Una crisi come nel 2008 può tornare, con una nuova Lehman Brothers pronta a scatenare il panico? Cosa succede alla banca Usa First Republic Bank e cosa temere.
Lehman Brothers, ci risiamo: un’altra banca Usa sta per trascinare la finanza globale in una crisi, come avvenne nel 2008?
Anche se è doveroso non paragonare le differenti situazioni, è anche lecito osservare con una certa preoccupazione quanto sta accadendo all’istituto di credito statunitense First Republic Bank.
Le azioni della banca sono scese di oltre il 29% mercoledì 26 aprile, estendendo le perdite di quasi il 50% del giorno prima. Il titolo è crollato di oltre il 90% da inizio anno e ha toccato il minimo storico mercoledì, essendo stato fermato più volte per eccessiva volatilità.
Il tonfo è arrivato dopo che lunedì scorso First Republic ha dichiarato di aver perso circa il 40% dei suoi depositi nel primo trimestre. La banca è stata vista sia dai clienti che dagli investitori come rischiosa, soprattutto in seguito al crollo del mese scorso della Silicon Valley Bank, che aveva un profilo finanziario simile.
Una crisi simile a quella del 2008 è plausibile? Una “nuova Lehman Brothers” sta davvero prendendo forma con il crollo di First Republic Bank?
First Republic Bank al collasso: cosa succede
First Republic Bank è in lotta per la sua sopravvivenza. Le ultime settimane sono state davvero pesanti per l’istituto di credito con sede a San Francisco. Ora, alcuni analisti dicono che il collasso della banca è imminente.
L’istituto prevede di vendere beni non redditizi, compresi i mutui a basso interesse che ha fornito a clienti facoltosi. Ha anche in programma di licenziare fino a un quarto della sua forza lavoro, che ammontava a circa 7.200 dipendenti alla fine dello scorso anno.
Il tracollo trova le sue radici in alcune caratteristiche della banca. I depositi erano per circa i due terzi superiori ai 250.000 dollari, non coperti quindi dall’assicurazione della Federal Deposit Insurance Corporation. Inoltre, il rapporto loan-to-deposit si attestava al 111%, ovvero la banca aveva dato in prestito oltre la disponibilità di cassa.
Cosa succede ora? Il forte calo dei depositi è avvenuto nonostante un gruppo di 11 grandi banche abbia infuso 30 miliardi di dollari di depositi in First Republic nel tentativo di infondere fiducia e impedire la diffusione delle corse agli sportelli.
I consulenti stanno ora cercando di convincere almeno alcune di quelle banche a fornire ulteriore supporto acquistando alcune delle attività di First Republic a tassi superiori a quelli di mercato, secondo indiscrezioni di CNBC.
Secondo un’analisi di Cnn, per voce di David Chiaverini di Wedbush Securities, ci sono tre opzioni per il salvataggio della banca. La prima contempla la possibilità che l’istituto possa farcela da solo.
La seconda sarebbe quella di provare a vendere alcuni dei prestiti e titoli allo stesso prezzo a cui sono stati acquistati. In cambio, l’acquirente riceverebbe una partecipazione privilegiata nella società.
La strada è in salita, però, dal momento che quei beni verrebbero probabilmente venduti a prezzi ben al di sopra del tasso di mercato. Le obbligazioni di First Republic con scadenza nel 2046 sono attualmente scambiate a soli 43 centesimi di dollaro.
Tuttavia, le grandi banche si trovano tra l’incudine e il martello. Se l’istituto fallisce, la FDIC vorrà probabilmente evitare il rischio sistemico e offrire un’assicurazione a tutti i depositanti, anche a quelli senza assicurazione. L’operazione avrà un costo e sarà finanziato principalmente da grandi banche, che dovranno sborsare decine di miliardi di dollari. Questo si aggiunge ai 30 miliardi di dollari di salvataggi guidati da JPMorgan Chase il mese scorso.
Infine, la più grande paura che hanno gli investitori è che si vada in amministrazione controllata. Quando una banca in difficoltà entra in amministrazione controllata, significa che un’autorità di regolamentazione o un’agenzia governativa prende il controllo della banca e dei suoi beni, di solito con l’obiettivo di liquidarli per rimborsare i suoi creditori. Entrare in amministrazione controllata può avere conseguenze significative per i clienti, gli azionisti e i dipendenti della banca, nonché per il sistema finanziario in generale.
Ci sarà una crisi come nel 2008?
First Republic si trova al centro del caos bancario in corso e gli investitori temono che i suoi problemi possano sfociare in una crisi più grande.
Tuttavia, secondo diversi analisti non ci sarebbero gli elementi per temere una nuova scossa come avvenne con Lehman Brothers.
Il fallimento della Silicon Valley Bank, insieme alla scomparsa del Credit Suisse poco dopo, ha colto di sorpresa l’industria finanziaria globale. Nonostante questi shock, il mondo non è in una crisi bancaria, ha detto in un’intervista il presidente e amministratore delegato di Morgan Stanley James Gorman.
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Le condizioni sono molto diverse ora rispetto al 2008, quando Lehman Brothers è crollata e ha innescato una crisi finanziaria globale, ha aggiunto Gorman.
“Abbiamo alcune singole banche che [sono in] crisi e credo che il motivo per cui sono in crisi sia perché hanno gestito male la loro durata e il rischio del tasso di interesse. Non è molto complicato. La maggior parte delle banche non l’ha gestita male e penso che il sistema bancario rimarrà stabile e sano. Questo non è lontanamente simile a quanto accaduto nel 2008. Questa non è una crisi sistemica”, ha sottolineato.
Stessa visione di Jim Cramer, che su Cnbc ha sottolineato che la fragile base di deposito e il negativo rapporto sugli utili di First Republic non innescheranno la reazione a catena che gli investitori temono.
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