dovrebbe già essere stata applicata in busta paga.

Si tratta di una riduzione della quota contributi Ivs a carico del lavoratore, solitamente pari al 9,19% nel settore privato e all’8,80% nel pubblico, in misura variabile a seconda dell’importo dello stipendio percepito.

Nel dettaglio, sulla base di quanto già fatto dal governo Draghi nel 2022, Giorgia Meloni ha deciso di confermare uno sgravio del 2% per chi ha uno stipendio inferiore a 2.692 euro lordi, che su una proiezione annuale significa un reddito inferiore a 35.000 euro. Inoltre, laddove lo stipendio risultasse inferiore a 1.923 euro lordi, con proiezione di 25.000 euro l’anno, lo sgravio cresce al 3%.

Questa misura ha come vantaggio la riduzione della quota di contributi dovuta dal lavoratore senza però alcun impatto sulla pensione futura visto che è lo Stato a farsi carico della parte tagliata. Ciò contribuisce a un aumento dello stipendio netto a parità di lordo, ma va detto che il risparmio generato dal taglio della quota contributiva va considerato comunque al lordo: con il taglio dei contributi, infatti, aumenta l’imponibile su cui viene calcolata l’Irpef e di conseguenza l’imposta dovuta ne risulterà più alta.

A tal proposito, Il Sole 24 ore ha pubblicato una proiezione realizzata da De Fusco Labour & Legal dove vengono indicati effettivamente gli importi che entrano nelle tasche dei lavoratori grazie al taglio della suddetta quota di contributi:

Retribuzione lordaAumento mensile Aumento annuo
10.000 19,25 231,00
12.500 24,06 288,75
15.000 28,88 346,50
20.000 32,92 395,08
22.500 37,04 444,46
25.000 41,15 493,85
27.500 30,18 362,15
30.000 32,92 395,08
32.500 30,51 366,07
35.000 32,85 394,23

Tabelle nuove aliquote Irpef in busta paga

Mentre il suddetto sgravio è ufficiale, per quanto riguarda le aliquote Irpef la riforma è ancora in divenire. Molto probabilmente lo schema di provvedimento arriverà in Consiglio dei ministri già la prossima settimana ma al momento ci sono ancora dei nodi da sciogliere a riguardo.

Ad esempio, sembra confermata - come tra l’altro dichiarato dal vice Ministro all’Economia Maurizio Leo - l’intenzione di passare da quattro a tre scaglioni, rivedendone le relative fasce.

Per farlo sono al vaglio due differenti ipotesi:

  • 1) Mantenere l’aliquota del 23% per i redditi fino a 15.000 euro, fissare una seconda fascia fino a 50.000 euro con aliquota del 27% e confermare un’aliquota del 43% oltre questa soglia;
  • 2) Prevedere un primo scaglione al 23% per i redditi fino a 28.000 euro, un secondo al 33% fino a 50.000 euro e mantenere l’aliquota del 43% sopra tale soglia.

A seconda della soluzione prescelta ci saranno vantaggi in busta paga. Tuttavia, se nel primo caso - come spiegato da Giuseppe Buscema, esperto della Fondazione Studi Consulenti del lavoro - il risparmio riguarderebbe solamente chi guadagna più di 34 mila euro l’anno (mentre per gli altri ci sarebbe persino un leggero incremento dell’imposta), nel secondo a beneficiare del taglio sarebbero tutti i contribuenti.

Ne danno conferma le seguenti tabelle, pubblicate dal Corriere della sera, nelle quali è indicata la quota Irpef da versare a seconda di quella che sarà l’opzione prescelta.

Reddito Irpef con le aliquota attuali Prima ipotesi di riforma Irpef Differenza prima ipotesi Seconda ipotesi di riforma Irpef Differenza seconda ipotesi
18.000 4.200 4.290 90 4.140 -60
20.000 4.700 4.850 150 4.600 -100
25.000 5.950 6.250 300 5.750 -200
30.000 7.400 7.650 250 7.100 -300
35.000 9.150 9.050 -100 8.750 -400
50.000 14.400 13.250 -1.150 13.700 -700

Con la seconda opzione, quindi, ci sarebbe per tutti un risparmio sulle tasse, con la differenza però che i redditi compresi tra 36.000 e 50.000 euro andrebbero a guadagnare meno rispetto che alla prima ipotesi. Vedremo quale sarà la soluzione scelta dal governo Meloni che tuttavia, dovendo dare un segnale a tutti i lavoratori e non solamente ai redditi elevati (che va detto sono stati esclusi dal suddetto sgravio contributivo), potrebbe propendere per la seconda.

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