Come calcolare il Trattamento di fine rapporto? Ecco una guida utile: dalla formula alla rivalutazione aggiornata al 2024, ecco tutto quello che serve sapere.
Con il termine Trattamento di fine rapporto (TFR), spesso chiamato anche liquidazione o buonuscita ci si riferisce a quella somma spettante al lavoratore alla conclusione del rapporto di lavoro, indipendentemente da quella che è la causa della cessazione. Si tratta pertanto di un elemento fondamentale della retribuzione, concepito al fine di garantire al dipendente una disponibilità economica aggiuntiva una volta terminato il suo impiego.
Il TFR è considerato una forma di retribuzione differita, dal momento che viene maturato progressivamente nel corso della carriera lavorativa. Nel dettaglio, ogni mese, il dipendente accumula una quota del proprio stipendio sotto forma di TFR, che il datore di lavoro è tenuto ad accantonare. A seconda del contesto lavorativo, queste somme possono restare in azienda oppure essere trasferite in un fondo gestito dall’Inps, come ad esempio avviene per alcuni lavoratori del settore pubblico.
Un aspetto essenziale del TFR è la sua rivalutazione annuale, che permette di preservarne il valore nel tempo, tenendo conto dell’inflazione e delle dinamiche economiche evitando così una svalutazione. Al termine del rapporto di lavoro, il lavoratore riceve l’intero importo accumulato. Tuttavia, mentre per i dipendenti privati la somma viene generalmente erogata in un’unica soluzione, per i lavoratori del settore pubblico la liquidazione segue tempi più lunghi e viene corrisposta in più rate.
Pertanto, conoscere nel dettaglio le regole di calcolo del TFR è essenziale per tutti i lavoratori, non solo per stimare l’importo che riceveranno al termine del loro impiego, ma anche per prendere decisioni consapevoli sul suo utilizzo. Un altro degli aspetti più importanti riguarda infatti la destinazione del TFR: al momento dell’assunzione, o anche successivamente, ogni lavoratore deve scegliere se mantenere l’accantonamento in azienda o se destinarlo a un fondo di previdenza complementare.
Una scelta che può avere un impatto significativo sul futuro pensionistico e sulla gestione delle proprie risorse economiche nel lungo periodo.
Poiché la formula di calcolo del TFR può apparire complessa, è utile scomporla nei suoi elementi principali, analizzando i diversi fattori che incidono sull’importo finale. Per facilitare la comprensione, illustreremo il processo passo dopo passo, fornendo esempi pratici per aiutare ogni lavoratore a stimare la somma che gli spetterà.
Avere maggiore consapevolezza su questo tema permette di pianificare con maggiore sicurezza il proprio futuro finanziario e di sfruttare al meglio le possibilità offerte dal sistema previdenziale.
Cos’è il Tfr?
Come anticipato, il Trattamento di fine rapporto (TFR), comunemente chiamato anche liquidazione, è la somma che il datore di lavoro deve corrispondere al dipendente al termine del rapporto di lavoro. Tuttavia, i tempi di pagamento variano a seconda del settore di appartenenza, con regole differenti per i lavoratori del settore privato e per quelli del settore pubblico, dove i tempi di erogazione possono essere più lunghi e la somma viene spesso dilazionata in più rate.
È importante sottolineare che il TFR non è un bonus o un regalo da parte del datore di lavoro, ma una parte della retribuzione del lavoratore che viene accantonata mensilmente e liquidata solo al termine del contratto. Si tratta quindi di una forma di retribuzione differita, pensata per garantire al dipendente un sostegno economico dopo la fine del rapporto di lavoro.
Il TFR spetta a prescindere dalla motivazione che ha portato alla cessazione del rapporto lavorativo. Chi è prossimo alla pensione, chi ha un contratto a tempo determinato in scadenza o chi sta valutando di presentare le dimissioni avrà quindi tutto l’interesse a capire quanto ha maturato fino a quel momento. Conoscere il proprio TFR è quindi essenziale per poter pianificare con maggiore consapevolezza il futuro economico e valutare eventuali scelte legate alla sua destinazione.
Guida al calcolo
La normativa sul Tfr ha subito diverse variazioni nel tempo. Introdotto per la prima volta negli anni venti (dalla Carta del Lavoro del 1927) questo fino agli anni ‘80 è stato calcolato in proporzione all’anzianità di servizio del lavoratore. Conosciuta comunemente come “liquidazione”, infatti, questa si calcolava prendendo come riferimento l’ultima retribuzione percepita dal dipendente, la quale veniva moltiplicata per il numero degli anni di servizio.
Oggi, invece, il calcolo del Tfr è disciplinato dall’articolo 2120 del Codice Civile, nel quale si legge che:
In ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto a un trattamento di fine rapporto. Tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5. La quota è proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno, computandosi come mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni.
Quindi, per conteggiare il Tfr si somma per ciascun anno di lavoro una quota pari all’importo della retribuzione annua percepita divisa per il coefficiente 13,5.
Esempio pratico
Prendiamo come esempio un lavoratore che ha lavorato per 36 mesi prima di presentare le dimissioni percependo negli anni una retribuzione sempre crescente pari a: 20.000 euro, 22.000 euro e 25.000 euro lordi.
Per farsi un’idea di quanto si è maturato negli anni, quindi, bisogna dividere per il coefficiente 13,5 la retribuzione annua, e poi sommare il tutto. Nel dettaglio, avremo che:
- 20.000/13,5 = 1.481,48 euro;
- 22.000/13,5 = 1.629,62 euro;
- 25.000/13,5 = 1.851,85 euro.
Il risultato è che in tre anni è stato accantonato un Tfr pari a 4.962,95 euro. Tuttavia, non sarà questo l’importo effettivamente percepito dal lavoratore dal momento che ci sono altri due fattori da considerare: il tasso di rivalutazione e la tassazione.
Come si rivaluta il Tfr
Per far sì che l’effettivo valore reale del Tfr non venga alterato nel tempo, ogni anno sulla quota accantonata si applica un tasso di rivalutazione.
Questo è pari ad un tasso fisso dell’1,5%, al quale si aggiunge una quota variabile pari al 75% dell’aumento dell’inflazione certificato a dicembre dall’Istat rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. L’ammontare accumulato nell’ultimo anno, però, non viene rivalutato dal momento che non è oggetto di erosione inflazionistica.
Dal momento che il tasso dell’1,5% è annuale, questo va rapportato al numero di mesi trascorsi dall’inizio dell’anno.
Esempio pratico
Gli importi del Tfr, quindi, vengono rivalutati al 31 dicembre di ogni anno. Per vedere in che modo questa rivalutazione incide sull’importo riprendiamo l’esempio precedente, ipotizzando che il rapporto di lavoro sia cessato il 31 dicembre e che negli anni precedenti l’inflazione sia aumentata costantemente nella misura dell’1%.
Le quote accantonate, quindi, sono rivalutate ogni anno per un tasso di rivalutazione del 2,25%, risultato di 1,5% + 0,75% (1%*75%). Il risultato finale è il seguente:
- rivalutazione per il primo anno di lavoro: 1.481,48*2,25%= 33,33 euro
- rivalutazione per il secondo anno di lavoro: 1.629,62€*2,25%= 36,66 euro
- nel terzo anno di lavoro, invece, non è prevista alcuna rivalutazione della quota del Tfr accantonata.
Ai 4.962,95 euro risultanti dal precedente calcolo, quindi, bisogna aggiungere altri 70 euro circa, arrivando così a 5.032 euro. È importante precisare, però, che si tratta di un importo lordo, dal momento che bisogna tener conto della tassazione prevista per il Trattamento.
Tasso di rivalutazione 2024
Sul tasso di rivalutazione del Tfr, come visto sopra, incide l’inflazione registrata negli ultimi mesi. Era ovvio, quindi, che alla luce del caro prezzi nel 2023 venisse registrato un tasso molto alto.
A tal proposito, come comunicato dall’Istat nelle scorse settimane, il tasso utilizzato per la rivalutazione del Tfr è pari al 2,32%. Questo verrà applicato su tutte le somme trattenute dai datori di lavoro fino al 31 dicembre 2023 (in quanto quelle riferite agli ultimi 12 mesi non vengono rivalutate).
Tassazione del Tfr
La tassazione del Tfr è un tema particolarmente complesso; per calcolare il netto dal lordo, infatti, non si applica la tassazione Irpef ordinaria per aliquote e scaglioni previste per l’anno di liquidazione del Tfr, bensì un’aliquota media che viene conteggiata prendendo le aliquote Irpef negli anni in cui le singole quote sono state maturate.
Questo avviene per il rispetto del principio dell’equità dell’imposizione fiscale, con il quale si stabilisce che il reddito prodotto su più anni non possa essere tassato con le aliquote di riferimento dell’anno di liquidazione, bensì sulla base di un’aliquota media.
Vista la complessità del procedimento del calcolo del Tfr netto dal lordo, abbiamo deciso di trattare l’argomento in una guida specifica (clicca qui), dove trovate tutte le informazioni sulla tassazione del TFR così da farvi un’idea di quanto effettivamente andrete a percepire al momento dello scioglimento del rapporto di lavoro.
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