Autrice del libro Dagli scarabocchi alla firma, la grafologa spiega l’importanza di scrivere a mano e i benefici che ne derivano, soprattutto per i più giovani
Nell’epoca degli sms, delle e-mail, dei computer, la scrittura a mano è ancora un’alleata preziosa per scoprire il carattere degli altri e approfondire la conoscenza di noi stessi. A sostenerlo è Candida Livatino, la grafologa più famosa d’Italia.
Nel suo ultimo libro, Dagli scarabocchi alla firma, l’autrice mette a nudo le personalità di artisti, politici, reali, di personaggi del passato e del presente analizzando la calligrafia delle loro firme o scritti autografi. Ma non solo: un intero capitolo è dedicato all’importanza di scrivere a mano e ai benefici che ne derivano, soprattutto per i più giovani.
Candida, partiamo dall’inizio. Come ti sei avvicinata alla grafologia?
«Mi occupo di grafologia ormai da 27 anni. Una passione nata per caso. Quando era piccolo, mio figlio Matteo scriveva malissimo, tanto che gli insegnanti mi ripetevano spesso che la sua scrittura era quasi indecifrabile.
Così decisi di portarlo da una grafologa, per capire se potesse dipendere da un disagio. Un incontro che mi ha aperto un mondo. Sono stata subito colpita da questa meravigliosa scienza, tanto da decidere di studiarla. Ho così frequentato prima 3 anni di grafologia, poi due anni di specializzazione».
E tuo figlio Matteo? Siete riusciti a capire il problema?
«Sì. Nel caso di Matteo il problema era che la mano rincorreva la mente, ossia la velocità del pensiero. Per questo faceva fatica a scrivere bene. Quello che adesso mi fa sorridere è ripensare alle parole di una delle sue maestre: “sembra che suo figlio scriva in arabo”. Matteo, per uno scherzo del destino, oggi scrive veramente in arabo!».
Nei tuoi libri ti sei dedicata spesso agli scarabocchi dei bambini.
«Sì, perché scarabocchi e disegni possono rivelare molto del bambino, soprattutto possono dirci che adulto diventerà».
A scarabocchiare, però, non sono solo i più piccoli. Penso ad esempio a quando, durante una telefonata o una riunione, anche noi adulti ci ritroviamo spesso a pasticciare su un foglio.
«Sì, capita spesso anche agli adulti. Questo perché se da un lato il nostro cervello ascolta l’interlocutore, dall’altro gli scarabocchi esprimono il nostro mondo interiore, quello che stiamo vivendo in quel momento, le nostre sensazioni.
In altre parole, mentre la nostra mente è focalizzata su quello che stiamo ascoltando, la mano corre senza inibizioni né limiti e dà libero sfogo a pulsioni e fantasie.
Sono innumerevoli i tipi di scarabocchi che vengono fatti e, prendendo in esame i più ricorrenti, nel mio libro rivelo che cosa nascondono».
Non a caso il tuo ultimo libro si intitola proprio Dagli scarabocchi alla firma.
«Tutti noi iniziamo prima a scarabocchiare per poi arrivare, in età adulta, alla firma. La firma nello specifico rappresenta il nostro io sociale, è il nostro biglietto da visita, spiega come ci relazioniamo con l’esterno. Il testo, invece, rappresenta il nostro io privato.
Ed è qui l’aspetto più interessante: se la firma è uguale al testo, questo significa che la persona è sempre la stessa, sia nel privato (testo), che nella vita pubblica (firma). Una combinazione che tuttavia non sempre avviene, perché non tutti vogliono mostrarsi per quello che sono, spesso subentra la voglia di apparire al meglio».
Esiste una differenza anche per quanto riguarda il modo di scrivere, ossia se in corsivo o in stampatello.
«Assolutamente sì. Lo stampatello, nello specifico, è una forma di mascheramento della personalità, è una scrittura spersonalizzata. Non a caso quando faccio le perizie di lettere anonime, la persona che mi ha inviato il testo lo ha scritto in stampatello, proprio per nascondere il suo vero io».
Un capitolo del tuo libro è dedicato all’importanza di scrivere a mano, soprattutto per i più giovani.
«I giovani di oggi, purtroppo, non sono più abituati a scrivere, soprattutto in corsivo. Nella maggior parte dei casi usano il computer, il telefono o, se scrivono a mano, scelgono di usare lo stampatello.
Io credo che il problema principale sia che mancano gli stimoli. Bisogna far capire ai ragazzi come il successo (se così si può definire) raggiunto attraverso trovate più che discutibili come quella del “corsivo parlato” sia effimero.
Al contrario è l’impegno quotidiano, nella scuola come nel mondo del lavoro, ciò che può regalare soddisfazioni morali ed economiche ai giovani.
Va detto che la società attuale non incentiva questi valori, ma, al contrario, invia spesso messaggi negativi. Ecco perché spetta agli adulti il compito di creare i presupposti affinché siano il sacrificio e il merito a essere riconosciuti e premiati».
Anche perché scrivere a mano ha degli indubbi vantaggi.
«Assolutamente sì. Scrivere a mano apporta notevoli benefici, come:
- migliorare la concentrazione: scrivere a mano ti obbliga a concentrarti su quello che stai facendo. Io, per esempio, ho scritto su carta tutti i miei 4 libri, prima di trascriverli al computer;
- fare un sunto: selezioni i punti, i concetti più importanti, facendo una selezione;
- stimolare la memoria: scrivere a mano aiuta a memorizzare meglio quello che stiamo mettendo su carta;
- aiutare la creatività: il cervello mentre scriviamo è libero di sperimentare, di esercitare spirito critico, di elaborare idee e intuizioni;
- aiutare a tenere allenato il cervello: scrivere permette alle persone anziane di rallentare gli effetti dell’invecchiamento
- favorisce la calma: scrivere a mano aiuta a scaricare le tensioni».
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Quanto lo stato d’animo influisce sul modo in cui scriviamo?
«Sicuramente incide. Per esempio, se la scrittura tende verso il basso significa che la persona è stanca, se non si preme troppo sul foglio vuol dire che manca energia, i tremolii indicano che la persona in quel momento è ansiosa.
Ma, al di là dello stato d’animo, esistono dei segni cardine che non cambiano mai, anche perché la scrittura è come un’impronta digitale, unica e irripetibile. Quindi, anche se la grafia è diversa, io mi accorgo che in realtà la persona è sempre la stessa».
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